Corte di Cassazione n° 7403 – insidia e trabocchetto – sinistro stradale – responsabilità ex art. 2051 c.c. – 27.03.07
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE
sulla base della responsabilità ex art. 2051 c.c., che va decisa
l’imputabilità delle conseguenze del fatto dannoso tutte le volte che
per l’ente, cui è affidata la gestione del bene pubblico, non v’è
l’oggettiva impossibilità di esercitare su di esso quel potere di
governo, che in questo ambito si denomina custodia e che si sostanzia
di tre elementi: il potere di controllare la cosa; il potere di
modificare la situazione di pericolo insita nella cosa o che in essa si
è determinata; quello infine di escludere qualsiasi terzo
dall’ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno. Il
giudice, dunque, non si può arrestare di fronte alla natura giuridica
del bene od al regime od alle modalità del suo uso da parte del
pubblico, ma è tenuto ad accertare in base agli elementi acquisiti al
processo, se la situazione di fatto, che la cosa è venuta a presentare
e nel cui ambito ha avuto origine l’evenienza che ha prodotto il danno,
era nella custodia dell’ente pubblico”.
SENTENZA 27 marzo 2007, n.7403
Pres. ed est. Vittoria
Svolgimento del processo
1. – R.V. ha convenuto in giudizio davanti al tribunale di Frosinone il comune di San Giovanni Campano.
Ha agito di persona e come rappresentante legale dei figli minori A. e F.C.
Insieme a lei hanno agito Q.C., A.C., S.C., R.C., F.C. e T.C., tutti anche nella qualità di eredi di A.C..Gli
attori hanno proposto una domanda di risarcimento del danno, loro
derivato dalla morte del prossimo congiunto A.C., avvenuta il giorno 6
dicembre1980 alle ore 18.35 in via Colla della Mola frazione Anatrella
del territorio comunale: causa della morte l’essere l’automobile alla
cui guida si trovava A.C. precipitata in una scarpata dopo essere
fuoriuscita dalla strada.
2. ‑ Il Comune di San Giovanni Campano si è costituito in giudizio ed ha chiesto che la domanda fosse rigettata.
3. ‑ Il tribunale di Frosinone l’ha accolta parzialmente. Ha dichiarato che il sinistro era avvenuto in eguale misura per il concorso di colpa della vittima e del Comune.
4. ‑ La sentenza è stata impugnata in via principale dal Comune ed in via incidentale dagli attori.
5. ‑ La corte d’appello di Roma ha riformato la decisione ed ha rigettato la domanda.La sentenza è stata pubblicata il 9 gennaio 2003. R.V.,
A. e F. C., A.C., S., R., A., F. e T.C., tutti anche nella qualità di
eredi di Q.C. e quali eredi di A.C. ne hanno chiesto la cassazione ed
il Comune di Monte San Giovanni Campano ha resistito con controricorso.Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. ‑ La corte d’appello ha premesso che l’incidente in cui A.C. aveva perso la vita ‑ secondo il tribunale ‑
era avvenuto per la fatale disattenzione della vittima, che era a
conoscenza della situazione della sede stradale (siccome abitava ad un
centinaio di metri) ed alla concorrente responsabilità del Comune
proprietario della strada, per avere consentito la normale circolazione
su una strada resa estremamente pericolosa senza le opportune cautele e
segnalazioni.
Ha
però considerato che i dati obiettivi emersi in grado di appello, sia
quanto alla situazione dei luoghi che alle concrete modalità
dell’incidente, non giustificavano le conclusioni cui era ,pervenuto il
tribunale. Ed ha osservato: il
tratto di strada interessato dall’incidente era in forte discesa, in
stretta curva volgente a destra (rispetto al senso di marcia del
guidatore) a fondo cementato in cattive condizioni di esercizio. Però,
la curva non costeggiava la scarpata, ma un terreno privato, che
costituiva una sorta di riparo naturale per la sede stradale ed avrebbe
consentito una manovra di fortuna, perché si estendeva per una
superficie di mt. 15 di lunghezza e di mt 8 di larghezza dal margine
esterno della carreggiata sino al muro di contenimento da cui
l’autovettura era precipitata;
sul
luogo in cui s’era verificato l’incidente non vi erano lavori in corso,
sicché la ipotizzata presenza di grandi quantitativi di ghiaia
trasportata dalle piogge, in quanto lasciata in cumuli sulla sede
sovrastante, già predisposta per i lavori, seppure non scartata a
priori era stata ritenuta inattendibile in sede di indagine tecnica;
la
vettura aveva lasciato sulla strada e poi sul terreno tracce che
delineavano un andamento rettilineo, tali da far presumere che il
veicolo non tanto avesse sbandato nel percorrere la curva, quanto
avesse per cosi dire tirato dritto.
La corte d’appello ne ha tratto queste conclusioni.
Anche
in presenza di insidia o trabocchetto, in relazione alla quale è
ipotizzabile la responsabilità della P.A. verso l’utente della strada
in base alla regola della responsabilità per colpa, perché la
situazione di pericolo possa costituire fonte di responsabilità è
necessario che abbia avuto efficienza causale nella determinazione
dell’evento dannoso.
Ma
di ciò non era emersa prova, essendo piuttosto da presumere che il
conducente avesse avuto un malore e che, sia pure tentante in extremis
una manovra di frenata, avesse attraversato il terreno che separava la
strada dalla scarpata in stato di semi – conoscenza.
Anche
la presunzione di colpa di cui all’articolo 2051 Cc – cui gli
appellanti avevano fatto riferimento e che peraltro era ritenuta
inapplicabile dalla giurisprudenza costante nei riguardi della P.A.
proprietaria della strada trattandosi di beni la cui estensione non
consente una vigilanza e un controllo continui – presuppone la
dimostrazione della esistenza del nesso causale tra custodia e fatto
dannoso.
2. La cassazione della sentenza è chiesta per tre motivi.
Col
primo si denunziano vizi di violazione di norme di diritto e di difetto
di motivazione (articolo 360 nn. 3 e 5 Cpc, in relazione agli articoli
2043 e 2697 secondo comma Cc); col secondo gli stessi vizi, ma in
relazione a diverse norme (articolo 360 nn. 3 e 5 Cpc, in relazione
all’articolo 2051 Cc); e cosi col terzo (articolo 360 nn. 3 e 5 Cpc in
relazione all’articolo 2050 Cc). 3. ‑
Il secondo motivo è fondato.
Il tipo di vicenda, che è stato sottoposto all’esame della corte d’appello –
secondo la più recente giurisprudenza della Corte, sulla via di
stabilizzarsi (Cassazione 15324/06) – deve essere vagliato in primo
luogo alla luce della figura della responsabilità da cosa in custodía
(articolo 2051 Cc).
E’
sulla base di questa figura di responsabilità che va decisa
l’imputabilità delle conseguenze del fatto dannoso tutte le volte che
per l’ente, cui è affidata la gestione del bene pubblico, non v’è
l’oggettiva impossibilità di esercitare su di esso quel potere di
governo, che in questo ambito si denomina custodia e che si sostanzia
di tre elementi:
il potere di controllare la cosa;
il potere
di modificare la situazione di pericolo insita nella cosa o che in essa
si è determinata; quello infine di escludere qualsiasi terzo
dall’ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno.
Il
gíudice, dunque, non si può arrestare di fronte alla natura giuridica
del bene od al regime od alle modalità del suo uso da parte del
pubblico, ma è tenuto ad accertare in base agli elementi acquisiti al
processo, se la situazione di fatto, che la cosa è venuta a presentare
e nel cui ambito ha avuto origine l’evenienza che ha prodotto il danno,
era nella custodia dell’ente pubblico.
Una
volta che questo accertamento sía stato compiuto con esito positivo, la
domanda di risarcimento deve essere giudicata in base all’applicazione
della responsabilità da cosa in custodia.
Esclude
la responsabilità del custode la prova che la cosa non ha svolto alcun
ruolo causale nella determinazione dell’evento, o perché essa non
presentava una situazione di pericolosità o perché su questa situazione
pericolosa se ne è sovrapposta altra che ha da sola concretamente
provocato il danno. tale
riguardo, peraltro, non basta che nell’entrare in contatto con la
situazione di fatto connotata da idoneità a produrre l’evento il
danneggiato abbia tenuto un comportamento che ha svolto un ruolo
causale, perché anche nel caso in cui la responsabilità derivi da cosa
in custodia si applica la norma dettata dall’articolo 1227 Cc.
Orbene,
la corte d’appello si è in primo luogo arrestata di fronte alla
condizione giuridica del bene ed al tipo di uso che ne era fatto,
quello di una strada aperta al traffico veicolare, si da non vagliare i
presupposti di fatto della domanda alla stregua della responsabilità da
cosa in custodia. Nel
negare poi che nel caso concreto la situazione della strada non avesse
svolto un ruolo causale, la corte d’appello si è arrestata alla
considerazione che il conducente dovesse essere uscito di strada
piuttosto per un malore che per essere sbandato nell’affrontare la
curva, ma, non avendo negato che «il tratto di strada interessato
dall’incidente era in forte discesa, in stretta curva volgente a destra
a fondo cementato in cattive condizioni di esercizio» non ha poi
vagliato se questa condizione di oggettiva pericolosità, idonea a
provocare la fuoriuscita dalla sede stradale, non avrebbe richiesto in
corrispondenza di quel tratto apprestamenti capaci di evitare la stessa
fuoriuscita dalla strada e cosi l’evento che un veicolo, di cui il
conducente avesse perso il controllo, per sua colpa o per un malore, ma
non per averlo deliberatamente voluto, anziché andare ad urtare contro
il riparo, fosse stato esposto al pericolo di proseguire il suo
cammino, precipitando nella scarpata.
4. Il primo motivo resta assorbito.
Il
terzo è inammissibile, perché a sua fondamento è posta la violazione
dell’articolo 2050 Cc, figura di responsabilità di cui la sentenza non
tratta, sicchè i ricorrenti avrebbero dovuto se mai lamentare d’aver
riproposto alla Corte d’appello una domanda anche sotto questo aspetto
formulata in primo grado e non esaminata; non senza osservare che la
corte d’appello ha accertato in fatto che sul luogo al momento non
erano in corso lavori.
5. ‑ La sentenza va perciò cassata.
La causa è rimessa davanti al giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’appello di Roma.
Il
giudice di rinvio rinnoverà l’esame della domanda, al fine di accertare
la sussistenza delle condizioni di applicazione della responsabilità da
cosa in custodia e condurre l’accertamento sulla responsabilità in base
alle disposizioni dettate dagli articoli 2051 e 1227 Cc.
Al giudice di rinvio è rimesso di provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo ed
inammissibile il terzo; cassa e rínvia anche per le spese ad altra
sezione della corte d’appello di Roma.