Diritto di cronaca e di critica, scriminante, limiti Cassazione penale , sez. VI, sentenza 03.02.2010 n° 4699
Il diritto di critica e quello di cronaca rilevano solo rispetto
all’informazione su fatti storici alla cui concretizzazione è estraneo
il soggetto che quei diritti esercita.
In particolare:
- è scriminato l’articolo che dà conto di un fatto vero;
- non
è scriminata la condotta che ha creato il fatto per darne poi conto
nell’articolo, ove tale condotta violi la legge penale. (1-14)
(1) In tema di diffamazione e necessità di individuare il soggetto diffamato, si veda Cassazione penale , sez. V, sentenza 01.12.2009, n° 46077.
(2) In tema di diffamazione a mezzo stampa e diritto di critica, si veda Cassazione penale, sez. V, sentenza 16.10.2009 n° 40408.
(3) In tema di diffamazione e critiche all’operato del magistrato, si veda Cassazione penale, sez. V, sentenza 24.09.2009 n° 37442.
(4)
In tema di diffamazione e verifica della veridicità dei fatti con
riferimento al momento storico, si veda Cassazione civile, sez. III, sentenza 20.05.2009, n° 11699.
(5) In tema di diffamazione e genericità, si veda Cassazione civile, sez. III, sentenza 27.01.2009 n° 1976.
(6) In materia di diffamazione ed over booking, si veda Cassazione civile, sez. III, sentenza 13.01.2009, n° 482.
(7) In materia di diffamazione e logica concettuale, si veda Cassazione penale, sez. III, sentenza 07.01.2009, n° 25.
(8) In materia di diffamazione a mezzo stampa e responsabilità del giornalista, si veda Cassazione penale 34940/2008.
(9) In materia di diffamazione a mezzo stampa e rettifica, si veda Cassazione civile 10690/2008.
(10) In tema di diffamazione a mezzo stampa, si veda Cassazione civile 10686/2008, Cassazione civile 13089/07; Cassazione civile 6041/2008; Corte Costituzionale 342/07.
(11) In materia di critica e diritto di satira, si veda Cassazione civile 23314/2007.
(12) In materia di diffamazione e libertà di cronaca, si veda Cassazione penale 21876/2007.
(13) In tema di verità putativa e diritto di cronaca, si veda Cassazione civile 11259/2007.
(14) Sul tema della libertà di cronaca, si veda Cassazione penale 25138/2007.
(15) Si veda il focus TICOZZI, Il diritto di satira nella giurisprudenza recente.Tra i contributi più recenti della dottrina, si vedano:
– Sonaglioni, Diffamazione di un magistrato, in Corriere giuridico (Il), 2008, n. 1, IPSOA, p. 104;
–
Crimo F., Crimi S., I labili confini del requisito della “subiraneità”
della relazione iraconda rispetto all’esecuzione del fatto ingiusto
altrui e i suoi riflessi sulla portata precettiva dell’esimente di cui
all’art. 599, c.p.v., c.p. con particolare riferimento al delitto di
diffamazione, in Cassazione penale, 2007, n. 11, GIUFFRÈ, p. 4144;
–
Lotierzo, In tema di diffamazione commessa a mezzo di dispacci di
agenzie di informazione, in Cassazione penale, 2007, n. 9, GIUFFRÈ, p.
3269;
– Nicolucci, Ingiuria e diffamazione, in Giurisprudenza di merito, 2007, n. 1, GIUFFRÈ, p. 183;
–
Macrillò, Presunzione iuris tantum di pubblicazione e prova del delitto
di diffamazione con il mezzo della rete telematica, in Diritto
dell’Internet, 2007, n. 2, IPSOA, p. 167;
– Puglisi, Diffamazione a mezzo stampa, in Studium Iuris, 2006, n. 5, CEDAM, p. 602.SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 12 gennaio – 3 febbraio 2010, n. 4699
(Presidente Agrò – Relatore Citterio)
Ritenuto in fatto
1.
M. F. e G. G. erano imputati del reato di cui agli artt. 110 e 351 c.p.
(“violazione della pubblica custodia di cose”) per avere, in concorso
tra loro e in epoca antecedente e prossima il 18.1.2008, sottratto il
fascicolo di una causa civile da uno degli armadi collocati al primo
piano del palazzo di giustizia del tribunale di Pavia. La F. era
l’autrice di un articolo sul quotidiano locale che, dando conto
dell’azione, aveva denunciato i disservizi della giustizia; G. era il
fotografo che aveva ripreso l’azione realizzando le fotografie di
corredo dell’articolo.1.1 Con sentenza del 1 – 18.7.2008, il
Giudice dell’udienza preliminare di Pavia proscioglieva i due perché il
fatto non costituisce reato, ritenendo insussistente il dolo richiesto
dalla fattispecie regolata dall’art. 351 c.p., e configurabile
l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e critica
giornalistica. In fatto, il GUP riferiva che gli imputati avevano
aperto un armadio, asportato un fascicolo, erano usciti e poi rientrati
nel palazzo, e qualificava tali operazioni “simboliche”, in quanto
volte ad evidenziare l’assenza di sicurezza per gli operatori e di
efficace tutela per la riservatezza degli atti giudiziari.Per
questo, secondo il GUP innanzitutto la F. (e con lei il G.) non sarebbe
“mai stata animata, neppure per un attimo, dal dolo del reato di cui
all’art. 351 c.p.”, sicché il fatto contestato non costituiva reato per
difetto dell’elemento soggettivo. In secondo luogo, la giornalista
aveva esercitato il diritto di cronaca e critica giornalistica,
attraverso un articolo che, descrivendo fatti risultati “rigorosamente
veri” (atteso che prima di tale articolo i fascicoli delle cause civili
erano custoditi in armadi posti nei corridoi dell’edificio e non chiusi
a chiave, con la mera apposizione di cartelli che avvisavano essere
“severamente vietato asportare i fascicoli dagli armadi senza
l’autorizzazione della cancelleria”), aveva pure determinato la
modifica dell’organizzazione, con la chiusura a chiave degli armadi e
la necessità di una preventiva autorizzazione per la loro apertura,
volta al prelievo dei fascicoli da parte degli avvocati.2. Ricorre il procuratore della Repubblica denunciando violazione di legge per due motivi:
–
la causa di giustificazione applicata dal GIP era configurabile solo in
relazione a condotta configurante il reato di diffamazione a mezzo
stampa e non “qualsiasi condotta posta in essere dal giornalista”;–
gli imputati non avevano documentato un fatto avvenuto in loro presenza
e commesso da altri, ma avevano essi stessi “creato la notizia”
sottraendo il fascicolo dagli armadi del Tribunale, portandolo
all’esterno e documentando fotograficamente le varie fasi: doveva
pertanto escludersi che il “fine dimostrativo e sociale” perseguito
scriminasse “qualsiasi condotta posta in essere, sol perché di tale
condotta” si rendesse “poi conto sulla stampa, esplicitando tale fine”,
legittimandosi altrimenti anche la commissione di reati strumentali
alla dimostrazione di un assunto, come, ad esempio, la consumazione di
rapine volte a ‘saggiare’ l’adeguatezza dei sistemi di sicurezza o
della reazione di polizia.Il ricorrente deduceva in
particolare, sul punto, che il dolo richiesto per la sussistenza del
reato ex art. 351 c.p. è quello generico, con la conseguente
irrilevanza del fine che anima l’agente e dell’intento di immediata
restituzione di quanto sottratto momentaneamente.Considerato in diritto
3.
Il ricorso deduce considerazioni giuridiche condivisibili in ordine
alle argomentazioni per le quali il GUP ha prosciolto i due imputati,
ma va rigettato ai sensi dell’art. 619 c.p.p..3.1
Effettivamente le due argomentazioni del GUP (in parte anche
contraddittorie tra loro, la mancanza del dolo e l’esistenza della
causa di giustificazione) sono erronee in diritto.Invero:
– trattandosi di reato a dolo generico, le ragioni dell’eventuale sottrazione sono irrilevanti;
– il
diritto di critica e quello di cronaca rilevano solo rispetto
all’informazione su fatti storici alla cui concretizzazione è estraneo
il soggetto che quei diritti esercita: è scriminato l’articolo che dà
conto di un fatto vero, non è scriminata la condotta che ha creato il
fatto per darne poi conto nell’articolo, ove tale condotta violi la
legge penale.
3.2 Osserva tuttavia questa Corte Suprema come
la sentenza descriva – in fatto – la condotta in termini di assoluta
immediatezza (apertura, asportazione, uscita e rientro nel palazzo),
senza che sul punto il ricorso alleghi una sua diversa ricostruzione.Emerge
quindi dalla stessa sentenza una condotta che, nella sua materialità di
riferita assoluta immediatezza, non è riconducibile alla nozione
normativa di sottrazione, difettando anche quella “temporanea
rimozione” (che pur sempre presuppone un apprezzabile mantenimento del
bene nell’esclusiva disponibilità di chi sottrae, anche in ragione del
suo contenuto) ritenuta da questa Corte sufficiente ad integrare il
reato (Sez. 6, sent. 3556 del 29.10.1985 – 12.5.1986, rv 172630; Sez.
6, sent. 10733 del 28.4 – 21.9.1999 rv 214617): non sussiste pertanto
l’elemento oggettivo della condotta contestata.P.Q.M.
Rigetta il ricorso.