Crac Banca Meridione, lady Cacciapuoti in fuga con gioielli e file segreti: indagata
Nello zainetto del figlio aveva nascosto una pen-drive per il collegamento ad Internet, magari sperando che quell’oggetto di pochi centimetri non venisse notato. E invece la mossa si è rivelata azzardata, tanto da rendere inevitabile il suo coinvolgimento nella vicenda giudiziaria che da mesi vede sotto inchiesta il marito.
Decisione sofferta e motivata: Roberta Zicari, moglie di Raffaele Cacciapuoti, è stata iscritta nel registro degli indagati, al termine dell’analisi degli ultimi atti sequestrati dalla Guardia di Finanza. Cambia il quadro delle accuse, nuove iscrizioni nel fascicolo sulla gestazione della Banca popolare del Meridione e sulla scomparsa di sedici milioni di euro: Lady Cacciapuoti ora dovrà difendersi dall’accusa di favoreggiamento reale, per aver provato a trasferire da Napoli verso Santo Domingo – probabile «buen retiro» del marito – beni di valore, ma anche computer, telefoni e supporti informatici con tanto di dati e informazioni sensibili.
Vicenda complessa, che punta a fare luce sulla sparizione del capitale della Banca popolare del Meridione, sogno incompiuto di centinaia di risparmiatori che si erano affidati alle strategie finanziarie di Cacciapuoti. Favoreggiamento reale, dunque, per una donna che per mesi aveva provato a rimanere lontano dai riflettori e, soprattutto, dai veleni di una banca mai decollata.
Lei, Roberta Zicari, ha provato a difendere la privacy della propria famiglia, con il comprensibile obiettivo di tutelare la crescita dei tre figli minorenni. Estranea alle indagini sulla distrazione di soldi e sul giro di assegni falsi della BpM, oggi Roberta Zicari deve rispondere del materiale sequestrato in un blitz della Finanza in aeroporto.
In Procura nessuno si sbilancia, ma c’è il sospetto che il trasferimento del materiale sequestrato avrebbe potuto favorire il latitante Cacciapuoti a condizionare un’inchiesta non ancora conclusa. Il resto è storia di gioielli, borse e monili finiti sotto sequestro. Braccialetti, orologi, ciondoli, in alcuni casi tempestati di rubini, finanche un lingotto d’oro. Un elenco lunghissimo finisce agli atti, segno evidente di una scelta sofferta, quella di lasciare Napoli per Santo Domingo, di puntare a una vita nuova con la famiglia finalmente riunita. Un piano interrotto pochi atti prima del decollo. Siamo al chek-in, è quasi fatta, quando arrivano gli uomini della Finanza. Massima discrezione, una lunga perquisizione. Spunta quella pen drive dallo zainetto portato a mano da uno dei tre figli di Raffaele Cacciapuoti e Roberta Zicari, poi il resto. Indizi che rafforzano i sospetti: dati e documenti sensibili spostati da un mondo all’altro, poi tanta reticenza in famiglia e nel ristretto entourage di Cacciapuoti. L’inchiesta si allarga, si parte dallo spulcio di computer e memorie informatiche.
Ma non è tutto. L’inchiesta si allarga anche ad altri soggetti, punta ad inquadrare altre responsabilità. Indagini e perquisizioni hanno investito in queste ore anche l’abitazione paterna della Zicari e quella di un quarto soggetto, vale a dire dell’autista tuttofare di Cacciapuoti, che a metà ottobre era stato ascoltato in Procura sugli ultimi spostamenti del sedicente promoter. Inchiesta condotta dal capo del pool criminalità economica, il procuratore aggiunto Fausto Zuccarelli e dal pm Francesco Raffaele, che sembra rafforzata dall’analisi di quanto sequestrato fino a questo momento dal nucleo di pg della Finanza, agli ordini del colonnello Luigi Del Vecchio.