Disastro Air France: ipotesi di disintegrazione ad alta quota
Le autopsie sui primi sedici corpi delle
vittime dell’incidente all’Airbus dell’Air France misteriosamente
precipitato nell’oceano lo scorso 1° giugno sembrano confermare
l’ipotesi che l’aereo si sia disintegrato in volo, senza esplosione o
incendio a bordo. Quindi è momentaneamente scartata l’ipotesi che la
causa dell’incidente siano state le sonde per la rilevazione della
velocità, messe da più parti sotto accusa negli ultimi giorni.
Fratture multiple e assenza di indumenti. La gran parte dei
cadaveri esaminati dai periti all’Istituto medico-legale di Recife è
stata trovata seminuda, in alcuni casi con addosso solo gli indumenti
intimi. Tutti i cadaveri presentano fratture multiple, in particolare
agli arti (superiori e inferiori) e nella zona del bacino. Nessuno, per
ora, presenta segni di bruciature, di lacerazioni violente dovute a
esplosione, così come nessuno ha acqua nei polmoni.
L’ipotesi della disintegrazione ad alta quota. Secondo gli
esperti, queste caratteristiche indicano che le vittime possano essere
cadute da una grande altezza una volta fuori dall’aereo, e che la
velocità di caduta abbia strappato i vestiti. Ipotesi rafforzata anche
dai traumi multipli dei cadaveri, che indicherebbero un impatto
violentissimo con la superficie dell’acqua. Quello con l’acqua,
infatti, è un impatto che non produce lacerazioni o mutilazioni come
farebbe l’esplosione di una bomba o dell’aereo stesso. L’assenza di
acqua nei polmoni, sostengono i periti, dimostra, poi, che nessuna
delle sedici vittime esaminate finora è arrivata viva in acqua, per poi
affogare.
La localizzazione dei cadaveri. L’ipotesi della disintegrazione
ad alta quota dell’Airbus trova riscontro anche nella localizzazione
dei cadaveri ritrovati, in due “linee” sfilacciate lunghe una ventina
di chilometri e distanti 85 chilometri una dall’altra. Se l’aereo fosse
arrivato ancora intero fino alla superficie dell’oceano, anche in
caduta libera, o si fosse disintegrato a bassa quota, i cadaveri
sarebbero rimasti molto più vicini l’uno all’altro, anche dopo dieci
giorni alla deriva con l’azione delle correnti.
Nessun italiano tra le salme. Per ora non ci sarebbe nessun
italiano tra le salme identificate dai periti. Lo ha riferito il
console generale d’Italia a Recife, Francesco Piccione, che per conto
dello Stato italiano segue le procedure di identificazione dei corpi. I
nomi delle salme identificate non verranno comunque resi noti, ha
sottolineato Piccione, e saranno comunicati solo ai familiari delle
vittime che hanno ottenuto il rispetto del riserbo da loro richiesto.
Le ricerche continueranno fino al 19 giugno.