Crisi: chiudono le botteghe locali; i consumatori scelgono i discount, rinunciando alla qualità pur di arrivare a fine mese!!!
Era una tendenza già in atto da anni, ma che rischia di subire
un’accelerazione definitiva a causa della crisi. La bufera economica
potrebbe segnare il de profundis per i negozi di quartiere, che da mesi
provano a fare i conti con un calo delle vendite che non accenna a
diminuire. A testimoniarlo sono ancora una volta i dati diffusi
dall’Istat: a maggio le vendite al dettaglio hanno subito una flessione
del 2,9% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. E a soffrire di
più per la picchiata dei consumi sono proprio i piccoli esercizi
commerciali, che hanno visto diminuire il loro giro d’affari del 3,8%,
a un ritmo più che doppio rispetto al calo registrato dalla grande
distribuzione (-1,5%). Un divario che risulta ancora più evidente se si
considera soltanto il settore alimentare: in questo caso la contrazione
delle vendite per i negozi di quartiere è stata del 4,4%, quella di
ipermercati e supermercati «soltanto» dell’1,7%. L’avanzata della
grande distribuzione che, grazie alle economie di scala, è più
strutturata per resistere a una congiuntura negativa come quella
attuale, viene da lontano. Nel 2008, nonostante la crisi fosse già
scoppiata negli ultimi mesi dell’anno, supermercati e ipermercati
fecero segnare un incremento delle vendite dell’1,6%, a fronte di un
calo degli esercizi di quartiere dell’1,7%. Una perdita di appeal da
parte dei piccoli commercianti che Confesercenti giudica ormai
insostenibile. L’associazione prevede infatti che nel 2009 il saldo tra
nuove aperture e chiusure di botteghe e negozi sarà negativo di almeno
50mila unità. «I piccoli esercizi restano sott’acqua – avverte il
presidente di Confesercenti Marco Venturi -.
Mentre le vendite calano,
salgono impunemente le tariffe dei trasporti ferroviari e marittimi
(+5,7%), dei pedaggi autostradali (+4,2%), dei rifiuti urbani (+5,4%),
dell’acqua (+6,6%), solo per citare alcuni esempi». Si chiedono interventi
immediati: si stima per fine anno una riduzione dei
consumi del 2,5-3%, pari a 20 miliardi di euro di spesa in meno da
parte delle famiglie. Famiglie che, per far fronte alla crisi, hanno
già ampiamente modificato le proprie strategie di acquisto. Oltre il
40% – secondo l’Istat – ha dichiarato di aver limitato l’acquisto o
scelto prodotti di qualità inferiore o diversa rispetto all’anno
precedente.
E in questa strategia rientra anche la preferenza per
supermercati, discount e grandi magazzini. Aumenta infatti la
percentuale di italiani che acquistano generi alimentari negli
hard-discount (dall’8,6% del 2006, al 9,7% del 2007, al 10,9% del
2008). Il supermercato rimane il luogo di acquisto prevalente (68,1%,
era il 67,8% nel 2007), soprattutto nel Centro-Nord (superiore al 70%).
Il 17,2% delle famiglie acquista presso ipermercati, con punte del 22%
nel Nord, dove questa tipologia distributiva è più diffusa. Al mercato
si reca circa il 22% delle famiglie del Centro-Nord (erano il 20% nel
2007) contro il 33,1% di quelle meridionali (erano il 31,4%).