Diossina e cibi L’allerta arriva anche in Italia
“Sui prodotti di quindici grandi aziende alimentari italiane, in tre casi, le analisi hanno rivelato la presenza di diossina”. Con poche, gravissime parole, anche in Italia si è rotto il silenzio sullo scandalo alimentare che sta scuotendo l’Europa: quello dell’additivo guar gum contaminato. A raccontarle al Salvagente il direttore del laboratorio di analisi Eurofin Chemical Control, Giuseppe Chiappetta, che spiega: “Questi quindici produttori sono nostri clienti abituali. Quando è scattato l’al- T lamie, ci hanno chiesto di fare controlli sul loro guar gum”. L’additivo, importato soprattutto dall’India, è utilizzato come addensante per produrre yogurt, gelati, dolci, surgelati, formaggi, carni, salse, bevande e alimenti dietetici. E, fino a pochi giorni fa, circolava senza sospetti tra l’India e le sedi di moltissime industrie alimentari europee (ma anche australiane e giapponesi). Per lo meno fino al 25 luglio, quando è entrato di diritto nella lista dei maggiori ricercati alle frontiere, grazie alla scoperta della contaminazione da diossina Da allora decine e decine di analisi hanno ricostruito le inquietanti dimensioni dell’inquinamento che prosegue da almeno due anni Caccia al guar “Le analisi – spiega il direttore di Chemical Control – sono state svolte ad Amburgo, presso i laboratori Eurofin, soprattutto sulla materia prima”. Eurofin è la più grande azienda europea specializzata in analisi di laboratorio: Chemical Control è la divisione italiana “La diossina – continua il direttore del laboratorio – è stata trovata in tre occasioni, in diverse quantità: da poche decine ad alcune centinaia di picogrammi per grammo”. Mica male, visto che il limite massimo accettabile, per la Commissione europea, va da un minimo di 0,75 picogrammi per l’olio di pesce a un massimo di 6 picogrammi per i tranci di fegato. Il test, oltre tutto, riguarda solo quindici aziende. Ma i produttori a rischio sono molti, molti di più. Dal ministero della Salute, che “ha a disposizione i dati relativi alle importazioni di guar gum da paesi terzi”, apprendiamo che “dopo la notifica dell’allerta”, sono stati informati tutti gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera. Successivamente, gli assessorati alla Sanità delle Regioni sono stati invitati a predisporre controlli e monitoraggi, e le principali associazioni di categoria, Federalimentari e Federchimica, invitate a dare la massima diffusione a tutti i loro associati della notifica di allerta”. Dal ministero, inoltre, avvisano che “prima della notifica di allerta, sono arrivate in Italia delle partite provenienti dall’India: in particolare, nel porto di Genova. Una di queste, giunta il 18 giugno, proveniva dal produttore sospetto”, ovvero, l’India Glycols, responsabile della contaminazione. “Si è provveduto ad analizzare quanto rimasto della partita, anche se non appartiene ai lotti segnalati dalla Commissione europea Siamo in attesa dei risultati”, ci dicono dal ministero, a cui non risulta che “siano stati acquistati, da parte di aziende italiane, lotti di materia prima contaminati”. Questo non significa che non sia- 1 no entrati alimenti contaminati. Precisa infatti il dicastero: “La Commissione europea ha comunicato l’esistenza di distribuzioni di yogurt e bevande a base di soia che riguardano il territorio nazionale. Questi prodotti risultano essere stati ritirati”. Ai consumatori, però, non è stato comunicato nulla, come al solito né il nome né i lotti degli yogurt e della bevanda contaminati. Con l’effetto che questi alimenti potrebbero trovarsi ancora nei frigoriferi di molte case. Fuori controllo Rispetto a questo quadro relativamente tranquillizzante, però, qualcosa non quadra Non tornano per esempio i risultati dei laboratori Eurofin. Come mai le aziende coinvolte non hanno avvertito immediatamente il ministero della Salute, che sembra all’oscuro dei risultati delle analisi? E se in alcuni casi sono stati effettuati ritiri dal mercato (per lo meno per quei prodotti con “alcune centinaia di picogrammi” di diossina), perché farlo in maniera silenziosa? Misteri a parte, se la diossina spunta un po’ dappertutto c’è poco da stupirsi. Infatti, un’enorme quantità di guar gum contaminato circola liberamente, per tutta Europa, ormai da due anni. Anche se l’allarme della Commissione europea, lanciato il 25 luglio scorso (e ripetuto con maggiori dettagli nelle settimane successive) circoscrive il problema ad alcune partite, le informazioni che abbiamo raccolto dimostrano che la contaminazione è più vasta. La Commissione, ad esempio, ha escluso l’Italia dall’elenco dei paesi che hanno ricevuto il guar gum contaminato. Le analisi Eurofin, invece, dimostrano esattamente il 1 Fonte: http://www.efsa.europa.eu/EFS A/efsa_locale-1178620753812_home.htm
2 ALER T -E412- contrario. Oltretutto, l’azienda svizzera che ha importato il guar alla diossina, Unipektin (l’intervista al direttore è in queste pagine), sta conducendo analisi per conto proprio. E ha scoperto che le importazioni, negli ultimi due anni, erano sempre contaminate. L’impresa svizzera ha subito pubblicato un comunicato, che si trova facilmente anche sul }. sito: “non è stato un incidente isolato, ma una contaminazione sistematica”. La notizia è talmente grave, e sconvolgente, che molti hanno fatto finta di non vederla Non è stata raccolta, per esempio, dalle istituzioni europee. Forse perché, come una sbavatura in un quadro, mostra un pesante fallimento: negli ultimi due anni, i meccanismi di controllo europei non hanno funzionato. Perciò, i cittadini hanno subito un avvelenamento massiccio e prolungato. Come se non bastasse Unipektin – diversamente da quanto si credeva nei primi giorni della crisi – non è l’unico importatore di guar potenzialmente contaminato. Infatti, l’industria chimica indiana ritenuta responsabile dell’incidente, India Glycols, esporta una quantità enorme di guar dal 2001. Abbiamo contattato alcuni dei maggiori importatori europei (come Davisco, Hann e Willy Benecke), per sapere se stanno conducendo analisi. Ci hanno risposto che i loro prodotti sono liberi da agenti inquinanti. Altri importatori, però, non ci hanno ancora risposto. Gli esperti del settore, fra l’altro, sostengono che Unipektin non può essere l’unico importatore europeo dei prodotti India Glycols. Perciò, il guar gum contaminato potrebbe facilmente aver raggiunto l’Europa, e l’Italia, anche da altri canali.