Divorzio, lo stipendio di un lavoratore dipendente non è parametro "universale" per la riduzione dell’assegno
La riduzione dell’assegno divorzile non può essere giustificata
considerando l’importo adeguato perché corrispondente allo stipendio di
un lavoratore dipendente. Nel senso che tale retribuzione non è un
parametro “universale”, cioè valido per tutti, ai fini della
determinazione dell’assegno di divorzio. Quest’ultima, infatti, va
effettuata verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge
richiedente raffrontata ad un tenore di vita analogo a quello avuto in
costanza di matrimonio. Così la Cassazione con la sentenza 7145/10 ha
accolto il ricorso di un’ex moglie alla quale i giudici di merito
avevano ridotto l’assegno divorzile di ben mille euro (passando da
2.800,00 a 1.800,00) considerando l’importo idoneo a garantire
un’esistenza più che agiata, se raffrontato con gli emolumenti di un
qualsiasi lavoratore dipendente. Nell’annullare con rinvio il verdetto
d’appello, infatti, la Suprema corte ha ricordato che «l’accertamento
del giudice del merito in ordine alle condizioni economiche dei coniugi
ed al reddito di entrambi deve essere compiuto non in astratto, bensì
in concreto» Insomma, la decisione non può basarsi su un mero
apprezzamento probabilistico. Con riguardo alle esigenze della
beneficiaria, quindi, è stato erroneo il riferimento limitativo ad un
modello di vita proprio di un qualsiasi lavoratore dipendente perché
bisognava tener conto del pregresso tenore di vita coniugale che,
invece, avrebbe dovuto costituire il tetto massimo della misura della
contribuzione.