Crediti d’imposta: inammissibile l’errore anche se in buona fede
La vicenda riguarda una cooperativa di facchinaggio che, a seguito di un avviso di accertamento, vedeva recuperato l’indebito credito d’imposta per l’incremento della base occupazionale e veniva per questo anche sanzionata.
Il motivo del recupero era da attribuire ad alcuni dipendenti che non erano effettivamente in possesso di uno dei requisiti necessari per ottenere l’agevolazione.
Mentre la Commissione tributaria provinciale respingeva il ricorso, la Ctr lo accoglieva in maniera parziale, annullando le sole sanzioni in base all‘art. 6 del D.Lgs. n. 472/1997, che esclude la responsabilità in caso di buona fede di chi ha commesso l’errore.
I lavoratori interessati, infatti, avevano rilasciato una dichiarazione sostitutiva, con cui si assumevano la responsabilità di essere in possesso di tutti i requisiti necessari all’ottenimento del bonus.
La sentenza
Giunti in Cassazione, la Suprema Corte ha dato ragione all’Amministrazione finanziaria.
Con la sentenza n. 13755 del 2013, gli ermellini hanno infatti rilevato la negligenza del contribuente nel verificare che vi fossero le condizioni per l’accesso al bonus.
La responsabilità può essere esclusa se vi è errore o falsa rappresentazione della realtà all’interno del processo formativo della volontà dell’agente, ma soltanto ove ciò non sia associabile a un comportamento colposo da parte dell’agente.
L’errore dunque non è scusabile nel caso si tratti di errore evitabile, afferma la Suprema Corte, “con l’uso dell’ordinaria diligenza, quella che si può ragionevolmente pretendere dal soggetto agente”.
Fonte: www.fiscopiu.it