Decide il giudice tributario sui ruoli con debiti di natura non solo tributaria Cassazione civile , SS.UU., sentenza 30.03.2010 n° 7612
In ipotesi di mancato accoglimento di proposta di rateizzazione del
debito tributario, Equitalia da sempre ha sostenuto che il giudice
competente a giudicare sulla impugnativa del contribuente sarebbe
quello amministrativo.
Viceversa, non pochi contribuenti (ed i
loro avvocati) propendevano per le commissioni tributarie, a mente
della previsione dell’art. 2 del decreto legislativo 546/1992 che
attribuisce alla giurisdizionale tributaria tutte le controversie
aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunemente
denominati.
L’interesse pratico non è di poco momento: come
noto, qualsivoglia ricorso al tribunale amministrativo sconta un costo
di accesso al giudizio che parte da 500,00 euro (il riferimento è
ovviamente al contributo unificato). Ben si può comprendere – a
prescindere dalle altre argomentazioni più propriamente giuridiche –
che un cittadino che chiede la rateizzazione del proprio debito
tributario avrà di certo qualche difficoltà ad anticipare somme
importanti al fine di impugnare il diniego alla rateizzazione del
debito opposto da Equitalia. La commissione tributaria è infatti, da
questo punto di vista, decisamente più economica (e
tendenzialmente più economiche sono le parcelle dei professionisti che
possono accedere al patrocinio innanzi a dette giurisdizioni).
Le Sezioni Unite, con questa lapidaria quanto succinta ordinanza, ribadiscono la “giurisdizione del giudice tributario”, nonostante la presenza di taluni crediti di natura non tributaria alle volte inseriti assieme al calderone delle pretese squisitamente erariali.
Per
comprendere le argomentazioni spesa da Equitalia, bisogna tenere a
mente che i ruoli spesso contengono, come noto, anche debiti non
prettamente tributari. Dunque, secondo Equitalia, il contribuente
dovrebbe impugnare i singoli debiti (ancorché tutti contenuti in
un’unica cartella esattoriale) a seconda della natura specifica di
ciascun debito (e dunque, per ipotesi, commissione tributaria, giudice
ordinario, TAR contemporaneamente). Se ciò non è fatto, se dunque si
impugna solamente la cartella esattoriale, afferma Equitalia, significa
che la si impugna non avendo come bersaglio la natura del debito che
incorpora, ma la forma esteriore dell’atto (amministrativo)
incorporante (o che, in ogni caso, il giudice tributario non avrebbe
competenza in merito a debiti non tributari).
Ciò porterebbe, da
un lato, alla competenza del giudice amministrativo che, dall’altra,
potrebbe giudicare solo per vizzi dell’atto amministrativo in sé
considerati.
Le Sezioni Unite risolvono gli argomenti
sollevati da Equitalia riducendo le rimostranze a mero rischio del
mestiere che il riscossore deve sopportare: l’accorpamento di crediti
di natura differente, oltre a quelli tributari, sono per pragmatica
sintesi della Corte di Cassazione un “inconveniente” della riscossione
mediante ruoli.
E’ pur vero che il ragionamento (pratico)
delle Sezioni Unite regge a fronte di un dato essenziale: in un ruolo,
la stragrande maggioranza dei crediti sono, in effetti, di natura
tributaria (e dunque, anche in un’ottica di economia processuale, può
avere senso concentrarsi solamente sul debito prevalente, o meglio tipico di simili riscossioni).
A chiosa dell’ordinanza, conviene comunque ricordare che lo Statuto del Contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212)
prevede, all’art. 7, che gli atti dell’amministrazione finanziaria e
dei concessionari della riscossione debbano tassativamente indicare “le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili”.
Se
fosse stata accolta la prospettazione di Equitalia, quest’ultima
avrebbe dovuto, di fatto, arrivare all’assurdo di elencare praticamente
tutti i giudici presenti nel nostro ordinamento al fine di soddisfare
la portata informativa prescritta dallo Statuto.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Ordinanza 16 – 30 marzo 2010, n. 7612
(Presidente Carbone – Relatore D’Alessandro)
Ritenuto
che
la DECAM s.r.l. ha proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria
provinciale di Milano avverso il rigetto, da parte di Equitalia Esatri
S.p.A., di un’istanza di rateazione del debito tributario;
che
Equitalìa Esatri S.p.A. propone due identici ricorsi per regolamento
preventivo di giurisdizione, invocando la giurisdizione del giudice
amministrativo;
che la società contribuente non si è costituita.
Considerato
che i due ricorsi identici vanno riuniti;
che
l’art. 2 del d.lgs. 31/12/92 n. 546 attribuisce alla giurisdizione
tributaria «tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni
genere e specie comunque denominati»;
che, pertanto, la
controversia attinente alla rateizzazione del debito tributario spetta
a detta giurisdizione, avendo ad oggetto per l’appunto un debito
tributario, a nulla rilevando che la decisione spettante all’Agenzia
delle Entrate debba essere assunta in base a considerazioni estranee
alla materia tributaria, essendo la giurisdizione attribuita in ragione
esclusiva dell’oggetto della controversia;
che, del pari, è
priva di rilievo la circostanza – pure valorizzata dalla ricorrente –
che, potendo la rateizzazione riguardare debiti di diversa natura, il
debitore debba adire giudici diversi in relazione alla diversa natura
dei debiti stessi, essendo, questo, un inconveniente di fatto comune
all’intera materia della riscossione mediante ruoli;
che, conclusivamente, va dichiarata la giurisdizione del giudice tributario;
che non vi è luogo a provvedere sulle spese, in difetto di attività difensiva da parte della società resistente.
P.Q.M.
la Corte, a Sezioni Unite, riunisce i ricorsi e dichiara la giurisdizione del giudice tributario.