Dipendenti pubbliche in pensione a 65 anni dal 2012
Via libera all’equiparazione dell’età delle pensioni di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego. Dopo una sentenza di condanna nei confronti dell’Italia e vari solleciti arrivati da Bruxelles, il Consiglio dei ministri ha approvato l’accelerazione della crescita dell’età pensionabile delle dipendenti pubbliche, adeguandosi così ai richiami dell’Europa.
Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha annunciato che l’innalzamento avverrà con uno “scalone unico” a partire dal 2012, senza “fasi intermedie”, ma ha assicurato che l’emendamento che sarà inserito nella manovra terrà conto «del diritto delle donne maturato fino al 31 dicembre 2011».
Al livello finale dei 65 anni si arriverà, quindi, a partire dal 2012 e non più dal 2018, come attualmente previsto. Questo significa, pertanto, che dal prossimo 1° gennaio 2012 le dipendenti pubbliche andranno in pensione a 65 anni, esattamente come i colleghi uomini.
La disposizione sarà introdotta attraverso un emendamento alla manovra e i risparmi di spesa così prodotti, stimati, nella fase transitoria 2012-2019 in 1,4 miliardi, confluiranno, fra l’altro, in un apposito Fondo vincolato per iniziative e «azioni positive a favore della famiglia e delle donne», così come richiesto dal ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna.
Sacconi ha poi stimanto la platea delle interessate al provvedimento in circa 25mila unità da qui al 2019 e ricordato che, attualmente, «l’età di pensionamento media di fatto é di 62,36 anni nel pubblico impiego tra le donne che restano, dunque, oltre i 60 anni». Il ministro ha poi specificato che sarebbe stato impossibile, per raggiungere l’equiparazione tra uomini e donne abbassare l’età degli uomini perché non lo avrebbero consentito “i mercati”.
Dal canto suo, il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta ha confermato che l’emendamento non servirà a far cassa e che, anzi, tutti i risparmi in arrivo con questo provvedimento saranno collocati per le funzioni sociali: e precisamente, «asili nido, politiche di conciliazione e non autosufficienza».