Corte di Cassazione n° 6288/08 – lesioni subite da minore – valutazione del danno biologico – 10.03.08
CORTE DI CASSAZIONE Sentenza 10 marzo 2008, n. 6288 Svolgimento del processo I
lesione della salute include il danno biologico nella sua complessità
di lesione fisica, psichica, interrelazionale e dinamica;
conseguentemente la valutazione della gravità del danno deve avvenire
mediante consulenza medico legale che tenga conto anche dell’evoluzione
dei postumi invalidanti, della perdita della capacità lavorativa
generica e delle qualità della vita. La domanda di ristoro patrimoniale
per la perdita della capacità lavorativa specifica in soggetto minore,
si fonda sul danno ingiusto da lesione della salute, ed è
scientificamente provata dalla valutazione della gravità delle lesioni
e dalla loro possibile evoluzione negativa nella fase successiva alla
crescita; la valutazione equitativa è a carattere satisfattivo e deve
tendere alla integralità del risarcimento”.
genitori del minore D. D. (D. G. e V. P.) hanno riassunto la lite
civile dinanzi alla Corte di appello dell’Aquila, avvalendosi della
sentenza (14 novembre 1990) della cassazione penale che ne riconosceva
il diritto, quali, parti civili, al risarcimento dei danni subiti dal
minore il 28 novembre 1996, allorché venne investito dalla fiat 127
condotta dal T. B..
Il B. si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda.
di appello dell’Aquila, con sentenza non definitiva del 9 luglio 1997
dichiarava la responsabilità esclusiva del B. nella produzione
dell’incidente e con separata ordinanza disponeva il prosieguo della
causa per la determinazione del quantum.
Con sentenza definitiva
del 30 dicembre 2003 la Corte condannava il B. a rifondere agli attori
la somma di L. 22.500.000 (pari ad euro 11.620,28) con rivalutazione
dalla data del sinistro al saldo, oltre interessi legali ed al danno
morale per E. 2582,00, condannava il B. alle spese di lite.
Contro la decisione ricorrono D. e G. di V. e V. P. con unico atto deducendo due motivi di ricorso. Non resiste il B..
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato per le seguenti considerazioni.
Nel
primo motivo si deduce l’error in iudicando (per violaz.1226 e 2056
c.c.) in punto di sottovalutazione del danno biologico e per la mancata
liquidazione del danno patrimoniale futuro. Si deduce inoltre il vizio
della motivazione, illogica e carente. Quanto alla prima parte della
censura, che attiene alla valutazione del danno biologico, per la
lesione grave (circa il 15% di invalidità) in un infante di 5 anni, con
asportazione della milza, si osserva che la valutazione compiuta dalla
Corte aquiliana (p 5 della motivazione) è del tutto priva di logica
referenziale, applicando un criterio equitativo a punto pari a lire
1.500.000, con la rivalutazione dalla data del sinistro secondo indici
Istat, senza precisare: la natura delle tabelle applicate, se locali o
se riferite ad altre maggiormente testate, e se il punto sia stato
corretto in relazione alla giovanissima età della vittima, e se nella
rivalutazione siano stati inclusi gli interessi compensativi per il
ritardato pagamento.
In mancanza di tali puntualizzazioni il
criterio equitativo è strutturalmente e motivazionalmente carente e si
risolve in una ridotta valutazione del danno, come bene evidenzia il
ricorrente (p 6 del ricorso, con i calcoli comparativi utilizzando le
tabelle attuariali milanesi, che sono le maggiormente testate).
Neppure
risultano, nella motivazione in esame, gli elementi di
personalizzazione del danno, tenuto conto della giovanissima età
dell’infante e della perdita della milza con possibili conseguenze in
ordine allo sviluppo ed alla qualità della vita.
Il
motivo per questa parte deve essere accolto e la Corte aquiliana dovrà
applicare il seguente principio di diritto: nel caso di lesioni gravi a
soggetto minorenne (5 anni) la lesione della salute include il danno
biologico nella sua complessità di lesione fisica, psichica,
interrelazionale e dinamica; conseguentemente la valutazione della
gravità del danno deve avvenire mediante consulenza medico legale che
tenga conto anche dell’evoluzione dei postumi invalidanti, della
perdita della capacità lavorativa generica e delle qualità della vita,
sicché la valutazione tabellare attuariale deve avvenire ai valori
attuali (al tempo della liquidazione) con elevata personalizzazione,
attesa alla lunga durata della invalidità rispetto alle speranze di
vita.
Tali criteri derivano dal superiore principio della lesione
integrale del danno alla salute, che attiene ad un diritto umano
inviolabile, costituzionalmente garantito anche nel suo aspetto
risarcitorio. Parimenti fondata è la seconda censura (del primo motivo)
che evidenzia la illogicità della motivazione (p 5 della sentenza) là
dove apoditticamente afferma che la lesione della salute non incide
sulle capacità di lavoro e di guadagno.
La
corte, quanto meno, ignora i dati della comune esperienza e della
letteratura medico legale, che evidenziano la certa incidenza,in
soggetto giovanissimo, della menomazione stabile della salute anche
sulla capacità lavorativa specifica e concorrenziale, in una
prospettiva che evidentemente si proietta nella futura vita lavorativa.
Tale danno patrimoniale è danno ingiusto, danno reale futuro, da
risarcire secondo criteri di equità adeguata alla gravità delle
lesioni, restando di minor portata le eventuali condizioni economiche
del soggetto. Il principio di diritto da considerare è dunque il
seguente: la domanda di ristoro patrimoniale per la perdita della
capacità lavorativa specifica in soggetto minore, si fonda sul danno
ingiusto da lesione della salute, ed è scientificamente provata dalla
valutazione della gravità delle lesioni e dalla loro possibile
evoluzione negativa nella fase successiva alla crescita; la valutazione
equitativa è a carattere satisfattivo e deve tendere alla integralità
del risarcimento. Nel
secondo motivo si deduce “violazione dell’art. 2059 del codice civile
in relazione all’art.360 nn 3 e 5 c.p.c. come error in iudicando e
vizio della motivazione”.
Il
motivo è fondato. La Corte di appello nella sua parsimonia, accorda al
bimbo la piccola somma di cinque milioni, ai valori attuali (2003), con
interessi legali dalla data del sinistro (1986). Nessun cenno è dato
cogliere sull’equità della Corte e sulla considerazione della incidenza
delle lesioni gravi sulla qualità della vita e le condizioni di
sofferenza del menomato.
Il difetto assoluto di motivazione determina di per sé l’accoglimento del ricorso. Qui
giova ricordare al giudice del merito che il risarcimento integrale del
danno morale, dopo la lettura costituzionalmente orientata dell’art.
2059 del codice civile, è pur sempre un risarcimento integrale, che
tende a reintegrare la lesione della sfera morale della persona in
relazione a patimenti e sofferenze che non sono necessariamente fisici
o transeunti. Inoltre è dato rilevare che la sfera della integrità
morale (art.2 e 3 della Costituzione come dignità e pari dignità) è
ontologicamente diversa dalla sfera individuale della salute (art.32
Cost.), ma non è di minor valore risarcitorio (inteso da alcuni giudici
del merito come valore quota, per agevolare la rapidità dei calcoli),
posto che la Costituzione non prevede il maggior valore della salute
rispetto alla menomazione della sfera morale.
La Corte
dovrà allora procedere, con maggior scrupolo, alla valutazione concreta
e circostanziata del danno morale, attribuendo alla vittima un compenso
satisfattivo.
P.Q.M.
Accoglie
il ricorso cassa e rinvia, anche per le spese di questo giudizio,alla
Corte di appello dell’Aquila, in diversa composizione