«Cucchi pestato dentro il tribunale» Indagati tre agenti e tre medici
Tre agenti della polizia penitenziaria e
tre medici sono indagati nell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi,
l’uomo di 31 anni deceduto il 22 ottobre all’ospedale Sandro Pertini,
dopo essere stato arrestato per droga il 15 ottobre. Nessun elemento a
carico dei carabinieri. I pm titolari dell’inchiesta hanno effettuato
un primo sopralluogo alle celle di sicurezza del tribunale dove si
sarebbe tenuto il pestaggio.
Per i tre agenti di polizia penitenziaria l’ipotesi di reato di
omicidio preterintenzionale potrebbe essere modificata in lesioni gravi
se gli esami medico legali dovessero stabilire che la morte non è
avvenuta per effetto del pestaggio.
La Procura: scaraventato a terra e preso a calci. Secondo la
Procura il presunto pestaggio di Cucchi sarebbe avvenuto nel
sotterraneo del palazzo B della città giudiziaria di Roma, dove si
trovano le celle di sicurezza. Cucchi sarebbe stato scaraventato in
terra, dopo aver sbattuto violentemente il bacino, procurandosi una
frattura dell’osso sacro, sarebbe stato colpito a calci. Il tutto
sarebbe avvenuto il 16 ottobre, all’indomani dell’arresto dell’uomo per
possesso di droga, e prima dell’udienza di convalida del suo fermo.
Il detenuto straniero testimone del pestaggio. La procura
motiva la richiesta di acquisire la testimonianza del detenuto
affermando che il testimone, trovandosi il 16 ottobre nelle celle di
sicurezza del tribunale, «ha udito e visto agenti in divisa colpire
Cucchi e ne ha raccolto le confidenze» mentre andavano in carcere.
Ci sarebbero anche altri testimoni che avrebbero sentito rumori
ricollegabili alla presunta aggressione. Detenuti ma anche agenti della
polizia penitenziaria e altre persone presenti nei pressi delle celle,
avrebbero riferito a chi indaga di aver sentito lamenti, ma di non aver
visto nulla.
Nell’ambito dell’inchiesta sentito anche il pm Emanuele Di Salvo
e il giudice monocratico Maria Inzitari che si occuparono dell’udienza
di convalida, prima della quale, secondo chi indaga, si sarebbe svolto
il pestaggio. Secondo quanto si è appreso i pm avevano tra l’altro
chiesto ai loro colleghi se si erano accorti delle condizioni fisiche
di Cucchi. Nessuno dei due magistrati si sarebbe accorto dello stato
fisico del 31enne.
I medici del Sandro Pertini coinvolti (il responsabile del
reparto penitenziario e due sanitari), devono rispondere di presunte
omissioni e negligenze legate agli interventi eseguiti sul paziente, in
particolare per quanto concerne la mancata alimentazione e la
disidratazione. Secondo il capo di imputazione, i tre, agendo con
negligenza, imperizia e imprudenza, «omettendo le dovute cure,
cagionavano la morte di Cucchi avvenuta all’ospedale Pertini il 22
ottobre».
L’avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo ha commentato:
«Lo dicevo da quindici giorni: i medici avevano una responsabilità
precisa: non si può morire così, come Stefano. L’unica cosa che ora mi
preoccupa è la pubblicazione dei nomi degli indagati, perché gli
indagati non devono essere disturbati».
La famiglia Cucchi ha espresso «una valutazione di prudente soddisfazione per
i risultati delle indagini che hanno consentito la pronta
individuazione delle persone, agenti di polizia penitenziaria e medici,
alle quali il reato è attribuito». «Riteniamo comunque – aggiungono –
che la delicatezza degli accertamenti che devono essere ancora
effettuati suggerisca rispetto per l’indagine in corso, per giungere
alla ricostruzione della verità in merito alle drammatiche circostanze
in cui ha trovato la morte Stefano Cucchi».
I nomi dei sei indagati. Sono gli agenti di polizia
penitenziaria Nicola Minichini, 40 anni, Corrado Santantonio, 30 anni,
e Antonio Dominici, 42 anni, le persone indagate dalla procura di Roma
per la morte di Stefano Cucchi. I tre, è scritto nell’avviso di
garanzia, sono accusati di omicidio preterintenzionale per aver colpito
Cucchi «in data 16 ottobre, con calci e pugni, dopo averlo fatto
cadere, cagionandone la morte, avvenuta il 22 ottobre». Il personale
dell’ospedale Sandro Pertini coinvolto nelle indagini sotto il profilo
dell’omicidio colposo, sono il primario Aldo Fierro, 60 anni,
responsabile del reparto penitenziario dell’ospedale, ed i medici
Stefania Corbi, 42 anni, e Rosita Caponetti, 38 anni. Nell’avviso di
garanzia si dice che avrebbero «omesso le dovute cure» al paziente
cagionandone la morte.
Sindacato: la polizia penitenziaria ne uscirà pulita.
«Auspichiamo che si faccia piena luce sui fatti e che si faccia in
fretta. Siamo sicuri che la polizia penitenziaria ha fatto in pieno il
suo dovere ed è fuori da ogni addebito. Abbiamo piena fiducia nella
magistratura. La polizia penitenziaria sarà fuori da ogni addebito».
Così il segretario del sindacato di polizia penitenziaria Sappe ai
microfoni di CNRmedia.
La Russa: a ora nessuno può essere considerato colpevole. Il
ministro della Difesa su Affaritaliani.it commenta: «Ribadisco che la
cosa più importante è che sia fatta chiarezza e giustizia su quanto
effettivamente avvenuto in relazione alla morte di Stefano Cucchi.
Questa è la cosa più importante. Ogni giudizio al momento è ovviamente
prematuro e nessuno può allo stato essere considerato colpevole.
Tuttavia non posso che rallegrarmi del fatto che nessun carabiniere
risulti iscritto nel registro degli indagati né tanto meno sia
imputato. Non era quindi insensato il mio apprezzamento di stima e di
fiducia verso i carabinieri quando nell’immediatezza del fatto si erano
semplicisticamente adombrate responsabilità di rappresentanti
dell’Arma».
Alemanno: magistrati facciano al più presto chiarezza.
«Apprendiamo con stupore e costernazione le accuse formulate dagli
inquirenti e contestate ai sei destinatari degli avvisi di garanzia per
la morte di Stefano Cucchi». Lo afferma il sindaco di Roma Gianni
Alemanno. «Chiediamo ai magistrati – conclude Alemanno – di fare
chiarezza al più presto sulla vicenda».
Umberto Guidoni di Sinistra Ecologia e Libertà ha chiesto che il ministro della Giustizia Angelino Alfano riferisca in Parlamento sullo stato delle
indagini.