Tribunale di Roma
Sezione VI Civile
Sentenza 17 novembre 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE SESTA CIVILE
in persona della dr.ssa Benedetta Thellung de Courtelary, in funzione di giudice unico, ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo,
la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al numero 26.150 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2008, discussa e decisa all’udienza del giorno 17 novembre 2010 e vertente
TRA
C. M., con l’avvocato Carlo Cecchi e Maurizio Savioli
PARTE RICORRENTE
E
B. R., con l’avvocato Francesco Mainetti
PARTE RESISTENTE
OGGETTO: locazione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 9 aprile 2008 C. M. ha agito nei confronti di B. R. ed ha esposto:
– aveva condotto in locazione l’appartamento sito in Roma, via X. 10 scala B, interno 35 giusta contratto di locazione ad uso abitativo avente decorrenza dal 17 novembre 2000 stipulato ai sensi dell’articolo 2, comma 3 legge 431/1998 con la signora S. Z., la quale agiva in nome proprio giusta procura del di lei il figlio e proprietario R. B.; a seguito di un giudizio di intimazione di sfratto per finita locazione, il Tribunale di Roma dichiarava la soggezione del contratto alla durata prevista dall’articolo 2 legge 431/1998; con lettera del 17 settembre 2003 R. B. inviava disdetta del contratto per la scadenza del 17 novembre 2003 dichiarando di dover destinare l’immobile ad abitazione ed uso personale della madre, signora S. Z.; in esito al giudizio dinanzi al Tribunale di Roma promosso dalla ricorrente, il giudice dichiarava la legittimità del diniego di rinnovo per la scadenza del 17 novembre 2004 e per l’effetto ordinava alla ricorrente di rilasciare l’immobile fissando l’inizio dell’esecuzione al 15 settembre 2005;
– il Sig. B., però, non appena riavuto l’immobile, in data 6 ottobre 2006, invece di destinarlo all’uso dichiarato nella lettera di diniego di rinnovo, ha mantenuto e continua a mantenere lo stesso in stato di abbandono, comunque vuoto di persone cose; è altresì risultato che il B. non ha mai spostato la propria residenza anagrafica dall’immobile in questione, mentre la signora S. Z. non risulta essere mai stata iscritta nell’anagrafe della popolazione residente a Roma, essendo pertanto evidente che nei 12 mesi successivi alla data del rilascio nella quale il proprietario dell’immobile è tornato nel pieno possesso dello stesso, la signora S. Z. G. F. non ha provveduto né a spostare la sua residenza né tantomeno ad andare ad abitare nell’immobile di cui è causa, non concretizzando le intenzioni poste alla base della lettera di diniego di rinnovo.
Ciò premesso, la parte ricorrente ha chiesto:
-accertate e dichiarare la illegittimità del comportamento del signor R. B. per non avere il medesimo destinato l’immobile ad abitazione della propria madre nei termini di legge, una volta ottenuta la restituzione dell’immobile ai sensi dell’articolo 3 legge 431/98 e con la messa in esecuzione del titolo esecutivo mediante Ufficiale Giudiziario, condannare il signor R. B., conseguentemente, ex articolo 3 comma terzo legge 431/98, a pagare alla ricorrente a titolo di risarcimento legale dei danni alla stessa subiti in ordine a quanto esposto, da quantificarsi in 50 mensilità da calcolarsi sulla base dell’ultimo canone corrisposto, pari a euro 469,98 o in quella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia e comunque non inferiore a 36 mensilità del canone richiamato. Con vittoria di spese competenze ed onorari.
B. R. ha resistito alla domanda ed ha sostenuto che, successivamente al rilascio dell’immobile in data 6 ottobre 2006, a causa delle degradanti condizioni in cui si trovava l’immobile, si era reso necessario la realizzazione di lavori di ristrutturazione, tanto che il 14 dicembre 2006 aveva presentato al Comune di Roma, Municipio I, apposita Denuncia Inizio Attività; i lavori terminavano il 22 maggio 2007, come documentato presso l’ufficio competente del Comune di Roma; tra la fine di maggio 2007 e l’inizio del mese di giugno 2007, la madre del resistente, signora S. Z. G. F., si era trasferita nell’appartamento di via X. 10, dove vive tuttora, senza soluzione di continuità, come si evince dai verbali assembleari del condominio depositati in atti, dai bollettini di pagamento delle utenze, dal fatto che le stesse raccomandate inviate dall’odierna ricorrente nonché il ricorso introduttivo del presente giudizio risultano ritirati personalmente proprio dalla signora S. Z. G. F., a nulla rilevando la circostanza che il resistente abbia mantenuto la propria residenza nel immobile in questione, pur svolgendo da anni la professione di avvocato a Barcellona, e che la signora S. Z. G. F. non abbia trasferito la propria residenza nel immobile in questione, dal momento che l’invocato articolo 3 legge 431/1998 non assegna alcuna rilevanza alla residenza formale, rilevando unicamente l’effettiva destinazione dell’immobile all’uso abitativo dichiarato, in quanto corrispondente ad uno dei casi previsti dal menzionato articolo 3.
Ciò premesso, la parte resistente ha chiesto il rigetto della domanda, nonché la condanna della ricorrente al risarcimento del danno, dà liquidarsi di equità attiva ex articolo 96 c.p.c..
La causa, istruita con interrogatorio formale, prova per testi e produzione di documenti, è stata discussa e decisa all’udienza del giorno 17 novembre 2010.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso va respinto.
L’istruttoria espletata ha consentito di accertare senza ombra di dubbio che il resistente, entro i 12 mesi successivi al rilascio, da parte della ricorrente, dell’immobile in questione, ha effettivamente destinato detto immobile all’abitazione della propria madre, signora S. Z., in conformità a quanto dichiarato nella lettera di diniego di rinnovo la prima scadenza del 17 settembre 2003.
Infatti, il teste B. ha confermato di aver seguito i lavori di ristrutturazione dell’appartamento che ebbero luogo da gennaio a maggio-giugno 2007, lavori nei quali è stata altresì fornita prova documentale mediante deposito delle comunicazioni di legge al Municipio I delle Comune di Roma.
Inoltre tutti gli altri testi, compresi quelli di parte ricorrente, e, in particolar modo, il teste Palma, che abita nell’appartamento posto sullo stesso pianerottolo di quello per cui è causa, hanno confermato che, appena ultimate le ristrutturazioni nell’appartamento la signora Z. è venuta ad abitare, è abita, continuativamente, nell’appartamento in questione.
La circostanza, d’altronde, è provata dalla documentazione prodotta dal resistente, quali i verbali delle delibere assembleari, nonché i bollettini di pagamento delle utenze dell’appartamento in questione, dai quali risulta che la signora Z. abita continuativamente nell’appartamento dal giugno 2007.
Pertanto, la circostanza della mancata residenza anagrafica della Z. nell’immobile in questione nel periodo in contestazione, pur costituendo una presunzione del fatto posto a fondamento della domanda spiegata dalla parte ricorrente, deve ritenersi superata dalla piena prova fornita dal resistente, in ordine al fatto che, effettivamente, l’immobile in questione è stato destinato ad abitazione della madre del resistente, come dichiarato nella lettera di disdetta del 17 settembre 2003, entro i dodici mesi successivi al rilascio dell’immobile.
D’altra parte, il requisito anagrafico della residenza non è richiesto dall’articolo 3 comma 5 legge 431/98 per integrare la fattispecie prospettata dalla ricorrente, in base alla quale la stessa ha formulato domanda di risarcimento del danno, essendo invece richiesto che il locatore non abbia effettivamente adibito l’immobile all’uso per il quale ha esercitato facoltà di disdetta.
La domanda di risarcimento del danno per lite temeraria spiegata dalla parte ricorrente va disattesa. E’ vero, infatti, che gli stessi testi indotti dalla parte ricorrente hanno confermato la tesi sostenuta dal resistente e che la documentazione in atti indica inequivocabilmente dell’immobile è stato effettivamente destinato, entro 12 mesi dal rilascio, all’abitazione della signora Z.. Tuttavia la parte ricorrente risulta aver fondato la propria domanda sulle risultanze del certificato anagrafico. Non può, a parere del giudicante, configurarsi a carico della stessa ricorrente la colpa grave per non aver effettuato ulteriori ricerche al fine di accertare dove, effettivamente, abitasse la signora Z..
Le spese, liquidate come da notula, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da C. M. nei confronti di B. R., così provvede:
1.- rigetta la domanda;
2.- condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della parte resistente, delle spese sostenute per questo giudizio, liquidate in complessivi € 8.115,30, di cui € 12,80 per esborsi e € 1746,00 per diritti.
Così deciso in Roma il giorno 17 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2010.