La Corte di giustizia europea, con la sentenza 18 ottobre 2012 nelle cause riunite da C-302/11 a C-305/11 boccia la normativa italiana che disciplina le condizioni di accesso al pubblico impiego.
Alcune dipendenti dell’Autorità italiana Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), dopo vari rapporti a termine, avevano ottenuto la stabilizzazione con un contratto a tempo indeterminato.
La loro posizione era, però, stata stabilizzata senza tener conto dell’anzianità pregressa derivatagli dai precedenti contratti a tempo determinato.
La disciplina italiana prevede che “agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”, ma per queste persone che avevano lavorato precedentemente a tempo determinato nel pubblico è prevista l’assunzione mediante procedure diverse, previo espletamento di prove selettive.
I beneficiari hanno lo status di impiegato pubblico con livello iniziale,senza riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nei contratti a termine o di specializzazione ex art. 1, comma 519, L. n. 296 del 2006.
In seno a queste norme sia il TAR che il CDS avevano infatti respinto i ricorsi delle lavoratrici in quanto “l’azzeramento dell’anzianità sarebbe giustificato dalla necessità di evitare una discriminazione alla rovescia in danno dei lavoratori già di ruolo, assunti a tempo indeterminato a seguito di un concorso pubblico. Infatti, se i beneficiari della stabilizzazione potessero mantenere la loro anzianità, scavalcherebbero i lavoratori già di ruolo con minore anzianità”.
Il CDS aveva affermato che si sarebbe ” troncato il rapporto a termine alla scadenza stabilita e costituito, in prosieguo, un nuovo rapporto di lavoro a tempo indeterminato, senza tener conto della pregressa anzianità, in quanto si tratterebbe appunto di un nuovo rapporto”.
E’ però ravvisabile un contrasto normativo rispetto all’accordo quadro dettato dalla Direttiva 1999/70/CE, per questo il Consiglio ha demandato la decisione alla Corte.
La Corte osta ad una normativa nazionale che escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro.
La Corte afferma che le ricorrenti mirano essenzialmente, nella loro qualità di lavoratrici a tempo indeterminato, a mettere in discussione una differenza di trattamento applicata nel valutare l’anzianità e l’esperienza professionale pregresse ai fini di una procedura di assunzione al termine della quale esse sono divenute dipendenti di ruolo.
Inoltre ribadisce che i lavoratori a tempo determinato non devono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato, comparabili per il solo fatto di avere un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che un diverso trattamento non sia giustificato da ragioni oggettive.
Il principio di non discriminazione impone che situazioni comparabili non siano trattate in modo differente e che situazioni differenti non siano trattate in modo identico, a meno che un tale trattamento non sia oggettivamente giustificato dall’esistenza di elementi precisi e concreti.
L’anzianità viene vista dalla Corte come un presupposto per beneficiare della stabilizzazione e non come un elemento valutabile nell’ambito del nuovo rapporto di lavoro a tempo indeterminato e trova la propria giustificazione nella necessità di evitare una discriminazione alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo già collocati nel ruolo stesso.
“L’anzianità acquisita in virtù di contratti di lavoro a tempo determinato si porrebbe in contrasto, da un lato, con l’articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana, letto nel senso di vietare che a situazioni maggiormente meritevoli sia applicato un trattamento deteriore, e, dall’altro, con l’articolo 97 della medesima Costituzione, il quale prevede che il concorso pubblico – quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito – costituisca la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni allo scopo di soddisfare le esigenze di imparzialità e di efficienza dell’azione amministrativa”.