Costruzioni rurali, pluralità, insediamento residenziale
Una pluralità di costruzioni rurali, rispettose delle prescrizioni di
p.r.g., non può confondersi con un insediamento residenziale,
tipicamente segnalante un abusivo progetto lottizzatorio in via di
concretizzazione.
Consiglio di Stato
Sezione V
Decisione 19 giugno 2009, n. 4037
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Quinta Sezione)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 6201/1997, proposto dal:
–
Comune di Salerno, in persona del sindaco in carica, rappresentato e
difeso dall’avv. Francesco Paolo Volpe e successivamente anche
dall’avv. Gerardo Grisi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’avv. Massimo Angelini, Piazza Cavour n. 10, Roma, appellante;
contro
–
M. M., rappresentata e difesa dall’avv. Lorenzo Lentini e con lui
elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Antonio
Brancaccio, in via Taranto n. 16, Roma, appellato;
per
l’annullamento e/o la riforma, previa sospensione dell’esecuzione,
della sentenza del T.a.r. Campania, sezione staccata di Salerno, 17
marzo 1997 n. 160, concernente la revoca del parere espresso su domanda
di concessione edilizia concernente la costruzione di un fabbricato
rurale.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata M. M.;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 7 aprile 2009, il consigliere Aldo SCOLA;
Uditi, per le parti, l’avv. Gerardo Grisi e l’avv. Lorenzo Lentini. Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
M.
M. acquistava un suolo in località S. Eustachio e, quindi, nel 1989,
chiedeva il rilascio di una concessione edilizia per la costruzione di
un fabbricato rurale in tale sito, ottenendo un parere 9 maggio 1989 n.
263 di massima favorevole con riserva di riesame, previa produzione di
un piano quotato dello stato attuale e di quello definitivo, delle
sezioni di terreno e dello svincolo idrogeologico.
L’interessata,
convinta di aver ottemperato, senza attendere la definitiva valutazione
del suo progetto, il 17 novembre 1990 intimava al comune il rilascio
del materiale documento concessorio, in quanto convinta
dell’intervenuto formarsi del silenzio assenso per aver già ottenuto il
parere di massima positivo di cui sopra.
Il comune procedeva,
comunque, ad un conclusivo esame della questione, emettendo parere
finale riscontrante: inadempimento rispetto alle prescrizioni imposte
alla M. con quello precedente; incompatibilità del progetto con la
disciplina di zona E, p.r.g. (v. delib. C.c. n. 71/1989);
ipervolumetria del fabbricato, progettato per mc. 1.080,82 rispetto ai
500 consentiti; violazione dell’art. 18, legge n. 47/1985, essendosi
predisposta una lottizzazione abusiva sul discusso suolo; necessità di
denegare la richiesta concessione, revocando il pregresso parere di
massima favorevole.
Donde il ricorso della M. al T.a.r. di
Salerno, proposto per: intervenuta concessione implicita nel comunicato
parere di massima positivo di cui sopra; correlativa consumazione del
potere dell’organo consultivo; connessa irrevocabilità del titolo
implicitamente accordatole; inconfigurabilità dell’asserita
lottizzazione abusiva; infine, violazione della legge n. 241/1990.
Costituitosi
il contraddittorio con il comune intimato, con sentenza parziale n.
398/1993 il Tribunale amministrativo adìto disponeva c.t.u., ottenuta
la quale (evidenziante solo un certificato di destinazione urbanistica
del 1988), accoglieva il ricorso introduttivo con sentenza prontamente
impugnata dal comune soccombente per: 1) illogicità, difetto di
motivazione, travisamento, erronei presupposti in fatto e diritto,
istruttoria carente e perplessa, violazione dei principi in materia di
efficacia di norme sopravvenute durante un procedimento in itinere
(variante di adeguamento al p.r.g., di cui alla delib. C.c. n. 71/1989);
2)
vizio di motivazione, travisamento, illogicità, violazione dell’art.
18, legge n. 47/1985, e dell’art. 28, legge n. 1150/1942, e succ.
modif. ed integr., essendosi erroneamente ritenuto, da parte del
c.t.u., che il frazionamento da lottizzazione non avesse favorito
istanze concessorie foriere dell’incremento abitativo tipico delle zone
residenziali, attesa l’immutata connotazione agricola del sito e non
essendo risultate necessarie nuove opere di urbanizzazione, pur
facendosi luogo ad una nuova maglia di tessuto urbano, sulla scorta
delle già congestionate infrastrutture del vicino Borgo S.Eustachio
(zona p.e.e.p.), insuscettibili di sopportare una lottizzazione abusiva
di frangia, in appoggio alle proprie aree limitrofe, soprattutto di
edilizia pubblica e malgrado ininfluenti prescrizioni di lotto minimo,
comunque necessitanti di strumenti urbanistici attuativi;
3)
ulteriore violazione delle citate norme, nonché travisamento di
presupposti e motivazione perplessa e contraddittoria, in presenza di
lottizzazioni non solo concrete ma anche indiziarie (in quanto fondate
su simulazione relativa), mediante frazionamento del terreno o vendita
di aree frazionate, così delineandosi un assetto urbanizzato in
prospettiva (v. Corte cost., sentenza n. 369/1988), né la M. né gli
altri acquirenti svolgendo alcuna attività agricola.
L’appellata
M. si costituiva in giudizio ed eccepiva: a) l’irrazionalità di tutta
la costruzione argomentativi comunale, di fronte ai 10-20 abitanti
tipici delle zone rurali, in rapporto ai non meno di 150 caratteristici
delle aree residenziali urbane; b) la presenza di vicine opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, idonee a sostenere il maggiorato
carico abitativo; c) l’impossibilità di far derivare un vincolo di
pratica inedificabilità assoluta dalle prescrizioni del vigente p.r.g.;
d) la previsione, nella legge reg. Campania n. 14/1982 e nell’attuale
p.r.g. del comune di Salerno, dei c.d. “conduttori in economia” quali
possibili destinatari di concessioni edilizie in zona agricola.
Il
comune appellante depositava memoria con allegata sentenza n. 2586/2000
del Tribunale penale di Salerno, disponente la confisca dei terreni
abusivamente lottizzati e delle relative opere abusivamente costruite.
La
M. appellata depositava sentenza n. 1173/2007 della Corte d’appello
penale di Salerno, recante assoluzione con la formula più ampia (“il
fatto non sussiste”) degli imputati (condannati dal Tribunale
monocratico di Salerno) dall’accusa di lottizzazione abusiva.
A
seguito di ciò, con propria memoria, il comune restringeva le sue
argomentazioni difensive all’essersi costruito più del doppio di quanto
assentito, mentre il nuovo p.u.c. (in zona E2) imporrebbe lotti minimi
per fabbricati rurali di almeno 10.000 mq., di fronte ai 5.000 mq.
statuiti in precedenza: donde la persistente ritenuta necessità di
accogliere il presente gravame.
Con memoria conclusiva,
l’appellata originaria ricorrente poneva in luce essere stata esclusa
ogni ipotizzata rilevanza penale dell’asserita lottizzazione Colicino
ed essersi già rilasciate, nell’area in esame, numerose licenze
edilizie del tipo di quella da essa implicitamente già ottenuta: si
richiamava, dunque, a tutte le sue argomentazioni difensive previamente
dedotte.
All’esito della pubblica udienza di discussione la
vertenza passava in decisione, dopo il rigetto di una domanda cautelare
da parte di questo Consiglio di Stato, con ordinanza n. 1735/1997.
DIRITTO
L’appello
del comune è infondato e va respinto, essendo venuta meno ogni
rilevanza penale della esaminata lottizzazione Colicino e non potendosi
retroattivamente applicare, al caso della M., le nuove dimensioni
lottizzatorie imposte da un p.u.c. sopravvenuto ai fatti di causa e non
in vigore al momento dell’adozione dell’atto gravato (secondo il
principio per cui tempus regit actum).
L’ambito della vertenza
risultava, quindi, limitato alla valutazione dell’eventuale sussistenza
di una legittima lottizzazione negoziale, argomento al quale si è
doverosamente attenuto il Tribunale amministrativo adìto, tenuto anche
conto del fatto che la variante di adeguamento relativa al p.r.g. di
Salerno ricomprendeva, comunque, il fondo in esame nella zona agricola
“E”, non ostativa ad interventi come quello in discussione, spettando,
in ogni caso, all’amministrazione procedente (e contestante l’abusività
dell’iniziativa) l’eventuale prova della prodromicità dei citati
interventi rurali rispetto alla possibile realizzazione di indebiti
nuovi siti residenziali.
Infatti, una pluralità di costruzioni
rurali, rispettose delle prescrizioni di p.r.g., non può confondersi
con un insediamento residenziale, tipicamente segnalante un abusivo
progetto lottizzatorio in via di concretizzazione: in tale prospettiva,
acquista un rilievo predominante la circostanza che l’uso dei singoli
lotti non possa implicare uno stravolgimento della zona agricola in
senso residenziale, malgrado la presenza dei c.d. conduttori in
economia (v. narrativa in fatto), di fianco ai coltivatori diretti.
Al
riguardo, deve poi ricordarsi come l’espletata c.t.u., previa
ricognizione dei servizi a rete già presenti in zona, abbia
condivisibilmente concluso per l’idoneità delle relative urbanizzazioni
primarie e secondarie (le ultime, presso un insediamento p.e.e.p.) ad
accogliere il moderato incremento abitativo contemplato per detta zona
agricola: in proposito, la prescrizione di un lotto minimo non serviva
a disciplinare la possibile espansione del tessuto urbano, ma solo a
contenere l’attitudine edificatoria della zona entro i confini tipici
dell’edilizia rurale, restando tutto da dimostrare un pur paventato uso
abitativo di ipotizzate volumetrie accessorie assentibili come
pertinenze agricole, comunque insuscettibili d’introdurre un
surrettizio vincolo d’inedificabilità assoluta nella zona de qua.
Appare,
dunque, incensurabile la pronuncia dei primi giudici, il che implica il
rigetto dell’appello, con salvezza dell’impugnata sentenza, mentre per
giusti motivi possono integralmente compensarsi spese ed onorari del
secondo grado di giudizio tra le parti costituitevi, tenuto anche conto
del loro reciproco comportamento processuale e della natura della
vertenza.
P.Q.M.
– respinge l’appello;
– compensa integralmente spese ed onorari del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.