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PIGNORAMENTO PRESSO TERZI PER CREDITI TRIBUTARI,
IMPUGNABILE DAVANTI AL TRIBUNALE, GIUDICE
DELL’ESECUZIONE.
La Corte di
Cassazione, con sentenza n. 9246 del 7 maggio 2015, esamina le norme che regolano il processo tributario e quelle
che attengono al processo di esecuzione, disciplinando i rapporti tra le due
normative.
Il
Tribunale infatti aveva ritenuto che, poiché il vizio eccepito dal contribuente
era stato quello della mancata notificazione della cartella ai sensi dell’art.
50, comma secondo, del D.P.R. n. 602/73, l’opposizione agli atti esecutivi al
Tribunale stesso fosse preclusa dall’art. 57, comma primo, lett. b) del decreto
sulla riscossione, trattandosi di un atto da impugnare in Commissione
Tributaria ai sensi dell’art. 19, comma primo (lett. d ed e), del d.l.vo n.
546/92.
Il
Collegio precisa dapprima il principio per il quale, nel procedimento
impositivo, ogni atto successivo, sia esso una cartella di pagamento o una
intimazione ad adempiere è nullo se non preceduto dalla regolare notifica
dell’atto presupposto (cfr. SS.UU. n. 16412/2007 e n. 5791/2008).
Secondo
presupposto può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta,
consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di
impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di
pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante
dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente
anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di
accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi
che inficiano quest’ultimo.
Nel primo
caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al
fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale
estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o
meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di
tale pretesa.» (così Cass. S.U. n. 5791/08; cfr., nello stesso senso, Cass. n.
16444/09, Cass. ord. n. 14861/12).
La peculiarità del procedimento di riscossione coattiva
tribuaria è data dal fatto che la sequenza procedimentale della riscossione
coattiva prevede:
– in luogo del titolo esecutivo, il ruolo formato
dall’ente impositore (ex art. 49
cit., c. 1);
– in luogo del precetto, la cartella di pagamento (cfr.
Cass. ord. n. 6721/12 ed altre) o l’avviso di mora o intimazione di pagamento
(cfr. Cass. n. 13483/0?, ord. n. 3374/12 ).
A tali ultimi atti (alla cartella di pagamento, se entro
l’anno dalla relativa notificazione; ovvero all’intimazione ad adempiere ai
sensi dell’art. 50, comma secondo, D.P. n. 602/73, se oltre l’anno)
segue il
pignoramento; quest’ultimo segna l’inizio del processo esecutivo per espropriazione
forzata anche quando vi procede il concessionario, oggi agente della
riscossione; quindi è il primo vero e proprio atto esecutivo del procedimento
di riscossione coattiva.
Ciò che
rileva al fine di valutare l’ammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi
dinanzi al giudice ordinario, ai sensi dell’art. 57, comma primo, lett. B) del
D.P.R. n. 602/73 non è il vizio che la parte deduce, bensì l’atto che è fatto
oggetto di impugnazione.
Se il
contribuente impugna l’atto presupposto -cartella di pagamento o avviso di
mora- chiedendone l’annullamento per irregolarità formali dell’atto o della sua
notificazione, l’opposizione agli atti esecutivi dinanzi al giudice ordinario
non è ammessa e la cognizione è riservata alla giurisdizione del giudice tributario.
Se impugna
invece l’atto di pignoramento e ne chiede la dichiarazione di nullità, facendo
valere vizi propri dell’atto o della sua notificazione ovvero il vizio
derivante dall’omessa notificazione dell’atto presupposto, l’opposizione agli
atti esecutivi dinanzi al giudice ordinario è ammissibile, anche se l’atto
presupposto della cui notificazione si tratta è una cartella di pagamento o un
avviso contenente l’intimazione ad adempiere
Il Collegio, su queste basi, ritiene che
debba essere corretta, in quanto erronea, la motivazione resa dal Tribunale
sulla ritenuta inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi per le
entrate tributarie, ai sensi dell’art. 57 del D.P.R. n. 602/73. Il Tribunale ha
infatti ritenuto che, avendo il ricorrente dedotto il vizio consistente nella
mancata notificazione (delle cartelle di pagamento e) dell’avviso ai sensi
dell’art. 50, comma secondo, del D.P.R. n. 602/73, l’opposizione agli atti
esecutivi non fosse ammessa ai sensi dell’art. 57, comma primo, lett. b), essendo
(il ruolo e la cartella di pagamento e) l’avviso di mora impugnabile soltanto
dinanzi alle commissioni tributarie ai sensi dell’art. 19, comma primo (lett. d
ed e), del d.l.vo n. 546/92.
L’errore del Tribunale sta nell’avere ritenuto rilevante,
ai fini del riparto di cui sopra, quindi dell’ammissibilità dell’opposizione
agii atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 cod, proc. civ,, «il vizio
concretamente dedotto in giudizio» piuttosto che l’atto oggetto
dell’impugnazione, cioè l’atto di pignoramento.
In conclusione,
va affermato il principio di diritto per il quale “in materia di riscossione
coattiva di crediti tributari, la correttezza del relativo provvedimento è
assicurata mediante il rispetto della sequenza procedimentale della
notificazione della cartella di pagamento o se l’espropriazione non è iniziata
entro un anno della notificazione dell’avviso contenente l’intimazione ad
adempiere previsto dall’art. 50 comma secondo, del D.P.R. 29 settembre 1973
n.602, cui segue l’atto di pignoramento. Pertanto, l’omissione della notifica
dell’uno e/o dell’altro degli atti presupposti costituisce un vizio procedurale
che comporta la nullità dell’atto di pignoramento col quale inizia
l’espropriazione forzata.
L’opposizione agli atti esecutivi avverso l’atto di pignoramento,
che si assume viziato, è ammissibile dinanzi al giudice ordinario, ai sensi
dell’art. 57 del D.P.R. n. 602/73 e dell’art. 617 cod. pro. civ., anche quando
ne venga fatta valere la nullità per omessa notificazione della cartella di
pagamento o dell’intimazione ad adempiere, con la conseguenza che, in tale
caso, il giudice dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di
notifica all’esclusivo fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto
consequenziale”.