Decreto ingiuntivo, parcellizzazione, inammissibilità, sussistenza Cassazione civile , sez. III, sentenza 27.01.2010 n° 1706
Non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro,
dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il
credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o
scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto
dell’obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con
unilaterale modificazione peggiorativa della posizione del debitore, si
pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che
deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione
del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per
ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto
processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale
diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli
strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di
una corretta tutela del suo interesse sostanziale. In conseguenza del
suddetto principio, pertanto, tutte le domande giudiziali aventi ad
oggetto una frazione di un unico credito sono da dichiararsi
improponibili.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 2 dicembre 2009 – 27 gennaio 2010, n. 1706
(Presidente Di Nanni – Relatore Musso)
Ricorrente Comune di Montesarchio e altro
Svolgimento del processo
Il
Comune di Montesarchio, con atto di citazione notificato il 15.11.03,
ha proposto appello avverso la sentenza n. 183/03 emessa dal Giudice di
Pace di Montesarchio, a seguito del giudizio di opposizione a dodici
decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi (n. 8/03, 9/03, 10/03,
11/03, 12/03, 13/03, 14/03, 15/03, 16/03, 17/03, 18/03, 19/03), emessi
dal Giudice di Pace di Montesarchio in data 16.1.03, a seguito dei
ricorsi proposti dall’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali
(I.P.R.S.) per il pagamento della complessiva somma di euro 11.486,06,
comprensiva di interessi, di cui alla fattura n. 40 emessa il 9.11.02
in danno del Comune di Montesarchio, oltre alle spese della procedura
monitoria.
L’appellante Comune ha dedotto la violazione degli
artt. 104 e 633 ss. c.p.c. e quindi, ha chiesto, in riforma della
impugnata sentenza, che fosse, dichiarata, in primo luogo, la nullità
dei decreti ingiuntivi emessi in favore dell’I.P.R.S., perché
illegittimamente intesi ad ottenere l’adempimento frazionato di
un’obbligazione pecuniaria unica; in secondo luogo il difetto di
legittimazione del Comune di Montesarchio per la sua estraneità al
rapporto controverso.
Costituitosi il convenuto I.P.R.S.,
l’adito Tribunale di Benevento, sezione distaccata di Airola, con la
decisione in esame n. 147/2005, depositata in data 23/09/2005,
rigettava l’impugnazione.
Ricorre per cassazione il Comune con
tre motivi; resiste con controricorso l’Istituto, che a sua volta
propone ricorso incidentale fondato su due motivi.
Motivi della decisione
Ricorso principale:
con
il primo motivo si deduce violazione dell’art. 100 c.p.c. e dell’art.
2697 c.c., e relativo difetto di motivazione; si fa presente in
proposito che il Comune di Montesarchio è carente di legittimazione
passiva non avendo contratto alcuna obbligazione con l’Istituto “bensì
come ente capofila di altri cinque enti”;
con il secondo motivo
si deduce violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., e relativo difetto
di motivazione, sul decisivo punto del ritenuto possibile frazionamento
del credito in questione;
con il terzo motivo si deduce
violazione degli artt. 633, 634 e 642 c.p.c. nonché violazione
dell’art. 2967 c.c., e relativo difetto di motivazione, per essere
stato il decreto ingiuntivo in questione emesso in mancanza dei
requisiti di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c.
Ricorso incidentale:
dopo
aver premesso che il Comune a fronte di sei decreti ingiuntivi non
poteva proporre un’unica opposizione ma avrebbe dovuto proporre singole
opposizioni ai decreti emessi, con il primo motivo si deduce
“correttezza della sentenza sulla legittimazione passiva del Comune di
Montesarchio” e con il secondo motivo si deduce “correttezza della
sentenza sulla frammentazione del credito”.
Si dispone la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Preliminarmente,
in relazione alla eccezione di inammissibilità del ricorso da parte del
resistente Istituto, deve rilevarsi che la stessa è infondata in
quanto, come già statuito da questa Corte (tra le altre, Cass. n.
7294/2007), dal principio di economia processuale consegue
l’ammissibilità di un unico atto di opposizione avverso più decreti
ingiuntivi emessi sul ricorso della stessa parte creditrice nei
confronti della stessa parte debitrice.
Quanto al ricorso
principale si osserva: infondato è il primo motivo in quanto ripropone
pedissequamente l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del
Comune, odierno ricorrente, già proposta in sede di gravame, ed in
relazione alla quale il Tribunale di Benevento (sezione distaccata di
Airola), sulla base dell’esame delle risultanze documentali, non più
valutabili nella presente sede di legittimità, ha sostenuto che il
Comune di Montesarchio “come esattamente statuito anche dal primo
Giudice, è l’unica valida controparte del creditore opposto I.P.R.S.
nel rapporto obbligatorio tra essi sorto in virtù della prodotta
convenzione, sottoscritta dalle due parti, e non contestata, per
l’espletamento dell’incarico della gestione professionale e del
servizio per il sostegno socio-educativo ai minori e alle famiglie con
utilizzo della disponibilità dei fondi regionali della legge 285/1997.
Inoltre, tale legittimazione può essere rinvenuta anche nella
circostanza, provata dal creditore opposto, che per analoghi servizi,
espletati dal creditore opposto nello stesso anno solare, il Comune di
Montesarchio risulta di avere provveduto al pagamento dei servizi,
sempre in virtù della detta convenzione”.
Fondato, invece, è il
secondo motivo: sulla base di un consolidato indirizzo di questa Corte
(tra le altre, Cass. n.28719/2008; S.U. n. 23726/2007) non è
consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in
forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in
plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate
nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto dell’obbligazione,
operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale
modificazione peggiorativa della posizione del debitore, si pone in
contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve
improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del
contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per
ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto
processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale
diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli
strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di
una corretta tutela del suo interesse sostanziale. In conseguenza del
suddetto principio, pertanto, tutte le domande giudiziali aventi ad
oggetto una frazione di un unico credito sono da dichiararsi
improponibili.
Inammissibile è il terzo motivo in quanto
l’apprezzamento del Giudice di merito in ordine ai requisiti per
l’emissione del decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 633 c.p.c. (nel
caso di specie la rilevanza delle depositate fatture e lo svolgimento
di attività commerciale da parte dell’Istituto) è incensurabile in sede
di legittimità.
Inammissibile, inoltre, è il ricorso incidentale
in quanto prospetta come “motivi di diritto per la correzione della
sentenza” e “motivi di diritto per la conferma della sentenza”, da un
lato, argomentazioni non configuranti autonome e specifiche censure
riguardo alla decisione impugnata e, dall’altro, deduzioni già addotte
in sede di eccezione preliminare (sopra già esaminata).
In
relazione al motivo accolto del ricorso principale e sussistendo i
presupposti per una decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., la Corte
accoglie l’opposizione al decreto ingiuntivo, che revoca, rigettando
l’originaria domanda.
Stante la natura della controversia
sussistono i giusti motivi per dichiararsi interamente compensate tra
le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La
Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso
principale e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione al decreto
ingiuntivo, che revoca (rigettando l’originaria domanda); rigetta il
primo motivo del ricorso principale e dichiara inammissibili il terzo
motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le
spese dell’intero giudizio.