Disconoscimento di paternità e mantenimento del cognome: da oggi è possibile Tribunale Monza, sez. IV civile, sentenza 17.02.2010
Al disconoscimento di paternità non segue, automaticamente, la variazione del cognome in capo al soggetto disconosciuto.
Così
il Tribunale di Monza nella sentenza qui in commento, che si pone come
“apripista del settore”, stante l’assenza di precedenti sul punto.
Il
procedimento prende avvio dalla domanda di disconoscimento svolta dal
curatore del minore e fondata sulle rilevanze istruttorie di un
precedente procedimento dal quale emergeva la carenza di connessione
biologica tra il padre e la minore.
I genitori, separati, si
costituivano autonomamente in giudizio eccependo l’insussistenza
dell’interesse della minore alla pronuncia richiesta.
Nessuna delle parti svolgeva domanda per il cambiamento del cognome.
Gli
accertamenti peritali disposti dal Tribunale (prova del DNA)
confermavano l’assenza di discendenza biologica dal padre legittimo e,
pertanto, la domanda veniva accolta.
Riguardo alla sussistenza
dell’interesse della minore, il Tribunale argomenta in ordine alle
osservazioni svolte dai genitori convenuti e, in particolare al fatto
che il padre subordinava il proprio impegno a mantenere, istruire ed
educare il minore al positivo accertamento giudiziale del proprio
status, con conseguente emersione di una componente “egoistica” che, evidentemente, mal si attaglia al bene del bambino.
Riguardo,
poi al cognome del bambino, rilevata l’assenza di domande sul punto, il
Tribunale riteneva i non dovervi provvedere, anche alla luce degli
orientamenti giurisprudenziali già espressi in materia dalla Corte
Costituzionale.
In particolare vengono richiamate le sentenze 3.2.1994, n. 13; 23.7.1996, n. 297 che sanciscono “il
diritto del figlio naturale di mantenere il cognome, del quale era in
precedenza titolare, quando lo stesso sia divenuto “un autonomo segno
distintivo della sua identità personale”, principio recepito anche dalla giurisprudenza di legittimità Cass. n. 6098/2001 e n. 12641/2006 e dal legislatore che l’ha trasfuso nell’art. 95, D.P.R. 396/2000.
Il
quadro normativo e giurisprudenziale, unito a considerazioni di merito
relative alla tenera età del minore, alla volontà del padre
disconosciuto di mantenere vivo il legame con il bambino, – legame,
peraltro, evidenziato come positivo dal servizio sociale – nonché
all’opportunità di evitare inutili traumi al piccolo, hanno condotto il
Tribunale a disporre il mantenimento in capo al minore del cognome
attributogli dalla nascita.
L’importanza di questa
pronuncia sta, dunque, nel fatto di sottolineare, per la prima volta,
l’assenza di automatismo giuridico tra intervenuto disconoscimento e
modifica del cognome.
E’ evidente, infatti, che se il nome,
(inteso nelle sue due componenti) è elemento identificativo della
persona, ogni modificazione dello stesso è suscettibile di incidere
sulla persona che identifica e sulla percezione che questa ha del “sé”,
in relazione con mondo esterno.
Queste osservazioni acquistano
ancor più importanza laddove il soggetto interessato dalla modifica sia
un minore e, quindi, una persona in formazione, una “promessa di
persona”.
Nel bilanciamento degli interessi in gioco in
questioni così delicate, dunque, viene – giustamente – ribadita la
preminenza del minore.
Tribunale di Monza
Sezione IV Civile
Sentenza 17 febbraio 2010
Repubblica Italiana
in nome del Popolo Italiano
TRIBUNALE DI MONZA
Sezione Quarta Civile
Il Tribunale, riunito in camera di consiglio nelle persone dei Sigg.magistrati:
dott.Piero CALABRO’ …………………………………………Presidente
dott.C. LOJACONO – Giudice
dott.Davide DE GIORGIO – Giudice
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al R.G. n.1713/2009 promossa con atto di citazione notificato in data 30.1.2009
da
R.
A., in persona del Curatore Speciale avv.M.G.Tamborini, che la
rappresentata e difende in proprio e presso il cui studio in Cologno M.
viale Lombardia n.34 è elettivamente domiciliata………………….ATTRICE
contro
R.
W., rappresentato e difeso dall’avv.M.Giussani, presso il cui studio in
Varedo p.zza Panceri n.11 ha eletto domicilio.……CONVENUTO
e contro
P. C., rappresentata e difesa dall’avv.R.Beretta, presso il cui studio in Monza via Caronni n.8 ha eletto domicilio…….CONVENUTA
con l’intervento in giudizio del
PUBBLICO
MINISTERO in persona del Sostituto Proc. della Repubblica presso il
Tribunale di Monza dott.W. Mapelli…………INTERVENUTO
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Oggetto della causa : disconoscimento paternità ex art.244 CC
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All’udienza del 21.1.2010 i procuratori delle parti precisavano le
CONCLUSIONI
come da n.4 fogli vistati dal G.I. ed allegati al processo verbale
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con
atto di citazione notificato in data 30.1.09 R. A., in persona del
procuratore speciale avv.M.G.Tamborini, chiedeva a questo Tribunale di
accertare e dichiarare di non essere figlia biologica di R. W..
Deduceva parte attrice:
-che venne riconosciuta figlia legittima dei convenuti in quanto nata durante il matrimonio tra R. W. e la madre P. C.;
-che,
nel corso di un procedimento innanzi al Tribunale per i Minorenni di
Milano, era emerso che, invece, non era figlia biologica del convenuto;
-che, pertanto, doveva considerarsi “indiscutibile” l’interesse della minore a ottenere il disconoscimento della paternità legittima attribuita al presunto padre R. W..
P.
C. e R. W. si costituivano in giudizio e, pur rimarcando che il difetto
di paternità era stato dagli stessi segnalato sin dal 19.10.2005 nel
procedimento di separazione dei coniugi, si opponevano alla domanda
attrice reputandola non corrispondente all’interesse della minore.
L’atto di citazione veniva ritualmente notificato anche al P.M. che, peraltro, non partecipava attivamente al giudizio.
Compiutamente
trattato ed istruito il processo (mediante l’ausilio di una CTU
medico-legale) e precisate le conclusioni, la causa era trattenuta dal
Collegio per la decisione allo spirare dei termini di cui all’art.190
CPC.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel
merito, la domanda è fondata e deve essere accolta, sussistendo tutti i
presupposti di legge per emettere la chiesta pronunzia di
disconoscimento della paternità.
Dalle risultanze
dell’espletata CTU biologica depositata in data 26.11.2009 dal dott.
L.S. (che il Tribunale ritiene senz’altro di poter fare propria, anche
quale “fonte oggettiva di prova”, sia in relazione ai metodi ed
agli strumenti d’indagine adottati, sia con riferimento alle
conclusioni raggiunte: v. Cass.8.1.2004 n.88; Cass.9.9.2003 n.13169;
Cass.30.1.2003 n.1512), in particolare dal c.d. “esame del DNA”, sono
emerse ben 12 incompatibilità genetiche su 15 marcatori utilizzati, da
ritenersi piu’ che sufficienti al fine di escludere qualsiasi rapporto
di paternità biologica tra R. A. e R. W..
La madre, a conforto
della rimanenti risultanze processuali (v. Cass.2113/92 e
Cass.1785/65), ha del tutto omesso di contestare quanto sostenuto dalla
figlia nell’atto di citazione, così suffragrando le inequivoche e, del
resto, pacifiche risultanze della CTU.
Conseguentemente il
Tribunale, sussistendo le condizioni tutte di cui alla norma
dell’art.244 CC, ritiene accertato che R. A. non è figlia del padre
legittimo R. W..
A tale accertamento non può ritenersi ostativa
la pretesa sua contrarietà agli interessi preminenti della minore,
sostenuta da entrambi i convenuti con allegazioni solo in apparenza
concordi.
Dalla relazione depositata in data 14.5.2009 dai
Servizi Sociali del Comune di Triuggio si evince, in effetti, che tra
le odierne parti convenute (coniugi da tempo separati) vige un mero “accordo formale” quanto
alle modalità ed alle scelte educative e di vita della minore e che la
madre, in asserite gravi difficoltà economiche, sostiene che R. W. “pretende di fare il padre senza però contribuire al mantenimento della bambina”.
L’ulteriore pretesa dell’odierno convenuto, segnalata dai Servizi Sociali, di “voler continuare ad essere il padre di A.” subordinando “l’assunzione degli impegni economici in favore della minore alla decisione del Tribunale di confermare o meno la sua paternità”
appare, oltre che confermativa delle gravi asserzioni della madre,
significativamente dimostrativa del carattere in gran parte egoistico
dell’interesse manifestato dal R. certamente non coincidente con i
preminenti interessi della minore, enucleati dalla Corte di Cassazione
nelle invocate sentenze 5.6.2004 n.10742 e 19.9.2006 n.20254.
Pertanto, deve qui considerarsi il criterio del “favor veritatis”
prevalente e, comunque, rispondente all’interesse della minore, quanto
all’accertamento disconoscitivo della paternità ai sensi dell’art.244
CC (al quale segue il solo adempimento di legge della annotazione,
nell’atto di nascita, della sentenza di accoglimento della domanda).
Non
essendo stata formulata alcuna istanza di cambiamento del cognome di R.
A. e, anzi, avendo i convenuti sostanzialmente manifestato la loro
contraria volontà laddove hanno chiesto il rigetto della domanda
attrice, reputa questo Tribunale di non dovervi provvedere, allo stato
degli atti.
Non ostano a tale conclusione le norme vigenti, così
come interpretate a suo tempo dalla Corte Costituzionale (sentenze:
3.2.1994 n.13; 23.7.1996 n.297) che ha sostanzialmente sancito il
diritto del figlio naturale di mantenere il cognome, del quale era in
precedenza titolare, quando lo stesso sia divenuto “un autonomo segno distintivo della sua identità personale”
(come può, in modo ragionevole, reputarsi nel caso di specie, essendo
A. prossima al raggiungimento dell’età scolare): principio recepito
anche dall’art.95 DPR 396/2000 istitutivo del nuovo Ordinamento dello
Stato Civile.
Principi analoghi possono, in via interpretativa,
essere desunti anche dalla giurisprudenza di legittimità (vedansi Cass.
n.6098/2001 e n.12641/2006) ed appaiono confacenti al caso di specie,
laddove il mantenimento del cognome “R.” potrà evitare alla minore i
possibili traumi paventati dalle parti convenute, anche in
considerazione della sua ancor tenera età, della assenza di rapporti
con il (non conosciuto) padre naturale, della volontà manifestata da R.
W. di mantenere nei suoi confronti un comportamento del tutto similare
al ruolo paterno e dal positivo legame tra quest’ultimo e A.,
evidenziato dalla relazione dei Servizi Sociali del Comune di Triuggio.
Nulla, dunque, è dato provvedere in relazione al non richiesto
cambiamento del cognome della minore, quantomeno allo stato degli atti,
dovendosi per il futuro considerare la fattispecie regolata dalla norma
di cui all’art.262 CC (così come interpretata dalla già citata sentenza
23.7.1996 n.297 della Corte Costituzionale) e dalla norma procedurale
di cui all’art.38 disp.att.CC.
Le spese processuali e di CTU seguono la soccombenza dei convenuti e si liquidano come da dispositivo.
p.q.m.
Il
Tribunale, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta con atto
di citazione notificato in data 30.1.2009 da R. A., in persona del
curatore speciale avvocato M.G.Tamborini, nei confronti di R. W. e P.
C., con la chiamata in giudizio del Pubblico Ministero, così provvede:
1) accerta e dichiara che R. A., nata a Monza il 20.8.2004, non è figlia di R. W.;
2) nulla dispone in ordine all’eventuale cambiamento del cognome della minore, allo stato degli atti;
3)
dispone che la presente sentenza, a cura del Cancelliere, sia trasmessa
in copia autentica all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di
Monza, per le consequenziali annotazioni nell’atto di nascita;
4)
condanna i convenuti al solidale pagamento delle spese processuali in
favore dell’avv.M.G.Tamborini, liquidate limitatamente alle difese
nella complessiva somma di € 2.492,35 (di cui € 14,35 per esborsi, €
1.278,00 per diritti ed € 1.200,00 per onorari), oltre spese generali,
IVA e CPA;
5) pone le spese di CTU a carico definitivo e solidale dei convenuti;
6) dichiara la presente decisione provvisoriamente esecutiva, per quanto di ragione.
MONZA, 17.2.2010
IL PRESIDENTE REL.EST.
(dott. Piero Calabrò)
Amore per il Figlio: Sempre!!! L’interesse del minore a crescere sereno e a conservare la propria identità anche con il mantenimento del cognome deve sempre essere al cenro di qualsiasi altro interesse anche di natura pubblicistica! E’del tutto paradossale che lo Stato pretenda di sapere la verità e "metta il naso" sui rapporti di natura Famigliare, quando poi è lo stesso Stato a non tutelare la realtà Famigliare con politiche economiche e sociali in favore della stessa famiglia e dei figli che ne sono il fondamento!! Che falsità e immoralità disconoscere un figlio giustificandone l’azione con l’esigenza che il figlio sappia delle proprie origini! al figlio interessa avere una famiglia dove essere AMATOOOO!!!! Che immoralità disconoscere un figlio e tutelare semmai il padre naturale che è andato a mettere le mani lì dove vi era una FAMIGLIA! VERGOGNA!VERGOGNA! BRAVISSIMI I GIUDICI DI MONZA! ALCUNE VOLTE VI SONO GIUDICI CON LA "G" degni di svolgere questo ruolo! il mio VOTO è 110 e LODE!