Diffamazione e pubblicazione di messaggi a mezzo mailing list Tribunale Brescia, sez. III civile, sentenza 16.09.2008
Le comunicazioni di notizie, contenute all’interno di una mailing list,
oggetto di divulgazione da parte degli organi di stampa, non
appartengono al novero della corrispondenza, la cui segretezza è
tutelata dall’ordinamento giuridico. Lo ha deciso la Terza Sezione
Civile del Tribunale di Brescia, con la sentenza del 16 Settembre 2008,
la quale, nel precisare il concetto di segretezza della corrispondenza,
disattende un recente orientamento della giurisprudenza di merito,
ponendo sul tappeto una problematica che sembra per nulla risolta.
La vicenda
Il contenuto di alcuni messaggi, scambiati all’interno di alcune mailing list, tra le quali “inmovimento”,
creata da una corrente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM),
della quale potevano far parte, magistrati, docenti universitari ed
avvocati accomunati dall’interesse per i temi della giustizia, e “civilnet”, veniva comunicato al quotidiano Il Giornale ed alla rivista Panorama,
i quali lo utilizzavano al fine di realizzare una campagna di stampa
contro alcuni magistrati, in termini diffamatori, allo scopo di
screditare e delegittimare l’operato dei giudici medesimi.
Secondo
i ricorrenti, la diffamazione era perpetrata tramite violazione della
segretezza propria dei messaggi contenuti all’interno delle suddette mailing list,
cui dovevano applicarsi l’art. 15 della Costituzione, la legge n.
547/1993, sui reati informatici, il D.P.R. 513/1997, sul documento
elettronico, nonché l’art. 17 del D.P.R. 28 Dicembre 2000, in tema di
segretezza della corrispondenza trasmessa per via telematica.
La segretezza della corrispondenza, ex art. 15 Cost.
La
libertà di comunicazione, (art. 15 Cost.), si distingue dalla libertà
di pensiero, di cui all’art. 21 della nostra Carta fondamentale, per il
fatto secondo cui, mentre la prima tutela la dimensione “privata” della
persona umana, in quanto la trasmissione della notizia avviene nei
confronti di uno o più soggetti determinati, la seconda tutela la sua
dimensione “pubblica”, in relazione alle sue proiezioni
interindividuali e sociali, avvenendo, la trasmissione dei dati, nei
confronti di una pluralità indistinta di soggetti indeterminati o
indeterminabili.
Come evidenziato dal Tribunale, in tema di libertà e segretezza della corrispondenza, “Libertà
e segretezza costituiscono due distinte situazioni giuridiche
soggettive, connesse dall’esigenza di fornire una tutela completa delle
comunicazioni intersoggettive. Siffatto nesso non esclude, peraltro,
che il mittente possa scegliere strumenti di comunicazione sforniti di
materiali requisiti di segretezza, per tal modo rinunciando alla sola
segretezza ma non alla garanzia costituzionale delle libertà di
comunicazione, che sarà, per il resto, assoggettata alla meno
garantista tutela della manifestazioni del pensiero ex art. 21 Cost.”.
Di
conseguenza, accorta dottrina ritiene che, affinché si possa parlare di
segretezza della corrispondenza, sia necessario il concorso di due
elementi, costituiti, in particolare, da: a) il carattere personale ed
intersoggettivo della comunicazione, costituito dalla determinatezza
del destinatario; b) l’intenzione del mittente di comunicare con uno o
più soggetti determinati (c.d. animus).
Recentemente,
la giurisprudenza di merito, con la sentenza della Prima Sezione Civile
del Tribunale di Milano, n. 66631, del 5 Giugno 2007, ha affermato come
“i messaggi di posta elettronica, inviati nell’ambito della mailing list,
denominata “inmovimento” costituiscono corrispondenza epistolare
privata”, con la conseguenza che la pluralità dei soggetti destinatari
di tali messaggi non sarebbe in grado di far venir meno la personalità
della comunicazione, non diretta a soggetti indeterminati ma solo a
coloro che risultino iscritti alla lista. Secondo il giudice meneghino, quindi, tutti i messaggi scambiati all’interno della mailing list
debbono considerarsi caratterizzati dalla segretezza, in quanto
tutelati dall’art. 15 Cost., nonché dall’art. 13, D.P.R. 513/1997.
Tesi
che sembrerebbe trovare conferma nel parere dell’Autorità Garante della
Privacy del 16 Giugno 1999, secondo il quale, in relazione ad una
diversa mailing list, i messaggi circolanti all’interno della medesima debbono essere considerati come corrispondenza privata.
Lo scambio di messaggi tramite mailing list
Quello della mailing list
è un meccanismo che permette, ai soggetti iscritti e che abbiano
acceduto al medesimo mediante l’utilizzo di una password e di un ID, di
ricevere ed inviare messaggi e posta elettronica agli appartenenti
della lista. Come evidenziato dai convenuti, le liste di corrispondenza
risulterebbero potenzialmente aperte a chiunque ne avanzi richiesta nei
confronti del moderatore, previa mera comunicazione dei propri dati
personali.
Posto che l’iscrizione alle mailing list
di cui sopra è aperta, oltre ai magistrati, anche a soggetti non
appartenenti all’ordine giudiziario, sebbene portatori di un interesse
rispetto agli argomenti oggetto della discussione, non potrebbe
sussistere, secondo il giudice, il requisito della previa
determinazione o determinabilità dei destinatari del messaggio al
momento del suo invio, essendo, tale categoria “potenzialmente
suscettibile di continua ed istantanea variazione”. “[…] l’indifferenza
alla riservatezza della comunicazione”, continua la Terza Sezione
Civile, “non pare elemento trascurabile a maggior ragione nelle
ipotesi, come quelle in esame, in cui i potenziali iscritti ad una mailing list sono nell’ordine di centinaia di migliaia”.
Da quanto brevemente premesso, il Tribunale di Brescia deduce il seguente principio, applicabile al caso di specie: “Pare,
quindi, dubbia la sussistenza di un interesse effettivo dei
partecipanti alle liste di corrispondenza in questione ad escludere
soggetti terzi dal rapporto di comunicazione, non risultando dedotta né
provata l’esistenza di cautele volte a garantire l’effettiva
riservatezza della corrispondenza ed emergendo, piuttosto, indizi della
consapevolezza, negli iscritti, di partecipare ad un dibattito libero
per mezzo di uno strumento idoneo ad assicurare, almeno potenzialmente,
la diffusione e circolazione di idee all’interno di una vasta cerchia
di persone, concretamente insuscettibile di puntuale, previa,
determinazione”.
La diffamazione a mezzo stampa. Cenni al diritto di cronaca e di critica politica.
Corollario
dell’art. 21 Cost., disposizione che tutela e riconosce, quale diritto
inviolabile del cittadino, la libertà di manifestazione del pensiero, è
il principio della libertà di stampa, il quale consente la circolazione
di notizie relativamente a tematiche oggetto di interesse dei
consociati.
Come risaputo, la libertà di cronaca e di
critica politica, per quanto tutelate, non possono essere esercitate
indiscriminatamente, ma debbono sottostare ad alcune limitazioni,
imposte al fine di evitare che, attraverso uno strumento lecito, si
possa addivenire ad episodi di ingiuria e diffamazione, contrastati dal
nostro ordinamento giuridico, rispettivamente agli artt. 594 e 595 c.p..
Tali
limiti sono costituiti: a) dal rispetto del requisito della verità
della notizia diffusa e dalla quale discende l’attività di critica; b)
dal rispetto della forma utilizzata nell’esposizione della notizia
(c.d. continenza espositiva); c) dall’interesse pubblico alla
diffusione della notizia.
Le cose si complicano quando
la manifestazione del pensiero coincide con la libertà di stampa; come
affermato dal giudice, nella sentenza in epigrafe, “la
giurisprudenza costante e condivisibile esprime, poi, la necessità che
l’apprezzamento dei requisiti di rilevanza della causa di non
punibilità avvenga con particolare rigore, e ciò in quanto deve
ritenersi che al giornalista sia attribuito uno status privilegiato e
ben si possa, quindi, pretendere un elevato grado di serietà e
professionalità medesimo”.
Qualora il soggetto
“descritto” all’interno della notizia sia un magistrato, posto che
costui ha il dovere di tollerare le critiche che siano indirizzate al
suo operato, appare evidente che, proprio in relazione alla particolare
attività esercitata, va riconosciuto anche il diritto dello stesso di
pretendere che il suo agire sia riferito con completezza e chiarezza.
Qualora,
come nel caso di specie, la notizia consista nell’attribuire al
magistrato un comportamento antidemocratico, beneficiando quest’ultimo
come “rincoglion…”, affermazione idonea a svilire l’immagine del
soggetto, tale condotta non potrà di certo trovare giustificazione nel
corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica politica, ai
sensi dell’art. 51 c.p..
Tribunale di Brescia
Sezione III Civile
Sentenza 16 settembre 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BRESCIA
– Sezione Terza Civile –
nella persona del magistrato dott.ssa Maria Grazia Cassia, in funzione di Giudice unico
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
Nella
causa civile promossa con atto di citazione notificato in data 6.4.2004
e iscritta al n.6415 del Ruolo Generale Affari Civili Contenziosi per
l’anno 2004
Da
S. A., con gli avv.ti Luca Boneschi, Elio Cherubini e Massimo Zanoletti
ATTORE
contro
Società Europea di Edizioni S.p.A., B. M., F. S., con gli avv.ti Alessandro Munai e Emilio Midolo
CONVENUTI
nonché contro
Arnoldo Mondatori Editore S.p.A., r. C., O. A., con gli avv.ti Antonello Martinez e Claudio Bertoli
La causa è stata assegnata a sentenza sulle seguenti
CONCLUSIONI
PER
L’ATTORE: Piaccia al Tribunale Ill.mo, disattesa ogni avversa domanda,
eccezione, deduzione e comunque reietta: 1) in via principale: 1)
dichiarare la responsabilità per fatto illecito dei sg.ri T. O., C. r.
e della società editrice Arnoldo Mondatori Editore S.p.A., in persona
del legale rappresentante, nelle loro rispettive qualità, per i fatti
di cui in narrativa; per l’effetto, condannare questi ultimi, in via
tra loro solidale, risarcimento dei danni subiti dall’attore, danni che
si quantificano in € 200.000,00 o in quella maggiore o minore somma che
sarà ritenuta di giustizia, tenendo conto in particolare della qualità
della persona offesa e della sua collocazione professionale nonché
della grande diffusione del settimanale Panorama sul territorio
nazionale nonché via internet. 2) dichiarare la responsabilità per
fatto illecito dei sig.ri S. F., M. B. e della Società Europea di
Eidizioni S.p.A. in persona del legale rappresentante, nelle loro
rispettive qualità, per i fatti di cui in narrativa e, per l’effetto,
condannare questi ultimi in via solidale fra loro, al risarcimento dei
danni subiti dall’attore, danni che si quantificano in € 100.000,0 o in
quella maggiore o minore somma tenendo conto in particolare della
qualità della persona offesa e della sua collocazione professionale,
nonché della grado di diffusione del quotidiano Il Giornale sul
territorio nazionale nonché via internet. 3) ordinare la pubblicazione
della sentenza a spese dei convenuti su due quotidiani a diffusione
nazionale. 4) condannare altresì i convenuti T. O., C. r. e società
editrice Arnoldo Mondatori Editore S.p.A. in solido tra loro, al
pagamento della somma di € 35.000,00 o della diversa somma che verrà
ritenuta di giustizia e i convenuti S. F., M. B. e Società Europea di
Edizioni S.p.A., in solido tra loro, al pagamento della somma di €
20.000,00 o della diversa somma che verrà ritenuta di giustizia a
titolo di riparazione pecuniaria ex art. 12 l. 8 febbraio 1948 n. 47.
5) con vittoria di spse, diritti ed onorari del giudizio. In via
istruttoria come da memorie istruttorie autorizzate, istanze reiterate
in sede di precisazione delle conclusioni.
PER SOCIETA’ EUROPEA
DI EDIZIONI S.P.A., B. M., F. S.: rigettare tutte le domande formulate
dall’attore nei confronti dei convenuti in quanto infondate in fatto ed
in diritto, per le ragioni indicate in narrativa. Con vittoria di
spese, diritti ed onorari di causa. In via istruttoria come da memorie
istruttorie autorizzate, istanze reiterate in sede di precisazione
delle conclusioni.
PER ARNOLDO MONDADORI EDITORE S.P.A., r. C.,
O. A.: rigettare per tutti i motivi sopra esposti e come meglio, tutte
le domande rassegnate dall’attore dott. A. S. nei confronti dei
convenuti A. O., Arnoldo Mondatori Editore S.p.A. e r. C.. In via
istruttoria ci si oppone alle avverse richieste di prova testimoniale
per i motivi già indicati nella propria memoria di replica ex art. 183
V co e 184 c.p.c. Si dichiara di non accettare il contraddittorio sulle
domande nuove svolte da controparte, anche in via istruttoria.
Svolgimento del processo
Con
atto di citazione ritualmente notificato il magistrato S. A. conveniva
in giudizio la Società Europea di Edizioni S.p.A., nonché B. M., in
proprio e nella sua qualità di direttore de Il Giornale, e F. S.,
giornalista del suddetto quotidiano, in uno con la Arnoldo Mondadori
Editore S.p.A., r. C. in proprio e nella sua qualità di direttore di
Panorama nonché O. T., il giornalista della suddetta rivista, al fine
di ottenere l’accoglimento delle conclusioni in epigrafe trascritte.
A
fondamento delle stesse parte attrice esponeva di aver svolto funzioni
di sostituto procuratore presso la Procura Generale di Milano
dall’ingresso in magistratura sino al 1998, allorquando era stato
collocato fuori ruolo perchè quanto eletto al CSM; che, di seguito, era
stato nuovamente destinato alla Procura della Repubblica di Milano con
funzioni di Procuratore della Repubblica aggiunto; di essere stato uno
dei fondatori della corrente dell’ANM Movimento per la Giustizia e di
essere stato nominato Segretario Generale di tale corrente nel 2002; di
essere, per tali motivi, uno dei principali animatori della mailing
list denominata inmovimento – creata dalla corrente dell’ANM di
appartenenza – di cui possono far parte “magistrati (non
necessariamente essersi iscritti alla corrente), docenti universitari,
avvocati, accomunati dall’interesse per i temi della giustizia”; di
essersi iscritto anche ad altra mailing list, denominata civilnet,
creata da magistrati, avvocati e docenti universitari esperti di
diritto civile; che le modalità di iscrizione a inmovimento risultavano
puntualmente indicate nella dichiarazione scritta del suo creatore e
moderatore, il magistrato L. R.; che all’atto dell’iscrizione il
presidente della mailing list inmovimento inviata ad ogni nuovo
iscritto una lettera indicante le modalità di utilizzo dei messaggi
contenuti nella lista, tra le quali figurava il divieto di divulgare le
missive conosciute attraverso la partecipazione alla mailing list; che
la partecipazione a civilnet prevedeva analoghe modalità di iscrizione
e prescrizioni di riservatezza; che il contenuto di alcuni messaggi
circolati sulle suddette mailing list erano state comunicate al
quotidiano Il Giornale ed alla rivista Panorama, i quali le avevano
utilizzate per realizzare una campagna di stampa contro alcuni
magistrati e contro il dottor A. S. in particolare, e ciò in termini
diffamatori ed al precipuo fine di screditarne e delegittimarne
l’operato; che gli articoli specificatamente contestati contenevano
affermazioni inveritiere ed ingiuriose che non potevano trovare
giustificazione nell’esercizio del diritto di cronaca e di critica,
stante il mancato rispetto dei principi della verità oggettiva,
pertinenza e continenza dell’informazione; che la diffamazione era
stata perpetrata anche al fine di screditare nel suo complesso la
magistratura milanese, creando una polemica preordinata ad essere
utilizzata nei processi milanesi che vedevano coinvolti il Presidente
del Consiglio Silvio Berlusconi e l’avv.to Cesare Previti, il che
aggravava la valenza diffamatoria degli articoli, rendendo palese
l’intento lesivo, cui risultavano evidentemente strumentali
l’aggressività e la spregiudicatezza con la quale erano stati superati
i limiti del diritto di cronaca; che la diffamazione era stata
perpetrata tramite la violazione della segretezza propria dei messaggi
contenuti dalle citate mailing list, cui dovevano ritenersi applicabili
l’art. 15 Cost, la legge n.547/93 sui reati informatici, il D.P.R.
513/93 sul documento elettronico e l’art. 17 D.P.R. 28.12.2000 sulla
segretezza della corrispondenza trasmessa per via telematica; che tanto
la diffamazione, perpetrata a mezzo stampa, che la violazione della
segretezza della corrispondenza, integrando lesione di diritti assoluti
e fonte di danno morale nonché ex art. 12 l.n. 47/1948, andavano
risarciti dai convenuti stante le rispettive responsabilità degli
stessi – come specificatamente individuate – e ciò nei termini di cui
in epigrafe.
Si costituivano in giudizio la Società Europea di
Edizioni S.p.A., B. M. e F. S. contestando le prospettazioni attoree e
la fondatezza delle avverse pretese, articolando a loro volta una
diffusa difesa in replica agli assunti attorei.
In
particolare, parti convenute osservavano che la questione oggetto del
contendere andava inquadrata nell’ambito del dibattito in corso nel
paese in merito alla presunta politicizzazione della magistratura, da
ritenersi scaturito da un preciso evento storico etichettato dai mass
media come la “stagione di Mani Pulite”; che nell’ambito di tale
dibattito si erano creati diversi ed opposti movimenti di opinione,
volti a confutare ovvero a negare – a seconda delle impostazioni –
l’esistenza di forme di schieramento politico all’interno della
magistratura; che non era un mistero il fatto che Il Giornale, edito
dalla società convenuta, aveva da sempre affermato l’esistenza di una
categoria di magistrati ostentatamente militanti in determinati gruppi
politici, ed in quanto tali passibili di essere sospettati di non
esercitare il loro ufficio con serenità nei confronti di soggetti
appartenenti a schieramenti politici diversi ed opposti; che, nello
stesso contesto, era conseguentemente dibattuta la questione
dell’opportunità che un magistrato esternasse le proprie idee
politiche, sicchè poteva comprendersi l’interesse suscitato nella
stampa convenuta dalla intervenuta conoscenza di mail inviate da
magistrati dal contenuto esplicitamente critico nei confronti di Silvio
Berlusconi e del suo partito, rappresentato come una “associazione”
avente quale programma quello di assicurare “l’impunità da gravi reati
ai propri aderenti e di perseguire ulteriori fini di carattere
criminoso”, ed i cui elettori dovevano ritenersi “rincoglioniti”; che
nelle mailing list in questione mentre il mittente era agevolmente
riconoscibile da parte dei destinatari del messaggio, doveva escludersi
il contrario, e ciò in quanto il messaggio veniva trasmesso in tempo
reale a tutti gli utenti risultanti iscritti in quel momento alla
medesima lista; che detti utenti rappresentavano un gruppo indistinto e
variegato, essendo stati individuati dallo stesso creatore della lista
indicata, oltre che nei magistrati, in qualsiasi soggetto avente un
“effettivo interesse alle attività del gruppo” e dunque, doveva
ritenersi, in qualsiasi cittadino interessato ai problemi della
giustizia; che il rischio della divulgazione del contenuto dei messaggi
era noto agli utenti, essendo agli stessi segnalato come da
documentazione prodotta dalla stessa parte attrice, ove si leggeva
l’invito ad esprimersi in lista “con toni e contenuti” propri di una
“conversazione pubblica”; che quindi non era pertinente il richiamo
alla segretezza della corrispondenza, stante l’intederminatezza del
pubblico cui era rivolta; che comunque non poteva configurarsi
violazione della segretezza nell’ipotesi in cui il soggetto terzo
avesse acquisito il messaggio da parte di un destinatario dello stesso;
che gli articoli censurati dall’attore riferivano fatti incontestati
con modalità legittime e proprie dell’esercizio del diritto di cronaca
nonché di critica nei confronti del magistrato S.; che l’espressione
“rincoglionimento” utilizzata dal giornalista non doveva ritenersi
riferita al predetto e comunque andava letta in chiave ironica; che i
fatti riferiti negli articoli oggetto di censura attorea erano tali da
giustificare la critica rivolta dal giornale al magistrato attore e che
sussisteva l’interesse della collettività ad essere informata
dell’attivismo politico di un magistrato, sicchè il diritto di cronaca
prevaleva sul diritto alla riservatezza; che il diritto di critica non
soggiaceva al limite della continenza formale bensì unicamente a quello
dell’interesse pubblico e sociale della critica; che la lesione posta a
fondamento della pretesa risarcitoria non risultava comunque provata e
che per tutti i motivi esposti la domanda attorea andava integralmente
rigettata.
Si costituivano altresì in giudizio la Arnoldo
Mondatori Editore S.p.A., r. C. e O. T. contestando la propria
legittimazione passiva nonchè la versione dei fatti offerta dall’attore
e comunque la fondatezza della relativa pretesa. In particolare, i
suddetti convenuti negavano l’idea, suggerita dall’attore, di una
orchestrazione da parte degli organi di stampa convenuti al fine di
screditarlo di fronte all’opinione pubblica, e ciò tenuto conto anche
del fatto che gli articoli de Il Giornale e di Panorama che si era
occupati delle vicende in questione erano usciti a distanza di circa 7
mesi gli uni dagli altri; che l’attore, quale magistrato conosciuto
nonché segretario generale di una importante corrente dell’Associazione
Nazionale Magistrati, doveva ritenersi personaggio pubblico; che la
questione delle e-mail contenute in alcune mailing list era stata
divulgata dal settimanale perché di rilevante interesse per l’opinione
pubblica, e ciò anche in quanto la stessa risultava collegata ad un
importante processo che si svolgeva avanti al Tribunale di Milano; che
per uno dei fatti attribuiti all’attore vi era stata una pronta
rettifica in un articolo pubblicato la settimana seguente sulla
medesima rivista, mentre le altre circostanze riferite corrispondevano
a verità; che la pubblicazione delle e mail era avvenuta allorquando le
stesse erano già note al pubblico perché già pubblicate dal Il
Giornale, tanto è vero che la difesa degli imputati Silvio Berlusconi e
Cesare Previti le aveva prodotte in dibattimento; che le stesse erano
state anche allegate all’esposto presentato dal magistrato D. al CSM
oltre che al consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli e Salerno,
al Ministro della Giustizia ed al Procuratore Generale della Repubblica
presso la Suprema Corte di Cassazione; che in ogni caso il Garante
della Privacy aveva ritenuto che i messaggi circolanti all’interno di
una mailing list fossero corrispondenza riservata, riconoscendo
peraltro ai singoli iscritti il diritto di divulgare i messaggi
ricevuti ed affermando la sola illiceità dell’abusiva intercettazione
di messaggi ad opera di non iscritti; che le questioni affrontate dal
settimanale erano di natura politica e che il problema della
politicizzazione di alcuni magistrati era di interesse pubblico,
essendo peraltro dibattuto anche all’interno della stessa magistratura;
che comunque gli articoli non travalicavano il limite della continenza
espositiva e non avevano portata diffamatoria; che in ogni caso non vi
era prova né del preteso danno né del nesso di causalità tra lo stesso
e l’illecito attribuito ai convenuti, sicchè la domanda attorea andava
in ogni caso rigettata.
Il processo si svolgeva nel corso di
varie udienze per consentire alle parti di articolare compiutamente le
rispettive difese, anche istruttorie.
A seguito del fallimento
del tentativo di conciliazione la causa, istruita sulla base della
documentazione prodotta da entrambe le parti, veniva discussa e decisa
sulle conclusioni in epigrafe trascritte, previa concessione alle parti
dei termini di legge per memorie conclusionali e repliche.
Motivi della decisione
L’eccezione
di nullità della domanda ex art. 163 c.p.c. svolta dai convenuti
Società Europea di Edizioni S.p.A, B. M. e F. S. deve ritenersi
infondata emergendo con evidenza delle diffuse allegazioni attoree che
i fatti illeciti posti a fondamento della pretesa risarcitoria attorea
sono le prospettate lesioni dell’onore e reputazione professionale
nonché del diritto alla segretezza della corrispondenza.
L’eccezione
di difetto di legittimazione passiva svolta dalla società editrice
della rivista Panorama e dai convenuti r. ed O. è priva di pregio
emergendo con evidenza dalla prospettazione dei fatti nonché dalle
conclusioni precisate dall’attore che la richiesta di risarcimento
danni viene rivolta ai predetti convenuti separatamente ed in relazione
ai soli articoli pubblicati sulla rivista Panorama, essendo peraltro
chiaro che tra le diverse domande svolte dall’attore nei confronti dei
due distinti gruppi di soggetti convenuti vi è comunanza di questioni,
tale da giustificarne il cumulo ex art.103 c.p.c..
Nel merito,
l’esame delle diverse e delicate questioni rilevanti per la decisione
della presente controversia viene compiuto secondo il seguente ordine:
A) Segretezza della corrispondenza scambiata dagli utenti di mailing list.
L’attore
lamenta la violazione della segretezza della propria corrispondenza
quale fatto illecito in sé, e dunque quale autonoma fonte di danno
risarcibile, nonché in quanto circostanza idonea a “rafforzare” la
valenza diffamatoria degli articoli oggetto di censura. Il che si
comprende avuto riguardo al fatto che ciò che differenzia la libertà di
comunicazione ex art. 15 Cost dalla libertà di pensiero ex art. 21
Cost. è le stesse distinguono e tutelano, rispettivamente, la
dimensione “privata” e quella “pubblica” della persona umana, in ordine
alle sue proiezioni interindividuali e sociali. Deve quindi ritenersi
che, secondo l’assunto attoreo, i convenuti avrebbero arrecato offesa
alla sua reputazione di magistrato, da sempre impegnato con correttezza
e dedizione ai propri doveri d’ufficio, diffondendo opinioni da lui
espresse in conversazioni destinate a rimanere segrete; ciò al fine di
screditarlo quale magistrato, offrendone una immagine di persona
parziale ed il cui agire sarebbe mosso da finalità incompatibili con il
proprio ruolo.
A sostegno della propria tesi parte attrice
invoca, tra l’altro, la recente sentenza dal Tribunale di Milano, sez.
I civ., n.66631 del 5.6.2007, ove si afferma che “i messaggi di posta
elettronica inviati nell’ambito della mailing list denominata In
Movimento costituiscono corrispondenza epistolare privata”; ciò sul
rilievo che la pluralità dei destinatari non escluderebbe la
personalità della comunicazione, comunque diretta non a soggetti
indeterminati bensì “a tutti gli iscritti alla lista, i quali hanno
fornito i propri dati personali risultando identificabili e sono stati
accettati dal moderatore. (…) Ne consegue che i messaggi scambiati
nell’ambito della mailing list in esame sono caratterizzati dalla
segretezza e godono della tutela di cui all’art. 15 Cost, agli artt.
616 e 618 cp nonché all’art. 13 del d.p.r. n. 513/97” (cfr. sent. cit.
in atti).
Sull’argomento in questione, parte attrice richiama
altresì il parere della Autorità Garante della privacy 16.6.1999, ove
si legge che i messaggi circolanti sulla mailing list denominata
“Diplomazia” “vanno considerati alla stregua di corrispondenza
privata”; ciò peraltro sulla scorta di una motivazione estremamente
succinta, ossia, essenzialmente, sul rilievo che trattasi di posta
elettronica, in quanto tale tutelata dalla legge n. 547/1993 sui reati
informatici nonchè dal D.p.r. n. 513/1997 sul documento elettronico .
A
parere di questo giudice la questione in esame presenta tuttavia
profili più delicati e complessi, che necessitano di adeguato
approfondimento.
A) a)– La segretezza della corrispondenza
La libertà e la segretezza della corrispondenza sono garantite dall’art. 15 Cost..
Libertà
e segretezza costituiscono due distinte situazioni giuridiche
soggettive, connesse dall’esigenza di fornire una tutela completa della
comunicazioni intersoggettive. Siffatto nesso non esclude peraltro che
il mittente possa scegliere strumenti di comunicazione sforniti di
materiali requisiti di segretezza, per tal modo rinunciando alla sola
segretezza ma non alla garanzia costituzione della libertà di
comunicazione, che sarà per il resto assoggettata alla meno garantista
tutela della manifestazioni del pensiero ex art. 21 Cost.
La
distinzione tra le aree protette dalle due libertà non è peraltro
sempre agevole. E’ quindi necessario approfondire il concetto di
segretezza della corrispondenza. Secondo la migliore dottrina, gli
indici di riconoscimento della segretezza della comunicazione sono sia
di tipo soggettivo e formale che di tipo oggettivo.
In
sintesi, si ritengono decisivi i seguenti elementi: 1) il carattere
personale ed intersoggettivo della comunicazione, costituito dalla
determinatezza del destinatario o dei destinatari; 2) l’animus del
mittente, ossia la sua intenzione di comunicare con altro od altri
soggetti determinati – intenzione che deve peraltro emergere da
elementi di fatto, ossia essenzialmente dal mezzo utilizzato,
potenzialmente idoneo ad escludere soggetti terzi dalla conoscenza del
messaggio.
Quale ausilio per l’inquadramento di ipotesi di
dubbia interpretazione, vi è poi chi suggerisce di aggiungere ai
requisiti della determinatezza del destinatario e dell’animus del
mittente, quello della commutabilità di ruoli di mittente e
destinatario.
A) b) la corrispondenza telematica ed il servizio di mailing list
Preliminare
alla verifica della riconducibilità dell’ipotesi in esame alla
categoria delle comunicazioni caratterizzate dalla segretezza ex art.
15 Cost. è poi chiarire cosa siano i servizi di posta elettronica e di
mailing list.
Com’è noto, la posta elettronica è un sistema per
la trasmissione di messaggi fra computer collegati in rete. Per inviare
e ricevere messaggi l’utente si collega con il computer al server ove
ha aperto la propria mail-box, scrive il messaggio e poi lo invia
all’indirizzo del destinatario. Il server del mittente invia il
messaggio al server del destinatario, che lo manterrà in memoria sino
al momento della lettura. Per leggere la mail il destinatario si
collega a sua volta al proprio server, scarica il contenuto della
casella di posta e visualizza quindi il messaggio con un apposito
programma.
Quanto alla mailing list, l’enciclopedia libera
Wikipedia ne propone la seguente definizione: “La mailing list
(letteralmente, lista per corrispondenza, dalla lingua inglese;
traducibile in italiano con lista di diffusione) è un sistema
organizzato per la partecipazione di più persone in una discussione
tramite email”.
Dalla medesima fonte si apprende che la
partecipazione ad una mailing list può essere libera (lista pubblica
aperta a tutti ed alla quale ci si può iscrivere senza verifiche),
controllata da un moderatore (che valuta la richiesta di iscrizione, ma
può in alcuni casi può anche decidere quali messaggi possono essere
inoltrati e quali no), bloccata (solo il moderatore può iscrivere nuovi
membri).
Le possibili scelte di configurazioni di una mailing
list sono peraltro ulteriori e numerose, potendo la mailing list
prevedere o meno: 1) un archivio dei messaggi, accessibile via web; 2)
la possibilità di iscrizione diretta da parte dei membri, via web o
posta elettronica, ovvero esclusivamente da parte dell’amministratore,
manualmente; 3) la possibilità di verificare la richiesta di iscrizione
per essere sicuri che sia autentica; 4) la possibilità per chiunque,
anche non iscritto, di inviarvi messaggi; 5) l’esistenza di filtri che
bloccano i messaggi che non sono rispettosi di determinate
caratteristiche, ovvero dei relativi allegati; 6) la possibilità che
l’elenco degli iscritti sia pubblico, accessibile solo ai membri della
mailing list o riservato all’amministratore della stessa; 7) la
possibilità che i messaggi vengano inviati immediatamente a tutti i
membri ovvero secondo la modalità cd. digest; 8) il controllo dei
messaggi da parte del moderatore prima della ritrasmissione agli altri
iscritti.
A fronte di siffatte, numerose possibilità di
configurazione, pare semplicistica l’equiparazione tout court alla
posta elettronica dei messaggi inviati ad una lista di corrispondenza,
sotto il profilo della tutela della segretezza, e ciò tenuto conto del
fatto che il bene tutelato dall’art. 13 Cost. non è la corrispondenza
in quanto tale, ma il rapporto che si instaura, per mezzo della
corrispondenza, tra i soggetti della comunicazione.
A parere
di questo giudice l’applicazione automatica di norme e principi
giurisprudenziali validi per i mezzi di comunicazione tradizionali agli
schemi propri dei nuovi strumenti di comunicazione interpersonale
offerti da internet risulta conseguentemente problematica,
prospettandosi per l’interprete la necessità di affrontare e risolvere
taluni dubbi e difficoltà.
A) c) La soluzione interpretativa, previo esame del singolo caso concreto
La
necessità di un approfondimento si appalesa già sulla scorta del
rilievo che non pare risolutiva, ai fini della decisione della
questione in esame, la circostanza che l’accesso ad una mailing list
sia condizionato all’uso di password, fornita ad una pluralità di
soggetti determinati. Ciò in quanto la funzione della password è quella
di consentire al server, che eroga il servizio di mailing list (e
dunque al provider, ossia al fornitore del servizio), di verificare che
il soggetto interessato sia registrato al servizio richiesto. Poiché
tutti i servizi erogati dal server necessitano dell’uso di una
password, è piuttosto alla natura del servizio reso che occorre
guardare, essendovi notoriamente servizi che offrono la possibilità di
conoscere dati e informazioni la cui segretezza non è in alcun modo
tutelata.
Ora, la libertà di comunicazione ex art. 15 Cost. si
distingue dalla libertà di manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost
per il fatto che l’espressione e la trasmissione (mediata o diretta) di
idee e notizie avviene, nel primo caso, nei confronti di uno o più
soggetti destinatari previamente determinati e identificati; nel
secondo caso nei confronti di una pluralità indistinta di soggetti,
previamente indeterminati o indeterminabili.
La forma espressiva
assume quindi rilevanza, in quanto il mezzo di trasmissione del
messaggio utilizzato deve risultare idoneo ad assicurare, nel primo
caso, l’esclusività della conoscenza da parte di predeterminati
destinatari, e nel secondo caso, almeno in via potenziale, la massima
dilatazione del messaggio informativo.
In sostanza, occorre
quindi indagare sulle caratteristiche della relazione esistente tra i
soggetti rispettivamente mittente e destinatari del messaggio inviato
ad una mailing list. La ratio della protezione della segretezza della
corrispondenza risiede infatti nella personalità della comunicazione,
in quanto espressione della dimensione “privata” del soggetto, mentre
la “vocazione” pubblica dello stesso risulta piuttosto tutelata
dall’art. 21 Cost.
Posta l’esistenza di differenti, possibili
scelte di configurazione di una mailing list, è quindi necessario
verificare, nello specifico, quali siano le caratteristiche del sistema
cui il mittente affida il proprio messaggio .
Nel caso di
specie, le allegazioni offerte in proposito dall’attore sono le
seguenti: 1) “di inmovimento possono far parte magistrati (non
necessariamente iscritti alla corrente), docenti universitari,
avvocati, accumunati dall’interesse per i temi della giustizia” mentre
civilnet è una mailing list “creata da magistrati, avvocati e docenti
universitari esperti di diritto civile”; 2) “sono ammesse soltanto le
persone che forniscono tutti i dati anagrafici e, se magistrati, le
funzioni; se non magistrati occorre la prova che le persone siano
effettivamente interessate alle attività di in movimento e della
corrente di cui la mailing list è emanazione” 3) l’indirizzo del
soggetto è inserito manualmente dal moderatore, dopo averne vagliato la
posizione. Una volta iscritta, la persona interessata può ricevere la
posta inviata dagli appartenei alla mailing list e a propria volta
inviare posta a tutti gli appartenenti alla stessa. Per accedere
all’archivio dei messaggi di posta elettronica, occorre una password e
un ID. 4) gli iscritti vengono messi al corrente delle regole, tra cui
il divieto di divulgazione delle missive conosciute attraverso la
partecipazione alla mailing list (cfr. atto di citazione).
Deve
ritenersi che allegazioni di cui sopra siano pacifiche in causa, ad
eccezione di quelle relative alla dedotta verifica della posizione dei
soggetti richiedenti l’iscrizione. Infatti, secondo i convenuti le
liste di corrispondenza in questione risultano potenzialmente aperte “a
chiunque ne avanzi richiesta nei confronti del moderatore, previa
semplice comunicazione dei propri dati personali” (cfr. comparsa di
costituzione della difesa del Il Giornale). Deve peraltro rilevarsi
che, in proposito, la stessa parte attrice omette di precisare in cosa
di concreterebbe la verifica dei dati, ed assai generica risulta, sul
punto, anche la dichiarazione resa in data 11.1.2003 dal “creatore e
moderatore della lista denominata In Movimento” prodotta quale
documento 2 dalla parte attrice; dichiarazione che tuttavia, provenendo
da soggetto che non è parte nel giudizio, può assumere al più valore
indiziario, nella misura in cui non sia contestata dalla controparti.
Sulla questione parte attrice non ha comunque ritenuto di dedurre
ulteriori elementi di prova.
In conclusione, deve quindi osservarsi quanto segue.
Parte
attrice, che afferma la sussistenza del requisito della determinatezza
dei destinatari, 1) non allega, né tanto meno offre prova
dell’esistenza di verifiche da parte del moderatore idonee a stabilire
la veridicità di quanto dichiarato dai soggetti richiedenti
l’iscrizione alla mailing list, né a garantire l’autenticità delle
relative iscrizioni; 2) non allega né tanto meno offre prova del fatto
che l’elenco degli iscritti alla mailing list fosse conoscibile, oltre
che dal moderatore, anche dagli iscritti. Nè è dato sapere quanti
fossero gli iscritti all’epoca dei fatti per cui è causa.
Ora,
alla luce di tutto quanto sopra esposto, poiché deve ritenersi che, al
di fuori della categoria dei magistrati, l’iscrizione alle liste per
corrispondenza in questione era consentita anche a soggetti diversi
dagli appartenenti all’ordine giudiziario, identificati sulla base
della mera dichiarazione da parte degli stessi dell’appartenenza ad una
determinata categoria professionale, ovvero del fatto di essere
portatori di un interesse rispetto agli argomenti oggetto di
discussione; poiché, ulteriormente, deve ritenersi che l’iscrizione di
nuovi utenti, ad opera del moderatore, così come la cancellazione dalla
lista (da ritenersi libera, in difetto di diversa allegazione sul
punto) avvenisse in tempo reale, deve conseguentemente desumersi che
nel caso di specie, non solo non sussistesse il requisito della previa
determinazione o determinabilità dei destinatari del messaggio al
momento del suo invio, ma vi fosse altresì la sostanziale indifferenza,
quanto all’animus del mittente, rispetto alla categoria dei
destinatari, in quanto potenzialmente suscettibili di continua ed
istantanea variazione, nell’ambito di una cerchia di soggetti tra i
quali potevano astrattamente figurare sedicenti appartenenti alle
categorie ammesse. L’indifferenza (e dunque la mancanza di interesse
del mittente) alla riservatezza della comunicazione, a parere di questo
giudice, non pare elemento trascurabile a maggior ragione nelle
ipotesi, come quella in esame, in cui i potenziali iscritti ad una
mailing list sono nell’ordine delle centinaia di migliaia . Si
consideri che i soggetti abilitati alla professione forense sono circa
200.000; aggiungendovi i magistrati ed i professori universitari, si
perviene a numeri propri di una città di medie dimensioni. Pare quindi
difficile, anche dal punto di vista dell’animus del mittente, cogliere
la dimensione “personale” della corrispondenza scambiata nell’ambito di
un servizio di tale potenziale diffusione, difettando, e per il numero
e natura dei soggetti iscritti (e potenziali tali), e per le modalità
di accesso e di uscita, una effettiva relazione tra i gli utenti, che
non risultano di fatto collegati tra loro da una qualche relazione
sufficientemente stabile, anche sotto il profilo della
interscambiabilità del ruolo mittente destinatario. In proposito, si
aggiunge, nel caso di specie, l’esistenza, all’epoca dei fatti per cui
è causa, di un archivio dei messaggi accessibile da parte degli
iscritti, con la conseguenza che un dato messaggio di fatto poteva
avere per destinatario anche un soggetto che non risultava iscritto
alla mailing list al momento dell’invio.
Da ultimo, deve
osservarsi che le regole di comportamento che, ad iscrizione avvenuta,
venivano comunicate al nuovo aderente, includevano il divieto di
divulgare le missive conosciute attraverso la partecipazione alla
mailing list; ciò peraltro in uno con l’invito ad esprimersi “sempre in
lista con toni e contenuti che” utilizzabili “anche in una
conversazione pubblica” (cfr. doc. n. 3 di parte attrice). Pare quindi
dubbia la sussistenza di un interesse effettivo dei partecipanti alle
liste di corrispondenza in questione ad escludere soggetti terzi dal
rapporto di comunicazione, non risultando dedotta né provata
l’esistenza di cautele volte a garantire l’effettiva riservatezza della
corrispondenza ed emergendo piuttosto indizi della consapevolezza,
negli iscritti, di partecipare ad un dibattito libero per mezzo di uno
strumento idoneo ad assicurare, almeno potenzialmente, la diffusione e
circolazione delle idee all’interno di una vasta cerchia di persone,
concretamente insuscettibile di puntuale, previa determinazione .
L’interesse del singolo alla segretezza, in tale contesto, risulterebbe
quindi oltre modo protetto.
In conclusione, deve quindi
ritenersi che le comunicazioni in esame, oggetto di divulgazione da
parte degli organi di stampa convenuti, non appartengano al novero
della corrispondenza la cui segretezza è tutelata dalla normativa
invocata in citazione.
Diviene quindi irrilevante stabilire se i
messaggi di posta elettronica riferibili all’attore ed oggetto di
pubblicazione offrano dello stesso una immagine diversa da quella che
risulta dal complesso delle interviste che il dott. S. ha liberamente
ritenuto di concedere, stante la ritenuta divulgabilità delle
esternazioni ivi contenute.
B) la diffamazione a mezzo stampa; peculiarità rispetto alla posizione del magistrato
B) a) i fatti specifici dedotti in giudizio
Occorre
ora analizzare gli scritti oggetto delle doglianze attoree, tenendo
presente che, per giurisprudenza costante e condivisibile, la relativa
valenza diffamatoria va valutata attraverso un apprezzamento di tipo
sia sintetico che analitico, e dunque in relazione alla loro portata ed
alla tesi in essi sostenuta.
Questi i fatti esposti dall’attore, dallo stesso documentati e comunque pacifici in causa:
Quanto
al quotidiano Il Giornale: 1) In un articolo del 13.1.2002 veniva resa
nota l’esistenza di mailing list di magistrati, e ciò nel contesto
della notizia relativa ad una intervista rilasciato dal giudice A. D.;
il quale, ad una domanda in merito “all’aria di odio che tira in una
parte della magistratura”, rispondeva come segue: “Basta leggere le
e-mail di alcuni magistrati che scrivono nella mailing list di
un’associazione per accorgersi ictu oculi quanto grave, radicato,
integralista e profondo sia l’odio – sul piano personale – che essi
nutrono nei confronti del presidente Berlusconi e del governo,
esternato con invettive e volgari ingiurie, addirittura nei confronti
della maggioranza dei cittadini che hanno votato l’attuale compagine
governativa”;
2) lo stesso quotidiano il giorno successivo,
14.1.2002, dedicava un’intera pagina alla polemica scaturita dal
discorso pronunciato da Francesco Saverio Borrelli a Milano in
occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. In particolare, in
un articolo a mezza pagina dal titolo “Il partito dei giudici si
ritrova in chat per condannare sempre il Cavaliere” – dedicato alla
mailing list “in movimento” – presentata come emanazione di Movimenti
Riuniti e di Magistratura Democratica – venivano riportati stralci di
alcune lettere di magistrati contenenti, a parere del giornalista
convenuto S. F., “frasi gravissime. Vergognose ed indegne non di un
magistrato, ma di un cittadino italiano”. Nel contesto di tale articolo
veniva evidenziata la polemica nata tra alcuni di loro ed il già citato
magistrato A. D. in merito alla questione della politicizzazione della
magistratura e menzionato il dott. S. nei seguenti termini: “Ma il
dibattito rischia di scivolare su una china troppo poco “borrelliana” e
“lombardizzata”. Ci pensa A. S. (uno dei sette-otto magistrati del
Movimento che, attorno alla fine del ’97 – inizio ’98, hanno creato
questo interessante strumento di dibattito, confronto e circolazione di
notizie”) a riportare il dibattito sui giusti binari. “Ho notato che
ultimamente il livello di “violenza verbale” (tale è secondo me) che si
è manifestato nella mailing list del Movimento è diventata
intollerabile”. Se la prenderà con la toga di Lecce che ha dato dei
rincoglioniti agli italiani che hanno votato quel signore “decisamente
fesso” che risponde al nome di Silvio Berlusconi. No. L’infilzato è “il
collega A. D. che risponde in modo secco e piccato a un messaggio di
Vittorio Gaeta, certamente colorito, che forse urtava la sensibilità di
qualcuno (sia ben chiaro: non la mia) ma che aveva chiare connotazioni
ironiche e non offendeva nessuno di coloro che scrivono e leggono in
lista. E’ chiaro che se questo modo di intervenire nella mailing list
prendesse il sopravvento , si finirebbe con il disincentivare la lista
e incentivare la disconnessione”. L’articolo prosegue poi con la
seguente frase: di cui viene lamentata la valenza diffamatoria:
“Capito? Il “democratico” S., che è pure membro del Consiglio Superiore
della magistratura, difende chi lancia insulti e accusa chi se ne sente
colpito. Ovviamente la sua sensibilità non ne è colpita. Il
rincoglionimento sta dilagando”;
3) sempre su Il Giornale, il
26.7.2002 veniva pubblicato un articolo dal titolo: “I giudici anti
polo caduti nella rete”. In esso si esordiva riferendo che il giudice
A. D., che aveva a suo tempo denunciato l’uso politico di una mailing
list da parte di magistrati – fatto che si rammenta essere già stato
suo tempo reso noto da Il Giornale, e che si riferisce essere ripreso
dal “numero di Panorama oggi in edicola” – aveva dovuto scoprire quanto
fosse “pericoloso mettere in piazza i vizi privati di una parte delle
toghe”. Infatti, a quanto riferito dal Giornale, il D. era stato a sua
volta denunciato per violazione dell’obbligo di riservatezza, era stato
cancellato dalla mailing list e il suo pc era stato bersagliato dai
virus. In merito alla denuncia a suo tempo inoltrata dal D., l’articolo
prosegue riportando le seguenti affermazioni, che l’attore denuncia
come diffamatorie: “Il CSM affidava il caso al consigliere A. S.,
leader della corrente Movimenti riuniti (una delle più critiche verso
il governo) e promotore anni fa di un’altra mailing list. Un magistrato
che sul web, il 3 gennaio scorso (rivela Panorama) scriveva: Mi accorgo
che, involontariamente sto scivolando verso questioni giuridiche,
mentre la questione è ormai quella del regime e delle modalità di
resistenza”. Non è un caso che S. venerdì 19 abbia stabilito il “non
luogo a provvedere”. Ma c’è di peggio: il giorno prima, attraverso
civilnet aveva informato che i consiglieri di Movimenti riuniti “hanno
preannunciato la richiesta di apertura di una pratica finalizzata a
valutare il comportamento del dottor D. relativamente alle sue
interviste, aventi per oggetto comunicazioni di cui doveva essere
assicurata la riservatezza. La vicenda amministrativa non finisce qui.
Tanto più che D. si appresta a presentare un altro ricorso al CSM per
diffidare sia S. che altri magistrati di Movimenti riuniti e di
Magistratura Democratica, a occuparsi nuovamente del suo caso “per
conflitto di interessi”. L’articolo prosegue rivelando che internet è
diventato uno “dei più affollati terreni di incontro delle correnti di
sinistra della magistratura” e che oltre a civilnet “va per la maggiore
Inmovimento”, ove sarebbe possibile trovare di tutto, “un po’ di
diritto, molta politica. (…) Ogni tanto capiterà persino di imbattersi
nell’anticipo di qualche sentenza, E’ quanto teme anche la difesa di
Cesare Previti. Tanto più che il presidente del collegio giudicante del
processo Sme, L. P., è associata alla corrente di A. S.”
4) il
contenuto negli articoli de Il Giornale di cui sopra viene ripreso in
un articolo del medesimo quotidiano del 21.1.2003 che riferisce del
ricorso presentato dai difensori di Berlusconi per ottenere lo
spostamento del processo che lo vede imputato per corruzione da Milano
a Brescia, e ciò in forza della “nuova legge Cirami”. Il legittimo
sospetto della non imparzialità del giudice, secondo i legali di
Berlusconi, emergerebbe anche dalle esternazioni dei magistrati in
rete, così, al sottotitolo “A. S. e il dialogo in rete”, si legge
quanto segue: “A. S. è il principale animatore del dibattito via e-mail
avviato dai magistrati progressisti in parallelo al processo. E S. non
è un giudice qualsiasi: è stato consigliere al CSM sino alla scorsa
estate, oggi è procuratore aggiunto proprio a Milano. Giusto un anno fa
S. bolla come “incredibile e gravissimo” il provvedimento che aveva
negato la proroga del giudice Guido Brambilla al penale e quindi nel
collegio dello Sme. Era stato peraltro proprio Brambilla a chiedere in
un primo momento il passaggi al Tribunale di sorveglianza, innescando
il controcircuito istituzionale ed il bracio di ferro CSM-Ministro.
“Faccio ammenda – scrive S. – per aver contribuito a quella delibera
(firmata dal CSM che in un primo momento aveva dato il via libera al
passaggio, n.d.r.). Forse avremmo dovuto ignorare le regole, ma mi
accorgo che, involontariamente, sto scivolando verso questioni
giuridiche mentre la questione è ormai quella del regime e delle
modalità di resistenza”. “S., notano gli avvocati – investiga,
s’informa, controlla addirittura le scansioni del processo, offre
consigli tecnici ai colleghi milanesi per vanificare il provvedimento
del Ministro, invoca l’organizzazione della resistenza al regime, si
rammarica di aver rispettato le regole. Il fine della condanna di
Berlusconi – è la conclusioni – giustifica i mezzi.
Quanto alla
rivista Panorama: 1) in un lancio stampa via internet del 25.7.2002
sotto il titolo “Toga rossa corre sul web” si annuncia un servizio
sulle mailing list in movimento e civilnet e sui messaggi ivi scambiati
dai magistrati. “Dalla lettura (dei messaggi) emergono numerosi
aspetti: il taglio politicizzato delle mail, il web come luogo
prescelto da Md e Movimenti riuniti non solo per organizzarsi, fare
collette destinate a pagare pagine di pubblicità contro il governo (…)
e alimentare il proselitismo, ma anche per criticare frontalmente
l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi e intervenire sui processi Sme
e Imi – sir Lodo Mondatori in corso a Milano. Numerose mail indicano in
A. S., consigliere del CSM, il principale punto di riferimento per i
magistrati di sinistra, il vero leader. Ed è S. che per primo parta di
“regime” e di “resistenza”. Lo fa in una mail del 3 gennaio, ben prima
del “resistere, resistere, resistere” di Francesco Saverio Borrelli (12
gennaio 2002). Parole di S.: Mi accorgo che, involontariamente, sto
scivolando verso questioni giuridiche, mentre la questione è ormai
quella del regime e delle modalità di “resistenza””.
2) nel
numero di Panorama dell’1.8.2002 viene ripresa la polemica sorta nel
gennaio 2002 in civilnet tra il giudice D. ed alcuni suoi colleghi, in
quanto il primo, avendo definito la mailing list un “forum di attivismo
e militanza politica”, ed era stato “coperto di insulti dai colleghi”.
Vi si riferisce quindi dell’esposto presentato al CSM dal medesimo
giudice D. al fine di ottenere un pronunciamento sulla compatibilità
dei comportamenti di costoro con il prestigio dell’ordine giudiziario.
Circa l’esito, si afferma quanto segue: “Non l’avesse mai fatto. Il
Csm, per tutta risposta, ha affidato il caso al consigliere A. S.,
leader della corrente Movimenti riuniti e promotore alcuni anni fa di
un’altra mailing list per i magistrati della sua corrente (…) il quale
venerdì 19 luglio ha stabilito il nono luogo a provvedere sull’esposto
del giudice D.. Non solo. In un messaggio inviato il giorno prima,
giovedì 18, alla mailing list Civile, S. ha precisato che “i
consiglieri del Movimento (la corrente da lui guidata, ndr) hanno
preannunciato la richiesta di apertura di una pratica finalizzata a
valutare il comportamento del dottor D. relativamente alle sue
interviste aventi per oggetto comunicazioni di cui doveva essere
assicurata la riservatezza”. Un’intimidazione elettronica? Sta di fatto
che D., per nulla intimorito (al suo computer sono stati spediti ben
sei messaggi contenenti un virus elettronico) si prepara a presentare
al nuovo CSM un ricorso con cui intende diffidare sia S. (iudex in
causa propria”) sia i magistrati dei Movimenti riuniti e di
Magistratura democratica, a occuparsi nuovamente del suo caso “per
conflitto di interessi. L’articolo prosegue rilevando che la polemica
D.-S. aveva “squarciato il velo su un mondo (…) quello delle mailing
list delle correnti politiche dei magistrati” quali di “militanza
organizzata” e di “propagando delle due correnti di sinistra. Una
militanza che, come si può facilmente appurare su Internet, sconfina
spesso e volentieri nei tentativi espliciti di condizinalre l’attività
giudiziaria, soprattutto i processi contro Silvio Berlusconi e Cesare
Previti, tenuti sotto osservazione costante dalle mail delle toghe
rosse. Per tocC. con mano basta fare un po’ di surf tra le mailing list
civilnet e in movimento, a partire dal gennaio 2002. S. vi recita la
parte del leader in ogni mail, Se la prende con il ministro della
Giustizia, Roberto Castelli, definisce “incredibile e gravissimo” il
provvedimento con cui, a Capodanno, ha nominato giudice di sorveglianza
Guido Brambilla, uno dei due giudici a latere del processo Sme-Ariosto,
e aggiunge: “l’atto del ministro si colloca nello stesso alveo delle
leggi sul falso in bilancio, sulle rogatorie, sul rientro anonimo dei
capitali occulti illecitamente costituiti all’estero. Logico il
sospetto che si tratti di atti finalizzati alla tutela di interessi
particolari”. Ovvero a beneficio di Silvio Berlusconi e di Cesare
Previti, bersagli fissi nella mail di S., che analizza i passaggi
salienti dei processi a loro carico a Milano, fino a suggerire vere e
proprie direttive. Una sua mail del 3 gennaio così conclude: “Mi
accordo che, involontariamente, sto scivolando verso questioni
giuridiche, mentre la questione è ormai quella del regime e delle
modalità di resistenza” E questa è davvero una sorpresa” secondo il
giornalista, il convenuto Oldi, che firma l’articolo in esame; il quale
vorrebbe che il copyright della “resistenza” al regime “berlusconiano”,
evocata da Borrelli alla cerimonia di inaugurazione dell’anno
giudiziario presso il Tribunale di Milano venisse “restituito al
legittimo titolare, il dottor S.”. E ciò in quanto, “A giudicare da
quanto si legge sul web, è lui il faro, il punto di riferimento di
molti magistrati di sinistra, che gli dedicano elogi sperticati. (…) Ed
è sempre S. che, con una mail sul successo delle manifestazioni di
protesta svoltesi nelle maggiori città in occasione delle inaugurazioni
dell’anno giudiziario, sollecita i colleghi “a verificare dove si sono
verificate tiepidezze ed a chi devono essere attribuite: è ora di
distinguo”. L’articolo prosegue riferendo che dalle mail emergerebbero
altri “dettagli interessanti. Non c’è solo S. che impartisce direttive
e scomuniche politiche, come quella a Mario Cicala, subito costretto
alle dimissioni da segretario dell’Associazione nazionale magistrati”.
Vi sarebbe anche altri esempi di magistrati militanti, tra i quali
Andrea Marini, membro del CSM e associato a Md, di cui vengono riferite
le opinioni espresse in uno scritto pubblicato sul bimestrale
“Questione giustizia”, in merito alle prove di colpevolezza in mano
all’accusa nel processo contro Berlusconi e Previti. Per concludere
come segue: “Se dunque Marini fa parte di magistratura democratica, se
S. è il leader di movimenti riuniti, se al movimento di S. è associata
L. P., che presiede il collegio giudicante del processo Sme, è forse
così fuori di logica la richiesta di S. S., legale di Cesare Previti,
di avere l’elenco dei magistrati iscritti alle due correnti di
sinistra?. Cioè dei pm e dei giudici che, come documentano il web e
centinaria di pagine di saggi, sono pregiudizialmente ostili a
Berlusconi e Previti, e che nei loro scritti hanno già emesso sentenza
di condanna?. E’ compatibile tutto ciò con il giusto processo (…). E se
Previti dice: Più che difendermi dal processo, ormai devo difendermi da
metà della corporazione dei giudici”, come dargli torto?.
3) nel
numero della rivista pubblicato il 13.8.2002 risulta pubblicato un
articolo in cui, sotto il titolo “manovre elettorali – chi candida S.”
si legge quanto segue: “Si prepara un futuro politico per A. S., ex
membro del Csm?. La voce circola nel centro sinistra, dove il
magistrato è un riferimento per i temi della giustizia e vanta ottimi
rapporti con Nando Dalla Chiesa e con Francesco Rutelli. Pare che la
Margherita abbia persino sondato la Quercia (ma senza molto successo).
Per candidare S. alle elezioni suppletive nel collegio senatoriale di
Pisa in sostituzione del ds Luigi Berlinguer, eletto nel nuovo CSM”.
B) b) La diffamazione a mezzo stampa ed i diritti di cronaca e di critica politica
La
ratio dell’art. 21 Cost. – norma che sancisce il diritto alla libera
manifestazione del pensiero ed altresì il principio della libertà di
stampa – risiede nel consentire la più ampia circolazione delle notizie
e delle opinioni al fine della formazione della cd. pubblica opinione,
soprattutto su temi di interesse generale. L’art. 21 Cost. va poi letto
in connessione con gli artt. 2 e 3 Cost. perché la libera circolazione
delle idee si configura quale fattore di sviluppo della personalità
umana. Queste premesse servono per comprendere la ratio dei diritti di
cronaca e di critica, ed i relativi limiti. In merito al diritto di
informazione (cd. diritto di cronaca) è infatti chiaro che, nell’ambito
dell’ interesse pubblico ad una corretta formazione dell’opinione
pubblica, hanno uguale rilievo e dignità tanto il diritto/dovere di
informare che il diritto di essere informati. Sicchè, per quanto qui
rileva, il diritto ad essere informati – dal quale, come detto, dipende
la reale libertà di opinione, di critica ecc.. – esige la verità del
fatto – notizia divulgato. Ciò vale anche per il diritto di critica. Le
differenze tra i due diritti (il primo dei quali attiene alla
informazione circa i fatti narrati, il secondo implica una valutazione
di persone ed avvenimenti pubblici) non comportano, peraltro, una
sostanziale differenza sotto il profilo dei requisiti di liceità per
l’ipotesi in cui la manifestazione del pensiero collida con i diritti
fondamentali della persona, aventi del pari rilevanza costituzionale.
Così, si è da tempo chiarito in giurisprudenza che il requisito della
correttezza espositiva (cd. continenza) sussiste per entrambi i
diritti. Se infatti è indubbio che la critica, esprimendosi in un
giudizio o in una opinione, non può pretendersi, per sua natura,
obiettiva (come si richiede, invece, per l’esercizio del diritto di
cronaca) è altresì indubbio che l’uso delle espressioni e dei toni, per
quanto aspri, non possa comunque sconfinare nelle affermazioni
gratuitamente denigratorie e nel puro insulto.
Ulteriormente,
è di tutta evidenza che laddove la valutazione e l’opinione si fondino
su dati di fatto, anche per il diritto di critica si pone il problema
della verità della notizia da cui la critica muove, sicchè anche per
tale manifestazione del pensiero, nel bilanciamento con l’onore e la
reputazione della persona che ne costituisce oggetto, viene posto il
limite della verità.
Per il legittimo esercizio di entrambi i
diritti, ove sia in gioco la reputazione altrui, si pone infine il
problema della forma utilizzata (cd. continenza espositiva). Così- per
fare un esempio di immediata comprensione – se è vero che anche ad una
mera elencazione di fatti può essere sottesa una scelta volta ad
indirizzare verso un’unica conclusione, e se è evidente che detta
scelta rappresenta in sé e per sé esercizio del diritto di critica, è
evidente che anche la forma ha la sua importanza, in quanto le notizie
possono essere presentate anche in modo subdolo, grazie all’uso di
accostamenti ed omissioni, sì da far passare per informazioni dei veri
e propri giudizi di valore.
Concludendo, deve ritenersi che
onore e reputazione della persona rappresenT. un limite alla libera
manifestazione di pensiero e che solo l’interesse pubblico sotteso alla
disciplina dettata dall’art. 21 Cost., come sopra individuato, possa
giustificare la non punibilità di condotte lesive dell’altrui
reputazione. Quando la libera manifestazione del pensiero coincide con
la libertà di stampa, la giurisprudenza costante e condivisibile
esprime poi la necessità che l’apprezzamento dei requisiti di rilevanza
della causa di non punibilità avvenga con particolare rigore, e ciò in
quanto deve ritenersi che al giornalista sia attribuito uno “status
privilegiato” e ben si possa quindi pretendere un elevato grado di
serietà e professionalità del medesimo.
Una ulteriore
considerazione si impone per l’ipotesi, come quella in esame, in cui a
lamentare la violazione della propria reputazione da parte della stampa
sia un magistrato.
Premesso che il magistrato ha il dovere di
tollerare le critiche al suo operato, va comunque affermato il
diritto-dovere dello stesso di pretendere che il suo agire sia riferito
con la dovuta completezza e chiarezza. Deve infatti osservarsi che la
funzione dallo stesso esercitata ha evidenti connotati e ricadute di
pubblico interesse, ed al tempo stesso si caratterizza per il
particolare prestigio che deve assumere e preservare nella pubblica
opinione, prestigio funzionale al rispetto che deve esigere dai
consociati.
In questo campo quindi si coglie in modo
particolare la lesività di informazioni e di opinioni che si fondino su
cd. “mezze verità”, ossia di notizie riportate in modo superficiale o
incompleto e che possono arrivare anche a stravolgere il significato di
una determinata condotta; ciò tenuto conto anche del fatto che è
inopportuno, quanto meno da un punto di vista deontologico, che un
magistrato si metta in polemica con il giornalista, e comunque la
possibilità di reazione dello stesso deve ritenersi limitata quanto ai
modi ed ai toni, proprio a motivo della funzione che il magistrato
incarna.
B) c) l’applicazione dei principi riferiti al caso di specie
L’analisi
degli scritti in questione, alla luce delle doglianze attoree, tenuto
conto delle argomentazioni difensive dei convenuti, ed avuto riguardo
ai principi di cui sopra, consente di concludere come segue.
Deve
in primo luogo evidenziarsi l’esistenza di due espressioni ingiuriose
in sé e per sé, contenute nell’articolo a firma del convenuto F. e
prodotto quale doc. n. 5 di parte attrice; il F. attribuisce allo S. un
comportamento antidemocratico, beneficiandolo dell’appellativo
“rincoglionito”; giudizio ed appellativo idonei all’evidenza a svilire
l’immagine del destinatario, e che non possono certo trovare
giustificazione nei fatti riferiti e posti a fondamento dei giudizi
suddetti, per quanto veritieri (vedi polemica insorta tra D. ed alcuni
collegi iscritti alla mailing list civilnet).
Ciò chiarito, deve
ritenersi che la valutazione complessiva degli articoli, distintamente
considerati in relazione alla loro rispettiva imputazione ai due gruppi
di soggetti convenuti, consenta di trarre le seguenti conclusioni.
Vi
una tesi dichiarata, sottesa agli articoli in questione – tesi cui
peraltro accennano le stesse difese dei convenuti per contestualizzare
i fatti e per evidenziarne il profilo di pubblico interesse: vi sono
magistrati politicizzati da ritenersi, in quanto tali, indegni del
ruolo. Vi è poi una sottotesi, da ritenersi chiaramente esplicitata, o
comunque nel complesso all’evidenza suggerita ai lettori: tra i
magistrati di cui sopra, ve n’è un nutrito gruppo “lombardizzato”, e
più in particolare milanese, che ha come proprio leader Borrelli ma,
più ancora, e prima ancora, S.; trattasi di magistrati dichiaratamente
ostili nei confronti del presidente del consiglio. Di qui la
conclusione: i processi/procedimenti che riguardano Berlusconi sono già
decisi in quanto direttamente o indirettamente nelle mani di siffatta
categoria di magistrati, pregiudialmente ostile all’allora premier ed
animata da odio nei confronti dello stesso.
Trattasi di tesi
certamente legittima (art. 21 Cost., libertà di opinione) ma altamente
diffamante per i soggetti passivi della stessa.
La tesi in
questione risulta proposta da organi di stampa ad ampia diffusione a
livello nazionale (cfr. sul punto anche doc. n. 19 di parte attrice),
che si pregiano del titolo di “cani da guardia (watch-dog) della
democrazia e delle istituzioni, anche giudiziarie” e che in astratto lo
saranno anche, ma i cui editori sono certamente collegati con il
soggetto che, nei fatti, può trarre beneficio dalla diffusione
nell’opinione pubblica delle tesi di cui sopra
Né può
sottacersi il fatto che la situazione dei mezzi di informazione a
livello nazionale sia stata oggetto di osservazione da parte di diversi
organismi internazionali, che ne hanno evidenziato vari profili di
criticità quanto al rispetto della libertà di informazione e ciò con
riguardo anche all’epoca dei fatti per cui è causa.
Tali
considerazioni giustificano a maggior ragione, a parere di questo
giudice, il rigore nella valutazione del comportamento del giornalista,
la cui professionalità e correttezza viene a maggior ragione in
evidenza.
Tanto chiarito, occorre quindi verificare la
lamentata valenza diffamatoria degli scritti in questione quanto alla
posizione del magistrato S..
Ora, deve ritenersi che negli
articoli in contestazione, singolarmente e complessivamente considerati
– articoli di cui devono rispondere tanto l’editore che il direttore
responsabile, (mentre all’evidenza, i giornalisti convenuti rispondono
quanto agli articoli rispettivamente a loro firma) – la persona dello
Sparato venga rappresentata quale quella di un magistrato critico verso
il governo, che non nasconde le proprie idee politiche di sinistra,
potente in quanto membro del CSM ed avendo un ruolo attivo all’interno
della associazione, che usa detto potere a suo vantaggio (agendo in
conflitto di interesse ed in modo tale da precostituirsi, mediante il
suo attivismo politico, un futuro anche nella politica attiva), che ha
un vasto seguito tra i magistrati politicizzati, soprattutto milanesi,
tanto da essere a capo di un partito di giudici, e che adopera il suo
potere e la sua influenza per condizionare in modo decisivo gli esiti
di determinati processi in corso, che coinvolgono il presidente del
consiglio Berlusconi.
Rispetto alla rappresentazione di cui
sopra, deve osservarsi che le uniche circostanze incontestate, e che
trovano comunque un riscontro oggettivo, sono che l’attore, membro del
CSM, svolge un ruolo attivo nella magistratura associata, che lo stesso
non fa mistero delle sue opinioni politiche (ma sul punto vige anche
per il magistrato il diritto alla libera manifestazione del pensiero,
per quanto sia doveroso da parte sua di esprimersi con equilibrio e
misura) e della sua contrarietà rispetto a talune iniziative
dell’allora compagine governativa (il che del pari risulta legittimo,
salvi i limiti di cui sopra); è infine vero (e comunque ammesso dallo
stesso interessato) che lo S. è uno dei principali animatori della
mailing list denominata in movimento (cfr. atto di citazione).
Le
ulteriori affermazioni devono per contro ritenersi tutte prive di
riscontri oggettivi e, nonostante ciò, risultano esternate con modalità
caratterizzate dal una complessiva superficialità e grossolanità
espositiva, che peraltro nulla toglie alla suggestività delle tesi
proposte, ed alla relativa capacità di convincimento dell’opinione
pubblica, anche in forza di una sapiente commistione di informazioni ed
apprezzamenti, tale da suggerire la prevalenza dell’aspetto informativo
rispetto alle conclusioni proposte.
Non è infatti vero che il
CSM ha assegnato l’”esposto” D. al consigliere S., che lo stesso ne ha
disposto “il non luogo a provvedere”, e che parte attrice ha
preannunciato attraverso la mailing list l’apertura di una pratica nei
confronti del D..
La diversa versione dei fatti fornita dallo
S. è non solo documentata (cfr. docc. nn. 15 e ss. fascicolo attoreo),
ma deve altresì ritenersi incontestata dalle parti, mentre non assume
rilievo l’obiezione dei convenuti circa l’esistenza di una successiva
rettifica operata da Panorama quanto alla prima delle due informazioni
di cui sopra. Rettifica che, oltre a non assumere la veste propria
dello strumento risarcitorio normativamente previsto per le ipotesi in
esame, risulta inserita in un contesto tale da renderla nei fatti
assorbita dall’esternazione di ulteriori giudizi di disvalore espressi
nei confronti di S. A. (cfr. articolo di Panorama dell’8.8.2002, doc.
n. 13 di parte attrice).
Se è poi vero che lo S. è il principale
animatore della mailing list inmovimento, non vi sono riscontri di
alcuni tipo a sostegno dell’affermazione secondo cui il dibattito in
rete sarebbe stato parallelo al processo e che in rete si trovassero
anticipi di sentenze o indicazioni per i magistrati coinvolti nei
procedimenti in questione, e dunque elementi per affermare che lo S.
abbia in qualche modo agito al fine di condizionarne l’esito.
Deve
in ogni caso ritenersi che le informazioni poste a fondamento dei
giudizi di valore espressi sull’operato della parte attrice siano
frammentarie e lacunose. Così, ad esempio, in relazione alla vicenda
del trasferimento del giudice Guido Brambilla, vicenda che ha avuto un
ben preciso sviluppo ed è stata caratterizzata da iniziative
istituzionali e da tempistiche peculiari, che hanno giustificato
l’interesse suscitato nell’opinione pubblica, e dunque la legittimità
di un pronunciamento, sulla stessa, anche da parte del magistrato S..
Prive
di obiettivo riscontro sono poi le notizie diffuse in merito alle
prospettive nella politica attiva che si sarebbero profilate per
l’attore.
Per tutto quanto sopra esposto, deve affermarsi la
sussistenza del fatto illecito lamentato dall’attore, avente rilevanza
civile e penale, in quanto tale fonte di danno risarcibile ex art. 2059
c.c. e 12 l. n. 47/1948. Articolo, quest’ultimo, che prevede una
sanzione aggiuntiva, quasi una sorta di pena privata, conseguente al
reato di diffamazione a mezzo stampa, e che, nel caso di specie, ben
può trovare applicazione nei confronti degli editori e dei direttori
responsabili delle pubblicazioni in questione, espressione, come detto,
di ben precise scelte editoriali.
Circa la quantificazione delle
voci di danno di cui sopra, questo giudice ritiene che sia sufficiente
il richiamo a tutto quanto sopra esposto al fine della doverosa
esplicitazione dei parametri di riferimento. Pertanto, nell’ambito
della valutazione equitativa che gli è rimessa, ritiene congruo
attribuire alla parte attrice la somma complessiva di € 50.000,00,
stimata secondo valori attuali, per ciascuno dei due distinti gruppi di
convenuti, che ne risponderanno in solido tra loro, all’interno del
rispettivo gruppo. Non vi sono motivi per differenziare, all’interno
dei rispettivi gruppi, la posizione dei due giornalisti convenuti, F.
ed O., e ciò in quanto i loro articoli risultano idonei già di per sé
soli a spiegare la tesi diffamatoria propria anche del complesso di
articoli in considerazione.
Quanto al richiesto risarcimento in
forma specifica, parti convenute vanno condannate alla pubblicazione, a
loro cura e spese, del dispositivo della presente sentenza sui
quotidiani Il Corriere della Sera e La Repubblica in caratteri doppi
del normale, nel termine di giorni 15 dalla ricevuta comunicazione
della presente sentenza, e per due volte (essendo due i gruppi di
convenuti condannati), e ciò a distanza di 15 gg. l’una dall’altra.
La
particolare natura della controversia e la complessità delle questioni
trattate consigliano la parziale compensazione tra le parti delle spese
di lite.
Le restanti spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c..
P.Q.M.
Il
Tribunale di Brescia, in composizione monocratica, accoglie
parzialmente la domanda. Accertata la diffamazione a mezzo stampa
lamentata dall’attore S. A. e, per l’effetto, condanna La Società
Europea di Edizioni S.p.A., B. M., F. S., in via solidale tra loro, a
pagare all’attore la somma complessiva di € 50.000,00, oltre interessi
legali con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente
sentenza al dì del saldo effettivo; condanna la Arnoldo Mondatori
Editore S.p.A, r. C. e O. A., in solido tra loro, a pagare all’attore
la somma complessiva di € 50.000,00, oltre interessi legali con
decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza al dì
del saldo effettivo.
Condanna i convenuti a far pubblicare a
loro cura e spese il presente dispositivo, in caratteri doppi del
normale e per due volte consecutive a distanza di 15 giorni l’una
dall’altra, e, quanto la prima volta, entra 15 giorni dalla
pubblicazione della presente sentenza, sui quotidiani Il Corriere della
Sera e La Repubblica.
Rigetta ogni altra domanda.
Compensa per metà fra le parti le spese di lite.
Condanna
parti convenuti a rifondere all’attore a titolo di rimborso delle spese
di lite, ed in solido tra loro, la complessiva somma di € 10.000,00 (di
cui € 8.500,00 per diritti) oltre accessori di legge.
Così deciso in Brescia il giorno 16.9.2008.