Decreto anticrisi: scudo fiscale per il rientro dei capitali all’estero
Arriva lo scudo fiscale per il rientro dei capitali all’estero. Basterà pagare una tassa del 5% sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute al 31 dicembre 2008 illegalmente fuori dai confini nazionali, e tutto ritornerà in ordine. Ma solo dal punto di vista fiscale. Il condono, infatti, non si applica agli altri tipi di reato, come ad esempio la bancarotta, il riciclaggio, la ricettazione o il falso in bilancio. La norma è stata presentata ieri, sotto forma di emendamento, dai relatori di maggioranza del decreto anticrisi attualmente all’esame della Camera. «Nessuna incoerenza con quanto affermato finora contro l’evasione fiscale» assicura il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, protagonista nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri di un botta e risposta piuttosto acceso con un giornalista. «Chiedetelo a Obama. Tutti i paesi stanno predisponendo misure di rimpatrio dei capitali. Solo svuotando e poi chiudendo la caverna di Ali Babà, ovvero i paradisi fiscali, si può bloccare l’evasione fiscale». Ma non è stato un ”parto” indolore. Il travaglio è durato l’intera mattinata, con l’opposizione che gridava allo scandalo, alla vergogna, all’inciviltà, all’immoralità e accusava il governo di premiare gli evasori e i criminali. Una prima versione dell’emendamento, infatti, faceva rientrare nel condono anche reati non solo fiscali. Un’evenienza che il governo più volte in questi giorni ha sempre smentito. L’ultima proprio ieri mattina, con una promessa da parte di Tremonti: «È un nostro impegno quello di non includere nello scudo reati al di fuori del campo fiscale». Ma che non si parli di ripensamento. «Non si tratta di nessuna retromarcia, perché non abbiamo mai ingranato la marcia» dice Tremonti. Affermazioni categoriche che non collimavano, però, con l’emendamento presentato alla Camera. Solo nel pomeriggio è poi arrivato, sempre a firma dei relatori di maggioranza, una nuova versione dello scudo, con la dicitura esplicita che la regolarizzazione riguarda solo i «reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione». «Il governo ”c’ha provato”» ha commentato la capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti. Resta intatta, anche nella seconda versione, la parte che garantisce l’anonimato e in cui si impedisce di utilizzare la sanatoria come prova «a sfavore del contribuente, in ogni sede amministrativa o giudiziaria, in via autonoma o addizionale». La possibilità di accedere alla regolarizzazione partirà dal 15 settembre 2009 e ci sarà tempo fino al 15 aprile 2010. Nel testo non si fa riferimento esplicito all’aliquota del 5%, ma si cita un meccanismo a parole più complicato che fa riferimento a «un rendimento presunto del 2% annuo» e che di fatto porta a quell’aliquota. I capitali che si trovano nei Paesi dell’Ue potranno essere sia regolarizzati (lasciandoli all’estero) sia rimpatriati. Con questa norma, che diventerà legge nel momento in cui verrà approvato il decreto anticrisi, l’Italia è al suo terzo scudo fiscale in otto anni. I due precedenti ci sono stati nel 2001 e 2003 e hanno consentito un rimpatrio di capitali pari a circa 90 miliardi di euro, per un gettito complessivo di poco più di due miliardi di euro. La speranza ora è di recuperare circa tre miliardi di gettito. In ogni caso, l’emendamento non fornisce cifre, ma si limita a indicare un gettito simbolico di un euro. L’emendamento prevede anche il raddoppio delle sanzioni (non più dal 5 al 25%, ma dal 10 al 50%) per l’omessa dichiarazione di dentenzione di investimenti e attività all’estero. Viene però eliminata la possibilità di confisca. Da Bruxelles è già arrivato una sorta di via libera preventivo: «Si tratta di interventi che rientrano nel campo della tassazione diretta. Gli Stati membri dell’Ue possono certamente adottare questo tipo di misure, a patto che non siano in contrasto con i principi di base del mercato unico, come la non discriminazione e la libera circolazione dei capitali». |
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