Disservizio Trenitalia, ma paga il cliente
Arriva l’alta velocità (finalmente) che ci rimette al passo
con i più avanzati Paesi europei: una buona notizia per tutti. Arrivano
anche gli aumenti per i biglietti (purtroppo), ma ce ne faremo una
ragione se la puntualità si dimostrerà all’altezza delle aspettative.
Sul piano dei servizi, invece, le cose continuano a zoppicare e
l’utente-viaggiatore finisce spesso per sentirsi un cliente da punire
piuttosto che da premiare per essersi affidato alla compagnia dei
treni.
Sabato mattina, stazione di Milano ore 9,10. Ho in mano il mio
«contratto» con Trenitalia: biglietto di prima classe Milano-Firenze,
treno 9433, partenza ore 10,30, arrivo 12,39. Costo: 67 euro. Il fatto
è che a una certa età si dorme meno e sono arrivato in anticipo
confidando sul fatto di poter cambiare la prenotazione, come previsto
dal contatto. Vado alla macchina del self service (grande invenzione).
Tocco sul touch screen il cambio di prenotazione: digito il
codice pnr «umhq3r» e quindi il cp «395601». Risposta della macchina:
«servizio non vendibile»come? Io non ho chiesto di acquistare, ma solo
un cambio di prenotazione.
Amareggiato per la perdita di tempo vado al desk in testa al binario
sicuro che sapranno risolvere il problema. Mostro il biglietto e spiego
l’accaduto. «Non c’è problema – dice un funzionario che sta accanto al
desk – ci pensa la signorina». Porgo il biglietto. La dipendente di
Trenitalia digita sul suo computer i dati del mio biglietto. «Mi
dispiace, ma il sistema è bloccato e non mi consente di fare la
variazione». Intanto ormai il treno sta per partire. Il funzionario mi
dice: «Si rivolga al personale di bordo e spieghi la situazione». E
questo faccio. Solo che la dipendente-personale-di-bordo non so perché
pensa che stia facendo il furbo e mi dice «se prende questo treno deve
pagare otto euro». Le rispiego tutto e la invito a parlare con il
funzionario al desk che conferma i problemi nel cambio di prenotazione
e le dice di farmi salire. «Si accomodi in una carrozza di prima» mi
dice la signorina.
A questo punto penso sia tutto a posto. Mi accomodo dove trovo
posto (il treno è mezzo vuoto) e mi metto a leggere i giornali. Poco
prima i Bologna arriva il controllore, una signorina molto gentile, ma
non è la stessa che ha parlato con il funzionario di desk. Mostro il
biglietto e spiego tutto l’accaduto, che ho parlato con la sua collega
prima di partire e che, viste le circostanze, mi era stato detto di
salire comunque. «Deve pagare 8 euro per cambio treno», mi dice la
signorina che non sente ragioni.
Ecco, quello che in tutto il mondo apparirebbe come una
disfunzione del servizio (con tanto di scuse) a Trenitalia diventa una
colpa del viaggiatore. Mi sento preso in giro e offeso per quella che
mi appare come una ingiustizia: i vostri sistemi vanno in tilt, non
rispettate il «contratto»il cliente e io ne devo pagare le conseguenze?
Ovviamente non mi qualifico come giornalista, ma prego la signorina di
farmi il verbale. Non è per tirchieria o per essere pignoli, ma poiché
proprio ieri le Ferrovie hanno risposto a un articolo di Corriere.it sull’aumento dei prezzi definendolo «basato su fonti inattendibili»
penso che, benché testimone-cronista del fatto, sia meglio avere un
pezzo di carta in mano dove sia tutto spiegato. La signorina torna dopo
pochi minuti con il verbale compilato: fanno 8 euro più 5 di
soprattassa, totale 13 euro. So che alla fine dovrò pagare, ma almeno
posso mettere a verbale le mie ragioni di cliente costretto a pagare
una soprattassa per una disfunzione di Trenitalia. Una cosa che mi fa
vergognare.
Abbiamo l’alta velocità (finalmente) ma siamo ancora lontani
anni luce dalla cultura del consumatore che hanno paesi come gli Stati
Uniti o la Germania. Qui se qualcosa non funziona è sempre colpa tua.
Devi pagare e stare zitto. A volte fa bene raccontarlo.