Dichiarare reddito falso (sotto i 4 mila euro) per esenzione ticket: nessun reato
E’ punibile solo con una sanzione amministrativa chi dichiara falsamente il reddito (restando al di sotto dei 3900 euro) per ottenere l’esenzione dal ticket sanitario. E’ quanto hanno stabilito le Sezioni Unite Penali della Cassazione, con la sentenza 25 febbraio 2011, n. 7537.
Secondo un primo orientamento la condotta del soggetto che attesti falsamente di trovarsi nelle condizioni di reddito, per fruire delle prestazioni del servizio sanitario pubblico, senza il versamento della quota di partecipazione alla spesa sanitaria, essendo connotata dall’artificiosa rappresentazione di circostanze di fatto, dovrebbe essere qualificata in termini di truffa, ex art. 640 c.p., comma 2. “Si è sostanzialmente di fronte ad una falsificazione della realtà, consistente nella dichiarazione di trovarsi nelle condizioni di reddito previste dalla legge per l’esenzione, e questo è un dato di fatto che da corpo all’elemento degli artifici e dei raggiri richiesto dalla fattispecie criminosa come sopra individuata”.
La condotta medesima, sempre secondo tale impostazione, non può essere ricondotta alla previsione di cui all’art. 316-ter c.p. (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), anche perchè l’elemento dell’esenzione da un pagamento resta estraneo alla nozione di “contributo, finanziamento o mutuo agevolato”, elementi questi ricompresi tutti nella generica accezione di “sovvenzione”.
Le Sezioni Unite penali hanno recentemente precisato che l’ambito di applicazione dell’art. 316-ter c.p. si riduce a situazioni del tutto marginali, come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l’autore della disposizione patrimoniale, aggiungendo come l’erogazione delle pubbliche sovvenzioni possa non dipendere da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell’erogatore nella misura in cui può legarsi, almeno in vìa provvisoria, all’esistenza della formale dichiarazione del richiedente.
Secondo un diverso orientamento, Nell’ambito delle erogazioni pubbliche di natura assistenziale, indicate dall’art. 316-ter c.p., rientrano anche quelle concernenti l’esenzione dal ticket per prestazioni sanitarie. Nel concetto di erogazione deve ritenersi compreso, infatti, non solo l’ottenimento di una somma di denaro a titolo di contributo, ma pure l’esenzione dal pagamento di una somma dovuta ad enti pubblici, perchè anche in tal caso il richiedente ottiene un vantaggio che viene posto a carico della comunità.
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza in commento hanno risolto il contrasto di cui sopra affermando che:
a) “il reato di cui all’art. 316-ter c.p. assorbe quello di falso previsto dall’art. 483 c.p. (falsità) ideologica commessa dal privato in atto pubblico) in tutti i casi in cui l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi costituiscono elementi essenziali per la sua configurazione”;
b) “La fattispecie di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o di altri enti pubblici, infatti, si configura come fattispecie complessa, ex art. 84 c.p., che contiene tutti gli elementi costitutivi del reato di falso ideologico”;
c) “Né può attribuirsi rilevo alla diversità del bene giuridico tutelato dalle due norme, considerato che in ogni reato complesso si ha, per definizione, pluralità di beni giuridici protetti, a prescindere dalla collocazione sistematica della fattispecie incriminatrice”;
d) “L’assorbimento del falso ideologico nel delitto di cui all’art. 316-ter del codice penale si realizza anche quando la somma indebitamente percepita o non pagata dal privato, non superando la soglia minima dell’erogazione (euro 3.999,96), integri la mera violazione amministrativa di cui al secondo comma dello stesso art. 316-ter”.
Tornando al caso di specie, i fatti contestati vanno ricompresi nello schema descrittivo dell’art. 316-ter c.p., ivi assorbiti i reati di falso e di truffa, ed a ciò consegue la declaratoria di non previsione del fatto come reato, in quanto non risulta superata la soglia di punibilità, ragguagliata al valore di Euro 3.999,96, indicata nel secondo comma della richiamata previsione legislativa.