Corte di Cassazione n° 390/08 – insidia e trabocchetto – onere della prova – 11.01.08
Il giudice del
rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto: in presenza di
un fatto storico qualificabile come illecito civile ai sensi dell’art.
2043 c.c., la parte danneggiata ha l’onere della prova degli elementi
costitutivi di tale fatto, del nesso di causalità, del danno ingiusto e
della imputabilità soggettiva; l’ente pubblico (nella specie il Comune)
preposto alla sicurezza dei pedoni e detentore del dovere di vigilanza
sulla sicurezza dei tombini che si trovano sui marciapiedi, ha l’onere
di dimostrare o il concorso di colpa del pedone o la presenza di un
caso fortuito che interrompe la causalità tra l’evento ed il
comportamento colposamente omissivo dell’ente (cfr. Cass. 12 gennaio
1996, n. 191, Cass. 3 dicembre 2002, n. 17152)”.
Corte Suprema di Cassazione
Sezione III CivileSentenza n. 390/2008
Svolgimento del processo
Il
giorno 26 dicembre 1992 alle ore 16,30 D. A., mentre percorreva il
marciapiede di via Carriola in Carrara, cadeva dentro un tombino che si
apriva sotto i suoi piedi, riportando lesioni ad una gamba.
Con
citazione del 30 aprile 1993 la A. conveniva dinanzi al Tribunale di
Massa, il comune di Carrara e ne chiedeva la condanna al risarcimento
di tutti i danni conseguenti alla caduta.
Il Comune di costituiva e contestava la esistenza di una insidia o trabocchetto.
Il
tribunale con sentenza del 12 gennaio 2001 rigettava la domanda e
compensava le spese. La decisione era appellata dalla A., che ne
chiedeva la riforma; resisteva il Comune chiedendo il rigetto del
gravame.
La Corte di appello di Genova, con sentenza del 14 aprile 2003 così decideva: rigetta l’appello e compensa le spese del grado. Contro la decisione ricorre la A. con quattro motivi di ricorso illustrati da memoria; resiste il Comune con controricorso. Motivi della decisione Il ricorso merita accoglimento per le considerazioni che seguono.
I
motivi del ricorso vengono in esame congiunto per i punti A. B. C. e
per ultimo verrà in esame il motivo sub D che attiene alla
compensazione delle spese.
Nel
motivo sub A. si deduce la contraddittorietà della motivazione in
relazione al punto della mancata dimostrazione della c.d. insidia, ed
il motivo è illustrato, nel rispetto dei criteri della autosufficienza,
indicando tutti gli elementi di prova sottoposti alla attenzione del
giudice del merito, a partire dalle prove orali in relazione alla
dinamica della caduta ed all’apertura del tombino posto sul marciapiede
e fotografato, per finire con il rapporto della Polizia Municipale che
indicava il tombino come insicuro, e con le relazione peritale del
c.t.u. di ufficio, secondo cui «la dinamica dell’incidente, i dati
amnestici e le certificazioni in atti dimostrano la compatibilità delle
lesioni denunciate dalla A. con lo evento traumatico da lei subito il
26 dicembre 1992»; nel motivo sub B. si evidenzia come il fatto storico
dannoso e lesivo sia stato verificato e che la dinamica del sinistro, e
cioè la caduta della pedone, era stata determinata dalla presenza del
trabocchetto, costituente insidia non prevedibile né prevenibile.
Nel
motivo sub C. infine e riassuntivamente si osserva come l’iter logico
proposto dalla motivazione della Corte di appello (ff 10 a 13 della
motivazione) sia del tutto incoerente, posto che l’illecito,
correttamente inquadrato sub art. 2043 c.c., da un lato viene
ricostruito come illecito idoneo a provocare danno ingiusto, con
riferimento alla riferibilità causale (ff 12 della sentenza), ma poi si
elide l’imputabilità soggettiva all’ente pubblico, sotto il diverso
profilo della imprevedibilità ed invisibilità del manufatto (ff 12 sei
righe dopo) affermandosi che la prova dell’insidia non era stata data.
Si
tratta di un evidente vizio per contraddittorietà della motivazione,
dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che investe una
serie di enunciati posti a fondamento della decisione e rinvenibili
nella motivazione, che sono in una relazione di reciproca
incompatibilità: un tombino difettoso che si apre sotto i piedi di un
pedone, facendolo precipitare, attiene alla evidenza ad una situazione
di pericolo non evitabile, in quanto non segnalata, e non prevenibile,
posto che in concreto ha determinato l’evento lesivo.
Pertanto
sussiste la imputabilità soggettiva, a titolo di colpa grave, a carico
del Comune, preposto alla sicurezza dei pedoni che utilizzano il
marciapiede, e dall’evento lesivo è derivato il danno ingiusto in
ordine al quale il risarcimento è dovuto. Non
è possibile pertanto l’identificazione del corretto procedimento logico
giuridico posto a base della decisione e la stessa deve essere cassata
con rinvio (cfr Cass. 9 febbraio 2004, n. 2427, e 15 luglio 2003, n.
19433).
Il
punto D resta assorbito posto che il giudice del rinvio dovrà
provvedere anche per le spese di questo giudizio di cassazione secondo
le regole della competenza. Il
giudice del rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto: in
presenza di un fatto storico qualificabile come illecito civile ai
sensi dell’art. 2043 c.c., la parte danneggiata ha l’onere della prova
degli elementi costitutivi di tale fatto, del nesso di causalità, del
danno ingiusto e della imputabilità soggettiva; l’ente pubblico (nella
specie il Comune) preposto alla sicurezza dei pedoni e detentore del
dovere di vigilanza sulla sicurezza dei tombini che si trovano sui
marciapiedi, ha l’onere di dimostrare o il concorso di colpa del pedone
o la presenza di un caso fortuito che interrompe la causalità tra
l’evento ed il comportamento colposamente omissivo dell’ente (cfr.
Cass. 12 gennaio 1996, n. 191, Cass. 3 dicembre 2002, n. 17152).
Il
giudice del rinvio dovrà pertanto attenersi, nella ricostruzione del
fatto storico, agli oneri di prova come sopra ricordati, considerando
obbiettivamente la natura dell’insidia in relazione a tutti i dati di
causa, senza pretermissioni rilevanti (come i dati forniti dal rapporto
della polizia municipale).
P.Q.M.
Accoglie
il ricorso, cassa in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio
di cassazione ad altra sezione della Corte di appello di Genova.