Da rifare 30 mila ascensori “Costerà oltre 200 milioni”
La cifra complessiva è da vertigine: 210 milioni di euro. È quanto
potrebbero sborsare, da qui al 2019, i condomini e i proprietari di
appartamenti torinesi. Il motivo? Il decreto attuativo della norma
europea «EN 81.80» in materia di ascensori, firmato dal ministero per
lo Sviluppo economico la scorsa estate (23 luglio), che introduce
verifiche straordinarie per gli apparecchi con più di dieci anni di
anzianità. Gli ascensori che non supereranno l’esame dovranno adeguarsi
agli standard di sicurezza previsti per gli impianti più recenti:
tolleranza di precisione all’arresto di 10 millimetri, installazione di
un paracadute in salita per gli impianti a fune, vani completamente
ciechi, guide fisse per il contrappeso, protezioni anticaduta sul tetto
per i manutentori, teleallarme e illuminazione di emergenza in cabina.
Interventi di sicurezza fondamentali per alcuni. Marginali, o
addirittura superflui, per altri.
Il provvedimento, che dopo
anni di titubanze e di ricorsi al Tar introduce nel nostro ordinamento
la norma europea, è valido in tutta Italia. Ma a Torino, e nelle altre
città «verticali» della penisola, dove gran parte dei palazzi (e i
relativi ascensori) risalgono al boom edilizio degli Anni 60 e 70,
l’impatto sarà maggiore. Il calcolo è presto fatto: in città ci sono
circa 50 mila ascensori, il 65% ha oltre dieci anni di vita e i costi
di adeguamento si aggirano intorno agli 8 mila euro per impianto.
La
norma, che aggiunge un ulteriore check-up alle normali verifiche
semestrali, prevede tempistiche e interventi diversi a seconda
dell’anno di collaudo. Per gli ascensori installati prima del 1964 ci
sono due anni di tempo per la verifica straordinaria e altri cinque per
gli eventuali adeguamenti. Per quelli costruiti fra il 1964 e il 1978
si hanno tre anni per la verifica e altri cinque per gli adeguamenti,
mentre per gli impianti realizzati dopo il 1978 si potrà aspettare fino
al 2014 per la verifica e fino al 2019 per agli adeguamenti.
Fra
gli addetti ai lavori, però, sono già scoppiate le polemiche. Da una
parte gli ascensoristi, per i quali si prospetta un business
interessante. Dall’altra condomini e proprietari, che dovranno
sobbarcarsi l’ennesima spesa. In mezzo, a cercare una soluzione che
metta d’accordo sicurezza e portafoglio, gli amministratori di
condominio. «Non abbiamo ancora calcoli precisi, ma si prospetta una
spesa notevole – ammette Enrico Ferreri, vice presidente dell’Anaci,
l’associazione degli amministratori di condominio -. Certo, la
sicurezza viene prima di tutto, senza contare che stiamo diventando una
popolazione sempre più anziana. Ma non vedo la necessità di interventi
capillari, soprattutto a Torino. Forse sarebbe meglio investire
altrove».
I dubbi non riguardano solo gli aspetti economici,
ma anche i problemi tecnici e procedurali legati agli interventi di
manutenzione, soprattutto per gli ascensori inseriti in contesti
«storici» tutelati dalla Sovrintendenza ai beni culturali. Qualcuno,
infatti, sta già preparando le carte bollate per il prossimo ricorso.