Danno da mancata nascita del congiunto: è risarcibile?
Nella sentenza 31 agosto 2011, n. 17871 la Corte di Cassazione si trova ad affrontare un caso di responsabilità civile da circolazione stradale che pone una interessante questione sotto il profilo del danno risarcibile.
La giovane donna rimasta coinvolta nell’incidente, a causa delle lesioni subite, era stata costretta a sottoporsi ad un aborto terapeutico ed a perdere così il figlio che, peraltro, non sapeva ancora di portare in grembo.
I Giudici di merito non hanno avuto nessun dubbio sulla necessità di tenere in debita considerazione le sofferenze patite dalla danneggiata per essersi sottoposta all’aborto terapeutico, che devono condurre ad una adeguata personalizzazione del danno non patrimoniale da risarcire.
Nessun risarcimento era stato riconosciuto, invece, per il danno morale patito per la mancata nascita del figlio, né in favore della donna, potenziale madre del nascituro, né in favore del potenziale padre e dei potenziali fratelli, che avevano proposto una domanda risarcitoria ad hoc.
Il caso, dunque, pone l’interessante questione della risarcibilità del danno “da mancata nascita del congiunto”, già in precedenza esaminato e positivamente risolto dalla giurisprudenza di merito, la quale ha avuto modo di precisare che, se in una simile ipotesi i (potenziali) congiunti non avevano certo titolo per richiedere un risarcimento in qualità di eredi del nascituro, essi nondimeno avevano diritto al risarcimento del danno morale patito iure proprio ed in via diretta per la mancata nascita. La prematura morte del feto, infatti, è suscettibile di generare nei congiunti un dolore di intensità tale da poter essere risarcito a titolo di danno morale soggettivo.
Oltre ad una recentissima sentenza del Tribunale di Cassino, del 2/3/2010, si segnala in questa direzione una pronuncia del Tribunale di Mantova, risalente al 25/1/2006, in cui il giudice territoriale non solo riconosce la risarcibilità di una simile posta di danno, ma individua altresì i relativi criteri di liquidazione, da ricercarsi nella quantificazione tabellare del danno da perdita del congiunto quale criterio base, da ridursi proporzionalmente in ragione del momento in cui è avvenuta la cessazione della gravidanza, dell’intensità del vincolo familiare che si sarebbe venuto a creare con il nascituro, della consistenza più o meno ampia del nucleo familiare residuo e dell’età dei genitori.
Nella fattispecie, il Tribunale Lombardo aveva riconosciuto il risarcimento iure proprio del danno da mancata nascita del congiunto anche ai potenziali nonni del nascituro.
Nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione, invece, la Corte di merito aveva rigettato la domanda senza fornire alcuna motivazione a riguardo.
L’assoluta assenza di motivazione è stata rilevata ed affermata expressis verbis in sentenza dagli stessi Ermellini che tuttavia, per ragioni processuali legate al modo in cui i ricorrenti avevano proposto il motivo di ricorso attraverso il richiamo ad un principio giuridico reputato “del tutto inconferente”, non si sono espressi nel merito della questione ritenendo la censura, per come proposta “manifestamente infondata”.