Corte di Cassazione n° 3462 – trasporto marittimo – danno esistenziale – 15.02.07
confermato quanto deciso dal Giudice di Pace di Bari, il quale aveva
accolto la domanda attorea, condannando la società di trasporto
marittimo al risarcimento dei danni. In particolare, la Suprema Corte,
condanna il comportamento tenuto dalla compagnia di navigazione: “Comportamento
espressamente indicato come non conforme all’adeguata diligenza dovuta
in relazione alle circostanze concrete del caso nell’adempimento dell’
obbligazione contrattuale assunta, e in particolare alla diligenza
qualificata di cui all’articolo 1176, comma 2, c.c., che come questa
corte ha già avuto modo di precisare si estrinseca (sia il debitore
professionista o imprenditore) nell’adeguato sforzo tecnico, con
impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente
necessari od utili, in relazione alla natura dell’attività esercitata,
volto all’adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento
dell’interesse creditorio, nonché ad evitare possibili eventi dannosi
v., da ultimo, Cassazione 12995/06”.
CORTE DI CASSAZIONE
La Sezione terza civile
Svolgimento del processo
Con
atto di citazione ritualmente notificato i sigg.ri L.B. e Damiano M.
convenivano la società … Srl avanti al Giudice di Pace di Bari per
ivi sentir dichiarare risolto il contratto di trasporto per la tratta
… – Isole … – … a bordo della motonave “…” per fatto e colpa
della convenuta, “atteso il previsto peggioramento, da parte dei
bollettini meteo, delle condizioni climatiche e la prevedibile
impossibilità del viaggio di ritorno”; nonché condannare la medesima al
risarcimento dei danni sia contrattuali sia ex articolo 2043 c.c.
conseguentemente sofferti, indicati nell’ammontare di euro 1.032,00 – o
quello dal giudicante in via equitativa diversamente determinato entro
i limiti di cui all’articolo 113, comma 2, c.p.c. -, oltre ad interessi
e rivalutazione monetaria a far data dalla domanda.
Nella
resistenza della società convenuta l’adito Giudice di Pace in
accoglimento della domanda condannava la società … Srl al pagamento
di euro 1.032,00 in favore di ciascuno degli attori, oltre ad interessi
e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo, con rifusione delle
spese di lite.
Avverso la detta sentenza la società … Srl propone ora ricorso per cassazione, sulla base di due motivi. Resistono con controricorso, illustrato da memoria, i sigg.ri B. e M..
Motivi della decisione
Con
il 10 motivo la società ricorrente denunzia violazione dell’articolo
246 c.p.c., in riferimento all’articolo 360, comma 1, n. 4, c.p.c.. Lamenta
che siano stati escussi i testi P. e F., incapaci a testimoniare ex
articolo 246 c.p.c., in quanto anch’essi passeggeri della motonave nel
trasporto de quo e pertanto aventi “titolo a intervenire quantomeno in
via autonoma nel detto giudizio per le stesse ragioni e titoli vantati
dagli attori”, in spregio invero dell’eccezione sollevata all’udienza
anteriormente all’inizio dell’assunzione della prova.
Sì
duole dell’erroneità della motivazione resa al riguardo dal giudicante,
che ha ritenuto i suddetti testi «escutibili per il solo fatto di non
essere intervenuti nel presente giudizio, pur potendo promuoverne una
autonomo, qualificando l’interesse del teste “di mero fatto”.». Il motivo é infondato.
Va
anzitutto premesso che le Su di questa Corte hanno tracciato, con la
sentenza 716/99 (con argomentazioni condivise dalla successiva
giurisprudenza e anche da questo collegio i limiti del controllo
esercitabile in sede di legittimità nei confronti delle sentenze
pronunziate dal Giudice di Pace secondo equità, enunciando il principio
secondo cui tali sentenze sono ricorribili per cassazione, per
violazione delle norme processuali, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c.,
comma 1, nn. 1, 2 e 4 (in quest’ultimo caso sotto il profilo della
nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132, comma 1, n. 4,
c.p.c. e articolo 118, comma 2, seconda parte, disp. att. c.p.c., che
rispettivamente impongono al giudice di indicare concisamente i motivi
della decisione e, in particolare, le ragioni di equità sulle quali
essa sia fondata; nonché con riferimento alle ipotesi di inesistenza
della motivazione), tenendo presente il carattere non sillogistico
bensì intuitivo del giudizio dì equità; v. Cassazione, 8620/06;
16254/05; 16004/03 ; nonché ai sensi del n. 5 del medesimo articolo,
quando l’enunciazione del criterio di equità adottato risulti inficiata
da un vizio che, attenendo ad un punto decisivo della controversia, si
risolva in un’ipotesi di mera apparenza, ovvero di radicale ed
insanabile contraddittorietà della motivazione; mentre la censura di
violazione della legge sostanziale ai sensi del n. 3 del citato
articolo 360 c.p.c. è consentita soltanto in caso di inosservanza o
falsa applicazione della Costituzione e delle norme comunitarie, se di
rango superiore a quelle ordinarie (v. Cassazione 17144/06; 16939/03).
Nella specie, risultando denunziata la violazione di norma processuale, la censura è ammissibile (cfr. Cassazione 2842/01).
La stessa risulta peraltro infondata.
Osservato
anzitutto che, vertendosi in tema di error in procedendo, questa Corte
può verificare gli atti tramite diretto esame, va posto in rilievo come
nella specie l’eccezione di incapacità ex articolo 246 c.p.c. risulta
invero sanata. Sollevata
ritualmente dal procuratore del convenuto prima dell’inizio della
prova, essa non è stata infatti riproposta all’esito dell’escussione
dei suìndicati testi.
A
tale stregua, è rimasto disatteso il principio posto da questa Corte in
base al quale, poiché le disposizioni limitative della capacità dei
testimoni sono dettate nell’esclusivo interesse delle parti, la
relativa inosservanza va denunziata al momento dell’espletamento della
prova (o nella prima udienza successiva, nel caso in cui il procuratore
della parte interessata non sia stato presente all’assunzione del mezzo
istruttorio), rimanendo altrimenti la nullità sanata ai sensi
dell’articolo 157, comma 2, c.p.c. (v. Cassazione 903/06), senza che in
contrario possa riconoscersi rilievo all’eccezione d’incapacità di
testimoniare a norma del citato articolo 246 c.p.c. ( che si identifica
con l’interesse a proporre la domanda o a contraddirvi di cui
all’articolo 100 c.p.c. ) formulata anteriormente al relativo
espletamento, non essendo quest’ultima comprensiva dell’eccezione di
nullitá della testimonianza comunque ammessa ed assunta nonostante la
previa opposizione (v. Cassazione 11377/06; 9553/02; 5534/97).
Con
il secondo motivo la ricorrente denunzia contraddittoria ed insanabile
motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento
all’articolo 360, comma 1, n. 5, c.p.c.. Si
duole che il giudice di pace abbia ritenuto sussistere la sua
responsabilità sulla base di una motivazione «assolutamente
fantasiosa», in «aperta contraddizione con le risultanze processuali e,
in particolare, con le deposizioni testimoniali rese da tutti i testi
».
Sicchè la ritenuta «prevedibile impossibilità del viaggio di
ritorno nello stesso giorno sul presupposto che … le condizioni
metereologiche erano previste in peggioramento in ragione dei
depositati bollettini meteorologici e l’11 agosto 2001 doveva
prevedersi il tempo brutto e l’impossibilità di tornare dalle Isole
…», risultava in particolare «smentita» dai «bollettini in atti, che
prevedevano condizioni di tempo buono per l’11 agosto 2001 per la
tratta … – Isole …».
Lamenta
che siano stati dal giudice stravolti fatti obiettivi, immotivatamente
affermando essere i testi L. e P. inattendibili, in quanto essi
«volevano occultare proprie responsabilità»; e che «la motonave
Ondazzurra non aveva la capacità di affrontare neanche il mare forza
quattro», non tenendo al riguardo invero neanche conto del «certificato
di idoneità in atti rilasciato dal Rina e valido fino al marzo 2004 ove
si classifica la nave Ondazzurra abilitata alla navigazione, con
apparecchi di salvataggio per complessive 360 persone (tanti ne può
trasportare tra equipaggio e passeggeri)». Deduce
che, diversamente da quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, «l’evento
che ha causato il permanere sulle Isole … dei passeggeri della
motonave Ondazzurra è da qualificarsi come assolutamente imprevedibile
ed eccezionale e non dovuto a colpa del vettore». Lamenta
che ancor più immotivato è poi «l’addebito» fattole nell’ascriverle il
mancato ritorno «sulla terra ferma da parte dei passeggeri col
traghetto dell’Adriatica», attesa la pacifica circostanza che «il
comandante della … era sulla nave e non in banchina e, quindi, non
poteva contattare nessuno», e che «ove i passeggeri avessero optato per
il rientro con il traghetto dell’Adriatica, certamente non gli poteva
essere ciò impedito dalla …, che non doveva fare accordi di nessun
tipo con nessuno». Si
duole della assoluta mancanza di motivazione in ordine al riconosciuto
diritto delle controparti al preteso risarcimento dei danni, «atteso
che tra i testi escussi nessuno ha potuto affermare che proprio la B. ed il M. avevano dormito in giacigli di fortuna, e, subìito altri disagi».
Il motivo è inammissibile.
Stante
i sopra richiamati limiti di ammissìbilità del ricorso per cassazione
avverso le sentenze del Giudice di Pace emesse secondo equità, va
invero escluso che nel caso la motivazione possa dirsi meramente
apparente o insanabilmente contraddittoria.
Il
Giudice di Pace ha infatti posto in rilievo essere rimasto nel caso
accertato, alla stregua delle risultanze probatorie (documentali e
testimoniali) acquisite, che «le previsioni metereologiche … sin dal
10 agosto prevedevano condizioni metereologiche avverse», con
«precipitazioni temporalesche», che localmente avrebbero potuto
assumere «carattere di forte intensità» anche su Abruzzo e Molise a
partire «dalle prime ore della giornata di sabato 11 agosto, e per le
successive 12 – 18 ore», per poi nel corso della mattinata trasferirsi
«sulle restanti regioni adriatiche».
Ha
al riguardo osservato che «queste previsioni non potevano e non
dovevano essere ignorate dalla …, stante da un lato la modesta stazza
delle proprie navi abilitate a navigare solo in condizioni meteomarine
favorevoli, e dall’altro la pesantissima responsabilità che la … si
assumeva col trasporto di 300 persone non solo per il viaggio da …
alle … alle 9,30, ma anche dovendo provvedere al ritorno alle ore 17
dello stesso giorno».
E che «l’aver ignorato queste chiare
previsioni meteo costituisce colpa grave della convenuta, specie in
ragione dell’esercizio professionale dell’attività da essa svolta,
violando l’obbligo di particolare diligenza richiesto dal comma 2
dell’articolo 1176 c.c… La verità è che da … quel mattino la m/n
… non doveva partire e il Comandante la Capitaneria non doveva
autorizzare la partenza, essendo tutt’altro che certa ( e doveva essere
certa ) la possibilità di un rientro pomeridiano con la m/n … dalle
… a … … Il fatto che gli eventi metereologici intervenuti nel
primo pomeriggio si manifestarono con una violenza ancora maggiore del
previsto non sposta di una virgola la grave responsabilità della
convenuta, attesa che, indipendentemente dalla tromba d’aria, l’… non
aveva comunque la capacità di affrontare il mare mosso con un carico di
300 passeggeri con il vento forza 7, e neanche con vento forza 4. E non
basta … la … … preferì lasciare 300 persone in condizioni
estremamente precarie per quasi 24 ore pur di non pagare qualche soldo
in più alla Adriatica rispetto al costo del biglietto pagato dai
passeggeri. Ironia della sorte il giorno dopo … fu comunque costretta a
far rientrare i passeggeri con navi dell’Adriatica.
I disagi, le
traversie, le afflizioni, e le allucinanti difficoltà cui furono
sottoposti i passeggeri, costretti a trascorrere la notte presso un
museo e una chiesa, con giacigli di fortuna sul pavimento e coperte
fornite dai Carabinieri, dal Sindaco e dalla protezione civile, in
condizioni igieniche facilmente intuibili sia perché i passeggeri non
avevano previsto la permanenza alle … fino al giorno dopo, e sia per
la mancanza di alberghi alle …, configurano appieno la responsabilità
per fatto colposo della …, ai sensi dell’articolo 2043 c.c., per
l’ingiusto danno procurato ai passeggeri.
A questo danno si
aggiunge che i passeggeri furono privati della possibilità di
provvedere alle loro normali occupazioni per tutto il giorno successivo
a quello che doveva essere una gita di piacere». Ha
quindi concluso sottolineando che la «fattispecie realizza anche il
cosiddetto danno esistenziale, inteso come peggioramento della sfera
personale determinato da alterazione, ad opera del fatto illecito di un
terzo, delle normali attività quotidiane, quali le attività familiari,
sociali, di svago, di riposo, di relax, cui ciascun soggetto ha
diritto, e che incidono nella sfera psichíca del soggetto leso in
relazione alla diversa sensibilità individuale e struttura della
personalità».
Orbene,
emerge evidente come debba escludersi che la motivazione nel caso possa
ritenersi solo formalmente sussistente e meramente apparente (cfr.
Cassazione 6593/06; 27730/05 ), essendo viceversa da essa senz’altro
possibile evincersi pienamente la ratío decidendi (cfr. Cassazione
21112/05; 9393/03; 8335/03), da individuarsi nella ravvisata
responsabilità dell’odierna ricorrente in ragione del comportamento
nella vicenda mantenuto.
Comportamento
espressamente indicato come non conforme all’adeguata diligenza dovuta
in relazione alle circostanze concrete del caso nell’adempimento dell’
obbligazione contrattuale assunta, e in particolare alla diligenza
qualificata di cui all’articolo 1176, comma 2, c.c., che come questa
corte ha già avuto modo di precisare si estrinseca (sia il debitore
professionista o imprenditore) nell’adeguato sforzo tecnico, con
impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente
necessari od utili, in relazione alla natura dell’attività esercitata,
volto all’adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento
dell’interesse creditorio, nonché ad evitare possibili eventi dannosi
v., da ultimo, Cassazione 12995/06.
Nell’impugnata
sentenza viene altresì espressamente evocato e censurato il mancato
accordo dell’odierna ricorrente con la società dei traghetti Adriatica,
si da consentire ai passeggeri il rientro in serata sul continente,
evitando così il pernottamento di fortuna sull’isola («la … …
preferì lasciare 300 persone in condizioni estremamente precarie per
quasi 24 ore pur di non pagare qualche soldo in più alla Adriatica
rispetto al costo del biglietto pagato dai passeggeri»), inteso quale
comportamento fonte di responsabilità extracontrattuale ex articolo
2043 c.c., ed invero più correttamente da ricondursi alla violazione
dell’obbligo dì buona fede oggettiva o correttezza, quale generale
principio dì solidarietà sociale che trova applicazione in ambito sia
contrattuale che extracontrattuale, imponendo al soggetto di mantenere
nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale –
specificantesi in obblighi di informazione e di avviso – nonché volto
alla salvaguardia dell’utilità altrui, nei limiti dell’apprezzabile
sacrificio cfr. v. Cassazione 3651/06).
Il
rigetto del ricorso comporta la condanna della società ricorrente alla
rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in.
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di cassazione, che liquida in euro 800,00, di cui 700,00
per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 3 novembre 2006.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 15 febbraio 2007.