(Garante per la Protezione dei dati personali, Provvedimento 13.5.2010)
Con nota del 4 settembre 2009, E.M., “volontaria Caritas collaborante con le assistenti sociali di zona”, ha segnalato che, “accompagnando un’invalida a fare la spesa [presso un punto vendita della catena commerciale XX S.p.A. sito in Milano aveva] avuto modo di constatare che, per il servizio a domicilio gratuito riservato agli invalidi al 100% [veniva] richiesta copia del verbale di invalidità”, tanto che un’addetta all’esercizio commerciale aveva rifiutato all’interessata di poter fruire del servizio sulla base della mera esibizione di una tessera attestante lo stato di invalidità, affermando che, al contrario, era indispensabile acquisire copia del predetto verbale. Al fine di verificare la liceità del trattamento di dati personali della clientela effettuato nel caso di specie e di acquisire elementi idonei ad accertarne la conformità al Codice, sono state chieste a XX S.p.A. (di seguito, la società) informazioni volte a conoscere i presupposti -in specie normativi- che legittimerebbero il segnalato trattamento, con particolare riguardo alle finalità e alle modalità del trattamento dei dati idonei a rivelare le condizioni di salute ed all’osservanza delle disposizioni dettate dall’art. 13 del Codice in tema di informativa. Nel fornire il riscontro, la società, assumendo ogni responsabilità -anche penale- ai sensi dell’art. 168 del Codice, ha dichiarato (allegando documentazione al riguardo) che: a) la procedura aziendale che disciplina il servizio di consegna a domicilio, in ordine alla raccolta e al trattamento dei dati personali dei clienti interessati ad avvalersene, prevede “unicamente la raccolta dei dati”.