Decreto sviluppo: assunzioni agevolate nel Mezzogiorno
Lo schema di Decreto Legge recante prime disposizioni urgenti per l’economia (Decreto sviluppo), approvato lo scorso 5 maggio dal Consiglio dei Ministri, prevede, tra l’altro, incentivi per le assunzioni di lavoratori nel Mezzogiorno. Nello specifico, ai fini della promozione della produttività nelle regioni in ritardo di sviluppo, l’articolo 2 del c.d. “decreto sviluppo” riconosce agevolazioni, sotto forma di credito d’imposta, in favore di quei datori di lavoro ubicati nelle Regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna), che assumono in pianta stabile lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati” secondo la definizione fornita dal Regolamento 800/2008/CE. Ai sensi dei commi 18 e 19, art. 2 del richiamato Regolamento, per lavoratori svantaggiati si intendono lavoratori privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ovvero privi di un diploma di scuola media superiore o professionale, ovvero che abbiano superato i 50 anni di età, ovvero che vivano soli con una o più persone a carico, ovvero occupati in professioni o settori con elevato tasso di disparità uomo-donna ovvero membri di una minoranza nazionale; per lavoratori molto svantaggiati, si intendono i lavoratori privi di lavoro da almeno 24 mesi. Nel caso di assunzione di lavoratori svantaggiati viene riconosciuto un “bonus” sotto forma di credito d’imposta pari al 50% dei costi salariali sostenuti nei dodici mesi successivi all’assunzione; “bonus” corrisposto per ventiquattro mesi qualora l’assunzione riguardi soggetti “particolarmente svantaggiati”. Nello schema di Decreto viene inoltre precisato che il diritto a fruire del credito d’imposta decade se, il numero complessivo dei dipendenti, è inferiore o pari a quello rilevato mediamente nei dodici mesi precedenti all’arco temporale di cui al comma 1; se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese; nei casi in cui vengano definitivamente accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, nonché nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale.