Diffamazione a mezzo internet: TripAdvisor incassa un’altra vittoria
Nell’era del web 2.0 e di TripAdvisor, gli utenti assumono un ruolo determinante per la cd. “brand reputation” e possiamo affermare che la scalata alle varie classifiche presenti sulla più nota community di viaggiatori rappresenta un obiettivo primario per il management delle strutture alberghiere. Tuttavia, non sempre essere i primi in classifica rappresenta un plus per le strutture alberghiere. Ne sa qualcosa Grand Resort Hotel & Convention Center, un albergo del Tennessee, che è stato collocato al primo posto tra gli “America’s Dirtiest Hotels 2011” (alberghi più sporchi degli Stati Uniti).
Un risultato sicuramente poco onorevole, che oltre a suscitare le ire della proprietà, ha indotto quest’ultima a citare in giudizio TripAdvisor, affermando che la classifica pubblicata dalla community, frutto di affermazioni false e giudizi non veritieri, avrebbe creato un danno irreparabile alla propria attività. Inoltre, sempre secondo l’attrice, TripAdvisor avrebbe posto in essere una indebita intromissione nel business del Grand Resort Hotel & Convention Center rovinandone la reputazione. Sulla base di queste premesse la struttura alberghiera ha chiesto alla Corte del Tennessee di condannare TripAdvisor ad un risarcimento danni quantificato in 5 milioni di dollari e ad una ulteriore sanzione punitiva del medesimo importo.
Per giungere alla propria conclusione il Giudice ha in via preliminare affermato che per definire una affermazione diffamatoria, occorre che la stessa possa essere percepita in quanto tale da parte del pubblico. Ha inoltre ricordato che le ipotesi di diffamazione, in genere sono correlate con il Primo Emendamento, e tendono quindi a creare un inevitabile conflitto con la libertà di espressione. Il Primo Emendamento infatti tutela le dichiarazioni riferite ad opinioni personali, ad iperboli ed esagerazioni retoriche. La Corte del Tennessee, pur riconoscendo che non tutte le opinioni sono automaticamente protette dal Primo Emendamento, sottolinea che occorre verificare se si tratta di fatti oggettivi rappresentati in maniera distorta o non veritiera. Infine, sempre secondo il Giudice, è necessario verificare se una persona di media ragionevolezza possa percepire le dichiarazioni come fatto oggettivo o come semplice opinione dell’autore.
Sulla base di queste premesse la Corte ha affermato che una persona di media ragionevolezza è in grado di comprendere che la classifica degli hotels più sporchi è frutto di una serie di opinioni personali e non rappresenta una rappresentazione oggettiva dei fatti, in altre parole riesce a distinguere ciò che è “intrinsecamente soggettivo” da ciò che è “oggettivamente verificabile”. L’elencazione pubblicata da TripAdvisor dunque non rappresenta niente altro che la sintesi di milioni di utenti e conseguentemente non può essere ritenuta diffamatoria.
Questo il ragionamento seguito dal Giudice Philips, che ha concluso rigettando le richieste del Grand Resort Hotel & Convention Center.
Si tratta di una pronuncia che sicuramente farà discutere, in quanto il fenomeno delle recensioni, che ha assunto dimensioni impensabili sino a qualche anno fa, sembra che stia sfuggendo di mano. La volontà di primeggiare nelle varie classifiche, ha generato non poche distorsioni al sistema, con la nascita di società disposte da un lato a pubblicare recensioni positive per il committente, e dall’altro recensioni negative per le aziende concorrenti, il tutto ovviamente a fronte di un “adeguato” compenso economico. In questo scenario sarebbe auspicabile l’adozione di correttivi al sistema affinché non venga compromessa quella oggettività cui ha fatto riferimento la Corte del Tennessee nella propria sentenza. A conferma di ciò, TripAdvisor dovrà difendersi anche nel Regno Unito, dove il titolare di una struttura situato in una remota isola scozzese ha intentato una causa di risarcimento danni affermando che a causa di una recensione fasulla ha ricevuto una serie di cancellazioni da parte di clienti che già avevano prenotato.