Danno non patrimoniale iure ereditario e requisito dell’apprezzabile lasso di tempo
Tribunale di Rovigo
Sezione distaccata di Adria
Sentenza 2 marzo 2010
MOTIVI DELLA DECISIONE
La
dinamica del sinistro è già stata ricostruita in altro giudizio (n.
138/01 R.G. Tribunale di Rovigo, sezione Distaccata di Adria) –
intercorso tra P. M., la Cooperativa Mareaperto, La Cattolica
Assicurazioni, la Gamma Trading s.r.l., E. L. e le Generali
Assicurazioni – proprio sulla base della ctu dinamica disposta in
questo giudizio.
Si ritiene opportuno, pertanto, riportare i
tratti salienti dell’attività di accertamento istruttorio della
sentenza passata in giudicato: “gli esiti della CTU – cui ci si
riporta integralmente stante la diligenza con la quale è stata redatta
– attribuiscono la responsabilità dell’incidente alle condotte tenute
da L. E. e P. M., in misura sostanzialmente eguale […]il CTU ha
accertato che al momento del contatto l’autocarro Nissan “era obliquo a
destra a cavallo della mezzeria, posizione del tutto congruente con il
rientro da sorpasso, molto meno con l’ipotesi di limitato scostamento a
sinistra per valutare le cause del rallentamento” ed ha altresì
evidenziato l’ovvia considerazione che “il Nissan era preceduto solo da
autovetture e perciò il suo conducente, con posto di guida più alto,
non avrebbe avuto bisogno di spostarsi a sinistra per vedere il
cantiere”, concludendo che “se il Nissan si fosse spostato a sinistra
solo per permettere al suo conducente di guadagnare campo visuale, il
suo scostamento trasversale sarebbe stato limitato e l’obliquità del
veicolo rispetto all’asse stradale molto ridotta” (p. 33 della CTU).
La
dinamica deve pertanto essere così ricostruita: il veicolo Nissan,
condotto da P. M., ha superato l’autocarro Fiat Iveco 190 ed i veicoli
sono entrati in collisione nel momento del rapido rientro a destra del
Nissan che ha “chiuso” la traiettoria dell’autotreno, poi provocando
gli scontri a catena che hanno causato i danni a tutti gli automezzi
che si trovavano fermi ed incolonnati (cfr. p. 26 della CTU dove si
afferma che l’Alfa Romeo 145, l’ultima delle vetture incolonnate, era
“attendibilmente ferma”, così ipotizzando che anche tutte le altre auto
che si trovavano davanti alla Alfa Romeo erano già ferme; circostanza
confermata anche dalle parti in sede di interrogatorio).
Ciò posto, è evidente che la responsabilità è concorsuale.
In
ordine alle percentuali di attribuzione causale del sinistro si
richiamano le risultanze istruttorie ed in particolare quanto affermato
dal CTU in ordine:
a) alla velocità tenuta dal
veicolo Fiat Iveco 190 (62 km/h), che non avrebbe comunque consentito
una tempestiva frenata ed avrebbe in ogni caso comportato lo scontro
con le vetture ferme in colonna (cfr. pp. 34 e 35 della ctu), alla
violazione dell’art. 142, II comma CdS per non aver rispettato il
limite di velocità di 50 km/H imposto da un cartello posto sul ponte e
non aver regolato la velocità in modo da poter arrestare il proprio
veicolo prima degli ostacoli prevedibilmente posti sulla traiettoria di
viaggio;
b) alla velocità tenuta dal veicolo
Nissan, alla violazione delle prescrizioni codicistiche in ordine al
divieto di sorpasso in luogo ove è vietato e senza accertarsi che tale
sorpasso non potesse arrecare pregiudizio a terzi o ostacolo alla
circolazione (artt. 142, II comma, 39, 148, II comma, 148, III comma
CdS).
Da tali circostanze, ritiene il Giudice non sia
possibile ricavare che una presunzione di corresponsabilità paritaria,
posto che entrambe le condotte hanno contribuito a determinare l’evento
e che ciascuna di loro sarebbe stata da sola causa efficiente del
sinistro”.
Ciò posto, è evidente che
quell’accertamento appare vincolante giuridicamente e logicamente per
questa autorità, come più volte affermato dalla Suprema Corte
(principio opportunamente richiamato dalla difesa della Cattolica
Assicurazioni): “allorquando due giudizi tra le stesse parti vertano
sullo stesso rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con
sentenza passata in giudicato, l’accertamento già compiuto in ordine a
una situazione giuridica e la soluzione di una questione di fatto o di
diritto che abbiano inciso su un punto fondamentale comune ad entrambe
le cause e abbiano costituito la logica premessa contenuta nel
dispositivo della sentenza passata in giudicato, precludono il riesame
del punto accertato e risolto anche nel caso in cui il successivo
giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo e
il “petitum” del primo” (Cass., 3 marzo 2004, n. 4352; conf. Cass., 3 ottobre 2005, n. 19317; Cass., 16 maggio 2006, n. 11365).
In
ogni caso, si deve ricordare come gli esiti della ctu dinamica abbiano
condotto proprio alla ricostruzione sopra riportata, sicché
l’accertamento deve ritenersi giuridicamente acclarato anche per le
parti che non hanno partecipato al giudizio richiamato.
Non
resta che accertare e determinare le singole voci di danno richieste
dagli attori G. R., N. R. e R. G., nonché dalla “Gamma Trading s.r.l.”.
Gli attori hanno domandato il risarcimento del danno non patrimoniale trasmesso jure ereditario (pregiudizio biologico, morale, esistenziale), iure proprio (pregiudizio
morale, biologico, edonistico), il danno patrimoniale derivante
dall’omesso futuro contributo alla famiglia di A. R. (pari ad €
309,00), figlio e fratello degli attori, e per spese funerarie e
riparazione dell’auto.
Procedendo in senso inverso
all’enunciazione delle pretese attoree, si osserva come il danno
patrimoniale per spese di riparazione dell’auto e spese funerarie
(queste ultime provate documentalmente: doc. 10-13 del
fascicolo di parte attrice) non si stato tempestivamente contestato e
debba pertanto – anche in applicazione del principio di non
contestazione, normativamente introdotto dalla recente novella del
codice di rito – essere riconosciuto nella misura di € 16.846,70, oltre
interessi dalla data della domanda al saldo effettivo.
Non può,
invece, essere riconosciuto il prospettato danno patrimoniale da
mancata contribuzione familiare. Ciò deriva dalla mancata prova del
fatto storico, ma soprattutto dalla considerazione che, anche se
provata la circostanza (versamento in famiglia di € 309,00 mensili),
non vi sarebbe diritto di credito, posto che tale importo non compensa
il presumibile risparmio di spesa ricavato dai familiari per i consumi
che si sarebbero verificati se A. R. avesse continuato a convivere con
i genitori. Né vi sono indici presuntivi per ipotizzare che egli
sarebbe rimasto in famiglia e non sarebbe andato a vivere da solo.
Il danno non patrimoniale iure ereditario non
può essere riconosciuto – come più volte esplicitato da questa autorità
nell’ambito del processo, anche al fine di favorire una conciliazione
tra le parti – perché A. R. ha sofferto intensamente per meno di un’ora
(il sinistro è avvenuto alle 13.13, mentre il decesso è delle 14.15),
circostanza che, sebbene toccante sotto un profilo “morale”, non
integra i presupposti richiesti dal Supremo Collegio per ritenere
entrata nella sfera giuridica del soggetto leso il diritto di credito:
un apprezzabile lasso di tempo.
In altri termini, si può affermare che un lasso temporale inferiore ad un’ora non sia “apprezzabile”.
Le
Sezioni Unite dalla Suprema Corte non hanno affatto modificato il
precedente orientamento sul punto; hanno solo evidenziato la necessità
di valutare e svincolare la determinazione del pregiudizio morale da
quello biologico, potendovi essere riconoscimento di una esigua somma
di denaro per il secondo – perché comunque paramentrato all’effettiva
durata della vita – e quantificazione più alta del primo, in
considerazione della straordinaria intensità della sofferenza della
persona nel caso vigile cosciente previsione dell’imminente decesso.
Il
danno morale, in ogni caso non può prescindere da un lasso di tempo
apprezzabile, parametrabile “in giorni”, non “in ore” (cfr. Cass., 28
settembre 2009, n. 23053).
Il Giudice ha più volte sollecitato
il patrocinio attoreo a depositare un precedente giurisprudenziale che
dichiarasse che un’ora di tempo rappresenta un apprezzabile lasso di
tempo per riconoscere la trasmissibilità ereditaria del diritto non
patrimoniale, ma l’invito è sempre rimasto lettera morta; la difesa
della parte attrice ha, invece, concentrato le proprie attenzioni
sull’intensità del dolore, ma ha trascurato di valutare attentamente la
durata.
Far coincidere un’ora con la locuzione “apprezzabile
lasso di tempo” significherebbe di fatto elidere l’aggettivo ovvero
creare un’inutile un’endiadi.
Sino a quando si riterrà che
l’art. 32 della Costituzione, immediatamente precettivo, tuteli la
salute dell’uomo e non la vita non potrà giungersi a ricostruzioni
difformi.
Il danno non patrimoniale iure proprio è
certamente risarcibile; deve, tuttavia, farsi particolare attenzione ad
evitare duplicazioni – secondo il monito espresso dalle note sentenze
di San Martino della Suprema Corte – nella liquidazione del danno.
In
relazione a ciò gioverà evidenziare come un unico danno debba essere
individuato, consistente nella sofferenza psicologica subita dai
parenti della vittima per il decesso del congiunto.
Tale
sofferenza certamente integra e si esprime nella manifestazione della
persona nella sua staticità e dinamicità, nella perdita del legame
familiare, nella ridotta capacità di esplicazione nel mondo e
edificazione dello spirito, nel pregiudizio del bene salute, anche
sotto un profilo psico-patologico.
La ctu disposta ha accertato
una vera e propria malattia psicologica in capo a G. R. e R. G. (pari
al 10-15% per il primo e 23-25% per la seconda): orbene, ritiene il
Giudice che l’applicazione delle tabelle di riferimento – adottate nel
tentativo di fornire uniformità applicativa giurisprudenziale, sebbene
inevitabilmente apodittiche – che individuano un’ampia forbice
economica per il c.d. danno parentale, proprio al fine di calibrarlo il
più possibile sulla situazione concreta, consenta di quantificare il
pregiudizio, alla luce della intensità della sofferenza tale da
determinare un pregiudizio permanente della salute, in € 200.000,00 per
R. G. ed € 150.000,00 per G. R..
Il ctu ha infatti indicato come R. G. sia “portatrice di una sindrome depressiva con note di tipo psicotico, conseguente al lutto subito e non ancora del tutto elaborato”, affermando che il “suddetto
quadro psicopatologico agisce sia pure non in maniera determinante
sulle qualità della vita della donna, restringendone pur sempre gli
interessi esistenziali” (p. 26); ha affermato che per G. R. “non
è solo turbamento d’animo ma anche sconvolgimento del suo equilibrio
psichico sia pure di grado limitato ma tale da essere evidenziabile e
quindi da costituire danno risarcibile potendosi parlare di Lutto
patologico ovvero di Modesta reazione depressiva” (p. 29).
Nella
determinazione del danno appare opportuno esplicitare le ragioni per le
quali non si è provveduto alla mera applicazione delle tabelle in uso
presso questa autorità riferite al danno biologico.
Ritiene il
Giudice che il c.d. pregiudizio morale inerisca pur sempre il bene
salute e non differisca dal c.d. pregiudizio biologico in termini
qualitativi, bensì quantitativi (si ricorda, infatti, la definizione di
salute offerta dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel
proprio protocollo di costituzione, sia: “la salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale, e non solo l’assenza di malattia o di infermità”).
La
sofferenza che un genitore prova per la perdita del figlio incide sulla
persona, ne modifica e altera la qualità di vita, il benessere, lo status vivendi. Questo patologico stravolgimento delle condizioni di vita talvolta sfocia in una malattia psichica.
Ne
consegue che sarebbe del tutto paradossale applicare meccanicamente le
tabelle nel caso di pregiudizio biologico-psicologico, posto che
sovente, in tal modo, si otterrebbe una liquidazione del danno più
bassa di quanto avverrebbe applicando le medesime per il c.d.
pregiudizio morale del familiare.
Pertanto dovrebbero cumularsi
le due voci di pregiudizio; ma l’omogeneità della natura del tipo di
danno induce il Giudice a rifiutare una duplicazione e a ravvisare
nella intensità della malattia l’indice della gravità della sofferenza,
così da paramentrare con maggior rigore la quantificazione del danno
non patrimoniale all’effettiva situazione concreta.
Per tale
motivo, nel caso di specie, la sofferenza divenuta anche malattia ha
consentito di determinare il danno in misura pari a circa 2/3 per R.
Gasperini e ½ per G. R. di quanto previsto come liquidazione massima
nell’amplissimo compasso indicato dalle tabelle di riferimento per il
danno c.d. parentale.
Il danno del fratello N. R., in assenza di
ulteriori elementi istruttori che consentano di determinare con maggior
precisione il pregiudizio, viene quantificato in € 30.000,00.
Le
somme sopra indicate sono state rivalutate alla data di pubblicazione
della sentenza; sulle predette somme dovranno applicarsi gli interessi
compensativi nella misura del 2,5% sulla somma devalutata al 29 maggio
2000 e via via rivalutata anno per anno.
Per quanto concerne la
“Gamma Trading s.r.l.” – rispetto alla quale il danno patrimoniale
potrà essere riconosciuto nella misura del 50% di quanto richiesto,
stante l’accertata corresponsabilità in misura paritaria di E. L.
(conducente del veicolo Fiat Iveco tg. ****) nella causazione del
sinistro – deve osservarsi come vi sia prova documentale dell’esborso
di € 23.313,87 per la riparazione del veicolo: deve essere posto a
carico di P. M., della Cattolica Assicurazioni e della Cooperativa Mare
Aperto s.c.a.r.l. l’importo di € 11.656,93.
Non può, invece,
essere riconosciuta l’ulteriore voce di danno asseritamente derivante
dalla necessità di rivolgersi a ditte terze per far fronte all’assenza
di un mezzo per il trasporto.
Non vi è prova che la “Gamma
Trading s.r.l.” non avesse a disposizione altri mezzi per effettuare le
consegne, né che non fosse prassi commerciale anche precedente quella
della società attrice di commissionare a terzi parte delle consegne del
materiale, né, infine, che non si potesse, in ogni caso, noleggiare un
furgone.
Si osserva, inoltre, come l’ultima fattura sia del 31
novembre 2000, circostanza che – in virtù della prassi commerciale di
emettere la fattura dopo l’esecuzione della prestazione – induce a
ritenere che il veicolo fosse stato restituito ben prima della fine di
novembre, mentre alcune attività di consegna sono risultate state
commissionate nel mese di dicembre.
Infine, si rileva come in
alcune giornate siano state incaricate più ditte di effettuare il
trasporto del materiale (2, 12, 14 giugno, 24, 25 luglio, 4 agosto, 1
settembre, 8, 17, 28 novembre) il che da un lato conferma l’ipotesi che
fosse prassi commerciale della “Gamma Trading s.r.l.” commissionare a
terzi la consegna del materiale e dall’altro dimostra come il danno non
potesse essere, anche se del caso riconosciuto, duplicato (senza
considerare come la parte non abbia affatto considerato il risparmio di
spesa derivante dal non aver sostenuto direttamente i costi per
l’esecuzione delle prestazioni).
Le spese di lite, così come
liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza (con obbligo di
rifusione da parte delle rispettive compagnie di assicurazione di
quanto effettivamente versato dai propri assicurati).
Le spese
legali sostenute dalla Cooperativa Mare Aperto s.c.a.r.l. non possono
essere accollate alla Cattolica Assicurazioni perché non ineriscono il
rapporto principale con la controparte; la scelta di difendersi
autonomamente, senza avvalersi della difesa tecnica scelta dalla
Compagnia di assicurazione, non può tradursi – in assenza di specifica
disposizione contrattuale – in un costo ulteriore per la predetta
assicurazione.
Le spese di ctu (dinamica e medica) sono poste a
carico di tutte le parti convenute in solido tra loro (con obbligazione
parziaria corrispondente alla percentuale di responsabilità accertata).
P.Q.M.
Il
Tribunale di Rovigo – sezione distaccata di Adria – nella persona del
Giudice Unico dott. Mauro Martinelli, definitivamente pronunciando
sulla causa n. 90/2002 R.G. (alla quale è stata riunita la causa n.
199/02 R.G.), ogni diversa istanza, eccezione e domanda disattesa, così
provvede:
a) RIGETTA la domanda attorea di rimessione in istruttoria e modifica delle precedenti ordinanze;
b)
CONDANNA E. L., P. M., la “Gamma Trading s.r.l.”, in persona del legale
rappresentante pro tempore, la Cooperativa Mare Aperto s.c.a.r.l., in
persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cattolica di
Assicurazioni s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, la Assicurazioni Generali s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, in solido tra loro al pagamento dei danni
patrimoniali subiti da G. R. e R. G. quantificati in complessivi €
16.846,70, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
c)
CONDANNA E. L., P. M., la “Gamma Trading s.r.l.”, in persona del legale
rappresentante pro tempore, la Cooperativa Mare Aperto s.c.a.r.l., in
persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cattolica di
Assicurazioni s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, la Assicurazioni Generali s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, in solido tra loro al pagamento dei danni
non patrimoniali subiti da G. R., quantificati in complessivi €
150.000,00, oltre interessi compensativi nella misura del 2,5% sulla
somma devalutata al 29 maggio 2000 e via via rivalutata anno per anno;
d)
CONDANNA E. L., P. M., la “Gamma Trading s.r.l.”, in persona del legale
rappresentante pro tempore, la Cooperativa Mare Aperto s.c.a.r.l., in
persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cattolica di
Assicurazioni s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, la Assicurazioni Generali s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, in solido tra loro al pagamento dei danni
non patrimoniali subiti da R. G. quantificati in complessivi €
200.000,00, oltre interessi compensativi nella misura del 2,5% sulla
somma devalutata al 29 maggio 2000 e via via rivalutata anno per anno;
e)
CONDANNA E. L., P. M., la “Gamma Trading s.r.l.”, in persona del legale
rappresentante pro tempore, la Cooperativa Mare Aperto s.c.a.r.l., in
persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cattolica di
Assicurazioni s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, la Assicurazioni Generali s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, in solido tra loro al pagamento dei danni
non patrimoniali subiti da N. R. quantificati in complessivi €
30.000,00, oltre interessi compensativi nella misura del 2,5% sulla
somma devalutata al 29 maggio 2000 e via via rivalutata anno per anno;
f)
CONDANNA la Società Cattolica di Assicurazioni s.c.a.r.l., in persona
del legale rappresentante pro tempore, P. M. e la Cooperativa Mare
Aperto s.c.a.r.l., in solido tra loro, al pagamento del danno
patrimoniale subito dalla “Gamma Trading s.r.l.” quantificato in
complessivi € 11.656,93 (pari al 50% dell’effettivo danno subito in
virtù del concorso di responsabilità nella causazione dei danni), oltre
interessi legali dalla domanda al saldo;
g) CONDANNA E.
L., P. M., la “Gamma Trading s.r.l.”, in persona del legale
rappresentante pro tempore, la Cooperativa Mare Aperto s.c.a.r.l., in
persona del legale rappresentante pro tempore, la Società Cattolica di
Assicurazioni s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, la Assicurazioni Generali s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, in solido tra loro al pagamento delle spese
processuali sostenute dagli attori e quantificate in € 5.315,47 per
spese (ivi comprese quelle di ctp), € 2.600,00 per diritti ed €
9.500,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge;
h)
CONDANNA P. M., la Cooperativa Mare Aperto s.c.a.r.l., in persona del
legale rappresentante pro tempore, la Società Cattolica di
Assicurazioni s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla “Gamma
Trading s.r.l.” quantificate in € 510,12 per spese, € 1.500,00 per
diritti ed € 2.200,00 per onorari, oltre spese generali al 12,5%, IVA e
CPA come per legge;
i) PONE le spese di CTU (ing. Alberto
Vallini e dott. Mario Tantalo) definitivamente a carico tutti i
convenuti in solido con obbligo di rifusione di quanto già anticipato
dalla parte attrice;
j) RESPINGE nel resto.
Adria, 2 marzo 2010
IL GIUDICE
Dott. Mauro Martinelli
La sentenza in esame torna ad affrontare, in tema di sinistro stradale, la risarcibilità del danno non patrimoniale iure hereditatis,
del danno biologico da morte e quando questo debba essere risarcito in
correlazione al tempo di sopravvivenza della vittima del fatto illecito.
Come da costante orientamento della Suprema Corte (sentenza, sez. III civ. 17 gennaio 2008, n. 870)
viene distinto il caso in cui, la morte segue immediatamente l’evento
oppure tra l’evento, oggetto di lesioni, e la morte, intercorra un
“apprezzabile” lasso di tempo in modo tale che si possa parlare di
configurabilità del danno biologico iure hereditatis.
Secondo
la Giurisprudenza di massima, l’evento morte non influisce sul bene
salute e quindi sulla sua tutela, ma, incide sul bene giuridico vita.
Tale assunto non vale se, di contro, intercorre un lasso di tempo
“apprezzabile”, tra l’evento lesivo e la conseguente morte, poiché il
soggetto subisce una compromissione dell’integrità psico-fisica che si
protrae fino alla morte, la quale è riconosciuta come danno biologico
trasmissibile agli eredi (il lasso di tempo che permette il
riconoscimento agli eredi del danno biologico iure hereditatis
non viene stabilito in maniera precisa ma, in questa sentenza può
escludersi in via di principio, poiché la sofferenza è stata meno di
un’ora, circostanza che, sebbene toccante sotto il profilo “morale”,
non integra i presupposti richiesti dal Supremo Collegio).
Da qui si introduce il concetto del cosiddetto danno iure proprio,
cioè il risarcimento del danno biologico agli stretti congiunti di una
persona deceduta per effetto dell’illecita condotta altrui, previa,
però, la prova di una lesione psico-fisica accertata sulla base di
elementi oggettivi (vedi Cass. Civ., Sez. Lav., sentenza 22 luglio 2008, n. 20188 – Cass. 19 febbraio 2007, n. 3758 – Cass. 18 gennaio 2007, n. 1105 – Cass. 11 gennaio 2006, n. 212).
La Cass. Sez. Unite Civili, con sentenza n. 26972/08
ha provato ad intervenire su questo punto affermando la liquidazione
del danno morale nel caso in cui, nonostante sia passato un breve lasso
do tempo tra l’evento e la morte, la persona sia rimasta lucida in
attesa consapevole della fine. In tale situazione ciò che deve essere
risarcito non è il danno biologico (non è detto che la sofferenza abbia
il tempo di trasformasi in patologia) ma il danno morale nella nuova
accezione proposta dalla medesima sentenza. Su questo punto si
potrebbero aprire questioni e dibattiti ad esempio chiedersi come si
dovrebbe agire se la persona fosse priva di sensi, indotta in coma
farmacologico etc. ma non è questa discussione l’obiettivo del seguente
contributo.
Nella clinica diventa fondamentale, operare una
prima distinzione tra danno da morte e danno da lutto. A seguito della
morte di un congiunto o di un familiare i danni biologici sono
essenzialmente i due sopraccitati ma, tra loro, devono essere
nettamente distinti e differenziati. Il danno da lutto consiste in una
psicopatologia dell’elaborazione del lutto distinguendosi dal danno da
morte che, invece, si esplica attraverso un’invalidità temporanea e, in
casi eccezionali, in una invalidità permanente determinata dalla
perdita dell’oggetto d’amore.
Le due tipologie di danno si
collocano su due livelli diversi. Mentre il secondo consiste in “…
alterazioni permanenti sul piano psichico ed emozionale che conseguono
ad effettive difficoltà del “lavoro del lutto”. Intendendo con ciò far
riferimento alle difficoltà dell’elaborazione del lutto, o, talvolta,
alla mancata elaborazione o del tutto alla negazione del lutto”, il
primo consiste in una reazione depressiva caratterizzata da sofferenze
e dolori per una perdita che viene vissuta come angosciante che, solo
se diventa clinicamente significativa, può sfociare in un danno da
lutto. In sintesi, il danno biologico da morte, consiste in un danno
psichico determinato dalla lesione del diritto alla salute psichica
subito dagli stretti congiunti a seguito della morte di un familiare
per un fatto illecito di terzi.
L’esperienza del lutto è
un’esperienza complessa che comporta sempre un cambiamento
organizzativo nella vita della vittima secondaria, basta pensare ad un
rapporto esistente che adesso non esiste più. Spesso a tale processo
deve essere accompagnata una ridefinizione di ruoli, quali quello di
moglie, figlio/a, genitore, in quanto le relazioni definite e
realizzate all’interno di tale relazione vengono a mancare mettendo in
crisi, in alcuni casi, la stessa identità di chi vive l’esperienza
della perdita.