Crediti contro debiti tributari? Il fai da te è fuori dalle regole
In ambito tributario la compensazione delle posizioni debito/credito intercorrenti tra contribuente e Fisco può essere attuata, esclusivamente, mediante l’utilizzo delle regole appositamente predisposte dal legislatore nell’ambito delle singole leggi di imposta. Questo, in sintesi, il principio di diritto desumibile dalla ordinanza della Cassazione, la 12341 del 7 giugno.
Il fatto
La vicenda è originata dall’impugnazione di una cartella di pagamento Iva relativa all’anno d’imposta 2000.
La società-contribuente risultava vittoriosa sia nel primo sia nel secondo grado di merito, ottenendo pertanto l’annullamento della predetta cartella.
In particolare, la Commissione tributaria regionale riteneva corretta la tesi della società, secondo cui il debito opposto con la cartella di pagamento, sarebbe stato compensato con un credito d’imposta Iva dell’anno precedente, del quale, l’Agenzia delle Entrate non avrebbe provato l’insussistenza.
Contro tale decisione, l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione, eccependo, quale motivo principale, la violazione delle norme “speciali” tributarie, in quanto, il debito di imposta derivante dalla cartella, non era stato compensato secondo le regole stabilite dalla normativa Iva.
La pronuncia della Cassazione
Il Supremo collegio ha accolto il ricorso dell’Agenzia e, pronunciandosi nel merito, ha definitivamente rigettato il ricorso introduttivo del contribuente.
I giudici di piazza Cavour rifacendosi a un consolidato orientamento giurisprudenziale, hanno affermato che, in ambito Iva, la minuziosa regolamentazione della materia, con riferimento “…all’importo da pagare e alle poste creditorie detraibili…” , pur in presenza della legge 212/2000 (articolo 8, comma 1), esprime la facoltà derogatrice della legge speciale sulle disposizioni generali presenti nel codice civile.
Di conseguenza, al di fuori delle ipotesi stabilite dai precetti fiscali, risulta precluso al contribuente opporre in compensazione, al credito vantato dall’Amministrazione, il proprio credito restitutorio gravante su quest’ultimo soggetto.
Osservazioni
In via generale, l’istituto della compensazione, è regolato dalle norme civilistiche e, in particolare, dagli articoli da 1241 a 1252 del codice civile. Esso rappresenta una modalità di estinzione dell’obbligazione diversa dal “tradizionale” adempimento, costando nella parziale o totale estinzione delle reciproche posizioni debitorie e creditorie, intercorrenti fra due differenti soggetti. L’applicazione generalizzata dell’istituto della compensazione non è tuttavia inderogabile.
L’articolo 1246, infatti, elenca i casi in cui detto istituto non trova applicazioni e fra questi, al numero 5 viene annoverato il “… divieto espresso dalla legge”.
I giudici di legittimità ritengono che tale divieto sia desumibile dal contesto delle norme tributarie e, in particolare, in materia di Iva, sia ricavabile dalla “…analitica regolamentazione della solutio…” che esprimerebbe l’esercizio “…da parte della legge speciale della facoltà di derogare alle comuni disposizioni codicistiche sull’estinzione per compensazione ….” (cfr Cassazione 14579/2001).
Si ricorda che, in via generale, l’istituto della compensazione tributaria è regolato dall’articolo 17 del Dlgs 241/1997, secondo cui sono i debiti di imposta sono compensabili con “…i crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche…”.
In materia di Iva, tale principio va poi calato nel contesto delle norme del Dpr 633/1972 e, in particolare, di quelle che regolano la liquidazione e il versamento dell’imposta (articoli 27 e 30).
Si evidenzia, infine, che con l’introduzione dell’articolo 8, comma 1, dello Statuto del contribuente, che ha disposto la generale estensione della compensazione civilistica alla materia tributaria, altri dubbi sono sorti in merito alla possibilità di applicare direttamente la disciplina codicistica.
Dubbi, tuttavia, fugati dalla Cassazione (cfr sentenze 12262/2007, 15128/2006, 14579/2001), per la quale l’inapplicabilità della predetta disciplina è desumibile dallo stesso articolo 8, commi 6 e 8, ove si rinviano gli effetti dell’innovazione a decorrere dall’anno d’imposta 2002 e si subordinano, in ogni caso, alla previa emanazione di apposita disciplina di attuazione.
In questo modo, implicitamente, la norma rafforza il principio secondo cui l’estinzione per compensazione del debito d’imposta, allo stato della legislazione tributaria, può rendersi concretamente applicabile a tutti i tributi solo se espressamente regolata e definita dalla normativa di dettaglio.