Dalla Cassazione ‘no’ all’educazione rigida dei figli: è violenza privata
Stop all’educazione rigida dei figli.
Costringerli con metodi violenti e contrari alla loro volontà a
ravvedersi di un comportamento ritenuto sbagliato dal genitore, puo’
costare una condanna per violenza privata. La Cassazione ha così
convalidato una condanna per violenza privata nei confronti di un padre
separato pugliese, G. C., che aveva costretto la figlia minorenne a
seguirla dai nonni paterni per scusarsi del “comportamento insolente”
che la bambina, a detta del padre, aveva tenuto giorni prima con loro.
La minorenne – ricostruisce la sentenza 42962 della Quinta sezione
penale – era stata letteralmente trascinata per parecchi metri dalla
scuola all’abitazione del nonno. Era seguita la denuncia della madre
affidataria.
Secondo la Suprema Corte, “quali che fossero le finalità educative perseguite” dal padre, “il diritto genitoriale non poteva estendersi fino a farvi rientrare l’uso gratuito della violenza“.
Secondo la Cassazione, “la costrizione fisica usata nei confronti della
minore, obbligata con la forza a seguire il padre presso l’abitazione
dei nonni paterni, e a tal fine letteralmente trascinata per parecchi
metri, è stata giudicata eccedente i limiti della causa di
giustificazione” prevista dall’art. 51 c.p.. Inoltre, dice la
Cassazione, “anche il richiamo al permanere della potestà genitoriale in
capo al padre non affidatario è fuori centro rispetto all’apparato
motivazionale della sentenza impugnata”.
ricorso presentato dal padre separato che era già stato condannato per
violenza privata dalla Corte d’appello di Bari, il 20 aprile 2011, con
tanto di risarcimento danni. Inutile, dunque, la giustificazione del
padre volta a dimostrare che lo scopo da lui perseguito “non era quello
di fare incontrare la figlia coi nonni contro la sua volontà, ma solo
quello di indurla a scusarsi con il nonno nei confronti del quale aveva
tenuto un comportamento insolente”.