Diffamazione e pubblicazione di messaggi a mezzo mailing list
Tribunale Brescia, sez. III civile, sentenza 16.09.2008
Le comunicazioni di notizie, contenute all’interno di una mailing list, oggetto di divulgazione da parte degli organi di stampa, non appartengono al novero della corrispondenza, la cui segretezza è tutelata dall’ordinamento giuridico. Lo ha deciso la Terza Sezione Civile del Tribunale di Brescia, con la sentenza del 16 Settembre 2008, la quale, nel precisare il concetto di segretezza della corrispondenza, disattende un recente orientamento della giurisprudenza di merito, ponendo sul tappeto una problematica che sembra per nulla risolta.
La vicenda
Il contenuto di alcuni messaggi, scambiati all’interno di alcune mailing list, tra le quali “inmovimento”, creata da una corrente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), della quale potevano far parte, magistrati, docenti universitari ed avvocati accomunati dall’interesse per i temi della giustizia, e “civilnet”, veniva comunicato al quotidiano Il Giornale ed alla rivista Panorama, i quali lo utilizzavano al fine di realizzare una campagna di stampa contro alcuni magistrati, in termini diffamatori, allo scopo di screditare e delegittimare l’operato dei giudici medesimi.
Secondo i ricorrenti, la diffamazione era perpetrata tramite violazione della segretezza propria dei messaggi contenuti all’interno delle suddette mailing list, cui dovevano applicarsi l’art. 15 della Costituzione, la legge n. 547/1993, sui reati informatici, il D.P.R. 513/1997, sul documento elettronico, nonché l’art. 17 del D.P.R. 28 Dicembre 2000, in tema di segretezza della corrispondenza trasmessa per via telematica.
La segretezza della corrispondenza, ex art. 15 Cost.
Come evidenziato dal Tribunale, in tema di libertà e segretezza della corrispondenza, “Libertà e segretezza costituiscono due distinte situazioni giuridiche soggettive, connesse dall’esigenza di fornire una tutela completa delle comunicazioni intersoggettive. Siffatto nesso non esclude, peraltro, che il mittente possa scegliere strumenti di comunicazione sforniti di materiali requisiti di segretezza, per tal modo rinunciando alla sola segretezza ma non alla garanzia costituzionale delle libertà di comunicazione, che sarà, per il resto, assoggettata alla meno garantista tutela della manifestazioni del pensiero ex art. 21 Cost.”.
Di conseguenza, accorta dottrina ritiene che, affinché si possa parlare di segretezza della corrispondenza, sia necessario il concorso di due elementi, costituiti, in particolare, da: a) il carattere personale ed intersoggettivo della comunicazione, costituito dalla determinatezza del destinatario; b) l’intenzione del mittente di comunicare con uno o più soggetti determinati (c.d. animus).
Recentemente, la giurisprudenza di merito, con la sentenza della Prima Sezione Civile del Tribunale di Milano, n. 66631, del 5 Giugno 2007, ha affermato come “i messaggi di posta elettronica, inviati nell’ambito della mailing list, denominata “inmovimento” costituiscono corrispondenza epistolare privata”, con la conseguenza che la pluralità dei soggetti destinatari di tali messaggi non sarebbe in grado di far venir meno la personalità della comunicazione, non diretta a soggetti indeterminati ma solo a coloro che risultino iscritti alla lista. Secondo il giudice meneghino, quindi, tutti i messaggi scambiati all’interno della mailing list debbono considerarsi caratterizzati dalla segretezza, in quanto tutelati dall’art. 15 Cost., nonché dall’art. 13, D.P.R. 513/1997.
Tesi che sembrerebbe trovare conferma nel parere dell’Autorità Garante della Privacy del 16 Giugno 1999, secondo il quale, in relazione ad una diversa mailing list, i messaggi circolanti all’interno della medesima debbono essere considerati come corrispondenza privata.
Lo scambio di messaggi tramite mailing list
Quello della mailing list è un meccanismo che permette, ai soggetti iscritti e che abbiano acceduto al medesimo mediante l’utilizzo di una password e di un ID, di ricevere ed inviare messaggi e posta elettronica agli appartenenti della lista. Come evidenziato dai convenuti, le liste di corrispondenza risulterebbero potenzialmente aperte a chiunque ne avanzi richiesta nei confronti del moderatore, previa mera comunicazione dei propri dati personali.
Posto che l’iscrizione alle mailing list di cui sopra è aperta, oltre ai magistrati, anche a soggetti non appartenenti all’ordine giudiziario, sebbene portatori di un interesse rispetto agli argomenti oggetto della discussione, non potrebbe sussistere, secondo il giudice, il requisito della previa determinazione o determinabilità dei destinatari del messaggio al momento del suo invio, essendo, tale categoria “potenzialmente suscettibile di continua ed istantanea variazione”. “[…] l’indifferenza alla riservatezza della comunicazione”, continua la Terza Sezione Civile, “non pare elemento trascurabile a maggior ragione nelle ipotesi, come quelle in esame, in cui i potenziali iscritti ad una mailing list sono nell’ordine di centinaia di migliaia”.
Da quanto brevemente premesso, il Tribunale di Brescia deduce il seguente principio, applicabile al caso di specie: “Pare, quindi, dubbia la sussistenza di un interesse effettivo dei partecipanti alle liste di corrispondenza in questione ad escludere soggetti terzi dal rapporto di comunicazione, non risultando dedotta né provata l’esistenza di cautele volte a garantire l’effettiva riservatezza della corrispondenza ed emergendo, piuttosto, indizi della consapevolezza, negli iscritti, di partecipare ad un dibattito libero per mezzo di uno strumento idoneo ad assicurare, almeno potenzialmente, la diffusione e circolazione di idee all’interno di una vasta cerchia di persone, concretamente insuscettibile di puntuale, previa, determinazione”.
La diffamazione a mezzo stampa. Cenni al diritto di cronaca e di critica politica.
Corollario dell’art. 21 Cost., disposizione che tutela e riconosce, quale diritto inviolabile del cittadino, la libertà di manifestazione del pensiero, è il principio della libertà di stampa, il quale consente la circolazione di notizie relativamente a tematiche oggetto di interesse dei consociati.
Come risaputo, la libertà di cronaca e di critica politica, per quanto tutelate, non possono essere esercitate indiscriminatamente, ma debbono sottostare ad alcune limitazioni, imposte al fine di evitare che, attraverso uno strumento lecito, si possa addivenire ad episodi di ingiuria e diffamazione, contrastati dal nostro ordinamento giuridico, rispettivamente agli artt. 594 e 595 c.p..
Tali limiti sono costituiti: a) dal rispetto del requisito della verità della notizia diffusa e dalla quale discende l’attività di critica; b) dal rispetto della forma utilizzata nell’esposizione della notizia (c.d. continenza espositiva); c) dall’interesse pubblico alla diffusione della notizia.
Le cose si complicano quando la manifestazione del pensiero coincide con la libertà di stampa; come affermato dal giudice, nella sentenza in epigrafe, “la giurisprudenza costante e condivisibile esprime, poi, la necessità che l’apprezzamento dei requisiti di rilevanza della causa di non punibilità avvenga con particolare rigore, e ciò in quanto deve ritenersi che al giornalista sia attribuito uno status privilegiato e ben si possa, quindi, pretendere un elevato grado di serietà e professionalità medesimo”.
Qualora il soggetto “descritto” all’interno della notizia sia un magistrato, posto che costui ha il dovere di tollerare le critiche che siano indirizzate al suo operato, appare evidente che, proprio in relazione alla particolare attività esercitata, va riconosciuto anche il diritto dello stesso di pretendere che il suo agire sia riferito con completezza e chiarezza.
Qualora, come nel caso di specie, la notizia consista nell’attribuire al magistrato un comportamento antidemocratico, beneficiando quest’ultimo come “rincoglion…”, affermazione idonea a svilire l’immagine del soggetto, tale condotta non potrà di certo trovare giustificazione nel corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica politica, ai sensi dell’art. 51 c.p..