Crisi: torna la badante italiana Ma circa la metà lavora in nero
«Psicologa, quarantenne, con auto, cerca
lavoro come assistente agli anziani». La signora è torinese, dopo varie
esperienze nel suo campo ha deciso di cambiare, «non ce la facevo più,
mi sentivo stressata. Un lavoro mi serve comunque proverò a fare la
badante, è pur sempre occuparsi delle persone in difficoltà».
Anna Maria, fiorentina, 33 anni, laureata in Scienze politiche, accetta
qualsiasi cosa, «anche fare la dama di compagnia a una vecchietta».
Paola, 47 anni, ex operaia milanese, dopo la cassa integrazione temeva
che non avrebbe trovato più nulla, ora lavora «come assistente
domestica in una famiglia, a ore». Due giovani disoccupate di Torino
sono disposte a fare le badanti «fisse, con vitto e alloggio», almeno
dieci ore filate di lavoro e solo un giorno e mezzo di libertà.
Agli sportelli delle Acli-colf quando hanno ricevuto, lo scorso luglio,
queste offerte sono rimasti più che sorpresi. «Non era mai accaduto che
qualche italiana offrisse la disponibilità per la convivenza, finora lo
facevano solo le straniere. I numeri sono ancora limitati», racconta
Laura Malanca, responsabile provinciale Acli-colf di Torino, «eppure ci
segnalano un’inversione di tendenza, sono una spia di un mondo che sta
cambiando».
Le badanti tornano a parlare italiano, effetto della crisi. Giovani
laureate o diplomate licenziate anche dai call-center, donne di mezza
età che hanno perso il lavoro e hanno zero possibilità di trovarne un
altro in fabbrica o in ufficio, pensionate che con quei pochi soldi non
possono farcela oppure mogli con i mariti in cassa integrazione. Ecco
le nuove «assistenti familiari», da ottocento a mille euro al mese, una
qualche garanzia di stabilità. Irregolari, per lo più. «Le italiane
sono disponibili a lavorare in nero, a differenza delle straniere non
hanno necessità di un contratto regolare, preferiscono guadagnare
qualcosa di più», spiega Raffaella Maioni, responsabile nazionale delle
Acli-Colf.
E così, un’occupazione snobbata torna a far gola. Dopo anni di assoluta
e quasi totale ”colonizzazione” da parte delle straniere, ricompaiono
le ”governanti” italiane, spesso laureate e specializzate, disposte
anche a vivere in famiglia. E non è più tanto vero che costano di più e
dunque conviene prendere la rumena o la sudamericana, la crisi ha
ridimensionato anche le richieste economiche. «Anzi, in alcune zone
accade il contrario: nel Nord-Est le badanti italiane chiedono meno
soldi delle straniere, anche perché sono meno flessibili con gli
orari», aggiunge Raffaella Maioni.
Questo lo stipendio minimo sindacale: 776 euro per chi convive con la
famiglia e assiste una persona autosufficiente, circa 100 euro in più
per chi si occupa di anziani che non sono più capaci di muoversi
autonomamente. «Ma in realtà lo stipendio medio si aggira sui 1.050
euro al mese per 40 ore settimanali», Lorenzo Gasparrini è segretario
generale di Domina, l’associazione nazionale datori di lavoro
domestico. Con la crisi, soprattutto al Nord, è quasi raddoppiato «il
numero delle italiane che cerca occupazione in questo campo. E c’è
un’altra novità: si sta riscoprendo il valore della badante. Si
guadagna, è vero, ma c’è la consapevolezza di offrire un servizio
sociale importante». Se prima, «il lavoro domestico era visto dalle
italiane come un ripiego poco qualificante – concorda Laura Malanca –
ora non è più così».
La signora Gina, 50 anni di Lecce, lo fa da anni, per vocazione, «mi
piace stare a contatto con gli anziani, ci vuole pazienza e dolcezza.
Tante lo fanno per soldi, ma poi finiscono per maltrattare le persone.
Il lavoro si trova, basta accontentarsi». Le «assistenti familiari»
italiane – ossia colf e badanti – con regolare contratto sono 74mila
(dati Inps), il 10% circa del totale (774mila). Ma se si considerano
anche le irregolari si arriva a raggiungere – secondo il Censis – la
cifra complessiva di un milione e mezzo, di queste il 30% non arriva da
altri paesi.
La Federcasalinghe ha organizzato, lo scorso giugno, a Roma, Milano e
Udine, corsi di preparazione per badanti e ”mamme di giorno”, ossia
donne che gestiscono nidi familiari, «le partecipanti erano solo
italiane, tranne due», spiega Federica Rossi Gasparrini, presidente
dell’associazione. «C’era anche una hostess dell’Alitalia a spasso.
Tutte, dopo il corso, hanno trovato lavoro. Le donne che con la crisi
si sono trovate in difficoltà dopo il primo momento di scoraggiamento
si riprendono».
L’assessore regionale della Lombardia all’Urbanistica, Davide Boni
(Lega Nord), ha lanciato il ”progetto pilota badanti italiane”.
«Abbiamo aperto uno sportello per raccogliere le offerte di lavoro e
proporre poi un albo regionale per badanti italiane che garantisca alle
famiglie professionalità. Si sono presentate quasi tutte donne che
avevano perso il lavoro, oltre i quaranta, ancora attive ma con molte
difficoltà a ricollocarsi».