Dopo il danno da “spamming” arriva quello da “Sms pubblicitari”.
Identico il risarcimento: mille euro più altri 750 per spese legali. Questa volta però ad essere condannata non è una comune azienda di articoli sportivi, ma la Tim (v. negli arretrati del 22 giugno la sentenza sul danno da posta elettronica –ndr).
Il giudice di pace di Napoli, lo stesso del danno da “spamming”, ha infatti riconosciuto, sempre in nome della legge sulla privacy, il danno causato dall’invio di messaggini con contenuto promozionale. In altre parole, è stato ritenuto illegittimo l’invio di Sms pubblicitari senza il consenso del destinatario.
Secondo il giudice partenopeo – si legge nella sentenza depositata il 26 giugno e qui integralmente leggibile tra gli allegati – gli Sms non richiesti e autorizzati «per iscritto e in modo espresso» rappresentano una violazione della privacy.
Un altro passo avanti, quindi, è stato fatto nella tutela della vita privata dell’individuo. Nella cui sfera d’ora in poi rientrerà anche la protezione da chiamate o comunicazioni di carattere commerciale «indesiderate o fastidiose». Ovviamente, tutto ciò accade quando non c’è il consenso da parte dell’utente. Consenso che, scrive il giudice, occorre «sia se il fornitore pubblicizza mediante un Sms un “servizio” o un “prodotto” altrui, sia se lo stesso fornitore promuove un “servizio” o un “prodotto” della propria società».
Nel nome della riservatezza, dunque, l’avvocato Angelo Pisani, del movimento “Noi Consumatori” ha incassato un’altra vittoria. Anche se in questo caso non è stata accolta la domanda diretta ad ottenere la diffusione della sentenza su maggiori quotidiani nazionali. La pena accessoria della pubblicazione del dispositivo, conclude il giudice, è prevista «nel caso di condanna per uno dei delitti previsti dalla normativa in materia di privacy».
Giudice di pace di Napoli – Sezione terza civile – sentenza 29 marzo-26 giugno 2004
Giudice Di Noia – Ricorrente Lubrano
Svolgimento del processo
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 10 luglio 2003, Lubrano Alessia conveniva in giudizio la Telecom Italia Mobile spa, in persona del legale rappresentante, innanzi al Giudice di pace di Napoli per sentir accertare il diritto dell’istante a non subire abusi, fastidi, violazione e danno alla sua privacy; dichiarare la Tim spa obbligata all’adozione delle opportune misure a tutela dei diritti dell’istante, come quello alla privacy, serenità e riservatezza, salute e vita relazionale, nonché all’invio di certificazione di quanto gestito e trattato con i dati dell’istante – utilizzati per scopi speculativi, pubblicitari e commerciali – disponendo il blocco del trattamento dei dati personali dell’istante con il rilascio di dichiarazione circa la cancellazione ed eliminazione dei propri dati dalla banca-dati informatica pubblicitaria Tim; accertare la responsabilità della convenuta per aver attivato un servizio informatico di pubblicità e promozione sul numero telefonico dell’istante senza autorizzazione o consenso dell’istante, titolare della scheda sim, per scopi pubblicitari e speculativi e nell’aver bloccato innumerevoli volte la memoria del cellulare impedendo all’istante di ricevere i messaggi di cui aveva interesse; condannare la convenuta al risarcimento di tutti i danni subiti, patrimoniali e non, da liquidarsi, all’attualità, secondo giustizia o equitativamente nei limiti di euro 2.550,00; con pubblicazione, a spese della convenuta, del dispositivo della sentenza su almeno cinque quotidiani e due settimanali; con vittoria di spese. L’istante assumeva, a sostegno della domanda, di essere titolare di un numero di telefono mobile gsm 338/3449566, personale e riservato, per contratto stipulato con Telecom Italia Mobile spa; che, illegittimamente ed arbitrariamente, negli ultimi due anni (2001-2002) ed insistentemente dal mese di novembre 2002, l’istante, che non aveva fornito alcun consenso o autorizzazione al trattamento dei suoi dati personali per scopi diversi dal servizio di telefonia, subiva ad ogni ora del giorno l’indesiderato “trillo” della suoneria del proprio telefonino ricevendo indesiderate e fastidiose “pioggie” di avvisi e messaggi promozionali sms, che costringevano l’istante a visionarli e poi a cancellarli per non bloccare la memoria del telefonino; che i predetti messaggi sms, oltre ad arrecare disturbo, disagio e stress, invadevano la memoria del telefonino, esaurendola alla voce del menù “messaggi ricevuti”, impedendo all’istante di ricevere sul proprio telefonino altri sms personali, attesi e/o autorizzati, importanti dal punto di vista professionale, relazionale e privato c/o di visionarli tempestivamente;
che il trattamento dei dati personali dell’istante non era effettuato sulla base dell’autorizzazione o del consenso preventivo ed informato dell’attore, unico interessato-titolare, come previsto dalla normativa vigente e stabilito dal Garante della Privacy; che, nonostante reclami e diffide al 119 e raccomandata ar, rimasti inevasi, l’istante continuava a ricevere su proprio numero telefonico fastidiosi sms pubblicitari. Si costituiva, con comparsa di costituzione e risposta, la società convenuta, la quale impugnava la domanda perché inammissibile ed improponibile nonché‚ infondata e temeraria in fatto ed in diritto e ne chiedeva il rigetto, con vittoria di spese.
La causa veniva istruita con l’acquisizione di documentazione e l’assunzione dei mezzi di prova proposti dalle parti, interrogatorio formale e prova testimoniale.
Esaurita l’istruzione, la causa, all’udienza del 19 marzo 2004, previa precisazione delle conclusioni e la discussione, veniva riservata per la decisione.
Motivi della decisione
Preliminarmente, va esaminata l’eccezione di inammissibilità della domanda per cessata materia del contendere.
La società convenuta ha dedotto che, a seguito della richiesta dell’attrice non ha più inviato all’utenza telefonica indicata, i messaggi per i quali è stato instaurato il presente giudizio, con la conseguente cessazione della materia del contendere per il venir meno della presunta causa del giudizio.
Tuttavia, va rilevato che la domanda attorea è diretta non solo all’accertamento del diritto dell’istante alla riservatezza e a non subire intrusioni ed interferenze nella sfera privata mediante l’invio di messaggi non richiesti ed indesiderati, ma anche ad ottenere la cancellazione dei propri dati personali dalla banca dati informatica pubblicitaria della convenuta, il blocco dei dati trattati in modo non consentito e la cessazione del loro utilizzo per scopi diversi dal servizio di telefonia, con il rilascio della relativa certificazione, nonché‚ a conseguire un equo risarcimento per i danni subiti.
Si osserva che la cessazione della materia del contendere – cui consegue il sopravvenuto venire meno dell’interesse ad agire e della necessità di una pronuncia del giudice sull’oggetto della controversia – presuppone che: sopravvengano eventi di natura fattuale o atti volontari delle parti idonei a determinare la totale eliminazione di ogni posizione di contrasto; vi sia accordo tra le parti sulla portata delle vicende sopraggiunte e sulla inesistenza di ogni residuo motivo di contrasto (Cassazione 5390/00).
Pertanto, la situazione di perfetta rimozione di ogni ragione di contrasto deve essere chiaramente riconosciuta ed ammessa da tutte le parti interessate (Cassazione 576/04 e 4884/96). Nel caso in esame, non sussistendo le condizioni indicate, non può ritenersi cessata la materia del contendere e la relativa eccezione va disattesa.
Nel merito, la domanda proposta appare fondata e provata e va accolta per quanto di ragione. Dall’istruttoria espletata e, segnatamente, dalla prova testimoniale è emerso: che l’istante è titolare di un numero di telefono mobile in virtù di contratto con Telecom Italia Mobile spa; che l’istante ha ricevuto, nel periodo indicato nell’atto introduttivo, numerosi messaggi sms di carattere commerciale e pubblicitario sul proprio numero di telefono; che l’invio ripetuto di tali messaggi, a tutte le ore, ha determinato continui disagi e disturbi all’istante, costretta in ogni momento ad esaminare e selezionare i diversi messaggi ricevuti cancellando quelli indesiderati anche per non intasare la memoria del telefono, con conseguente impossibilità di ricevere i messaggi attesi e desiderati sia nella vita privata che nell’ambito professionale; che all’istante non è stato previamente richiesto, come dovuto, uno specifico consenso preceduto dalla prescritta informativa; che sono risultati vani i tentativi esperiti dall’istante al fine di ottenere la cessazione dell’invio dei messaggi pubblicitari e commerciali indesiderati, nonché la cancellazione dei propri dati personali dalla banca dati della convenuta.
Orbene, nell’ambito della tutela dei diritti fondamentali dell’individuo e della sua vita privata, va considerata l’eventualità che l’utente riceva chiamate o comunicazioni non desiderate, importune o che gli rechino disturbo.
La normativa in materia di privacy mira a proteggere la sfera privata dell’individuo ed il suo diritto alla riservatezza riconoscendogli il ruolo di unico “sovrano” delle informazioni che lo riguardano.Nella fattispecie, appare evidente la violazione del diritto alla privacy dell’istante, inteso come il diritto di costruire liberamente e difendere la propria sfera privata, di scegliere il proprio stile di vita senza influenze ed intromissioni indesiderate da parte di terzi.
In particolare, le comunicazioni indesiderate di carattere commerciale mediante sms, modalità di comunicazione preferita dai mittenti per i costi contenuti e per la celerità con cui permette di relazionare con un vasto pubblico, possono costituire interferenze nella sfera privata e arrecare disagi ai destinatari, specie se gestite, come nel caso in esame, attraverso sistemi automatici di chiamata che non implicano l’intervento di un operatore: sono queste le intrusioni più evidenti e di maggior disturbo, poiché‚ chi riceve la chiamata o il messaggio non ha alcuno strumento per prevenirli, n‚ alcun interlocutore diretto e presente a cui riferire il suo desiderio di rifiuto della comunicazione commerciale.
Va osservato che il fornitore del servizio di telefonia mobile può utilizzare il numero dell’utenza mobile a scopo commerciale solo se l’utente abbia manifestato previamente il proprio consenso. Il trattamento dei dati personali, inteso come qualsiasi operazione concernente la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, l’elaborazione, la selezione, l’estrazione, l’utilizzo, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione dei dati, è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato.
Il consenso può riguardare l’intero trattamento ovvero una o più operazioni dello stesso.Il consenso è validamente prestato solo se è espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, se è documentato per iscritto e se sono state rese all’interessato le informazioni prescritte.
La società convenuta, alla quale incombeva l’onere, non ha fornito alcuna prova circa il consenso dell’istante al trattamento dei dati personali e, segnatamente, all’utilizzo del numero di telefono dell’istante per scopi commerciali e diversi dal servizio di telefonia, n‚ di aver reso all’interessato le informazioni di cui all’articolo 10 della legge 675/96. Si osserva che il consenso occorre sia se il fornitore pubblicizza mediante un sms un “servizio” o un “prodotto” altrui, sia se lo stesso fornitore promuove un “servizio” o un “prodotto” della propria società.
Tale principio opera anche quando il fornitore si rivolga, con sms commerciali o pubblicitari, ad utenze collegate a carte telefoniche prepagate: ciò sia in ragione di quanto disposto dalla legge 675/96 e successive modifiche ed integrazioni a proposito della raccolta e del successivo trattamento dei dati personali sia dell’ampia definizione di “abbonato” utilizzata dal legislatore. Tali principi non possono essere elusi da parte del fornitore con la prospettazione degli sms pubblicitari come asseriti “messaggi di servizio”.
Infatti, è diverso il caso in cui il fornitore del servizio di telefonia mobile invii un sms per rendere legittimamente noti alcuni eventi legati strettamente al servizio prestato (funzionalità del servizio di assistenza o della segreteria telefonica, stato della ricezione dei messaggi o dei pagamenti, blocco della carta) dal caso in cui il messaggio sms riguardi nuove offerte commerciali, servizi aggiuntivi legati alle modalità di gestione dei messaggi, all’offerta di loghi e suonerie, a convenzioni con altre società, a raccolte di punti o a concorsi a premio, ecc (cfr. parere del 10 giugno 2003 del Garante per la protezione dei dati personali).
Tali ultime caratteristiche sono ravvisabili, alla luce delle risultanze processuali, negli sms inviati all’istante.
Alla luce di quanto osservato può ritenersi provato il nesso di causalità tra il comportamento della società convenuta ed i danni lamentati dall’istante per le continue interferenze subite nella sua sfera privata.
Pertanto, la società convenuta ‚ tenuta al risarcimento dei danni subiti dall’istante ai sensi dell’articolo 2043 Cc e dell’articolo 2050 Cc, richiamato dalla normativa in materia di protezione dei dati personali.
A tal proposito, si osserva che la presunzione di responsabilità può essere vinta solo con una prova particolarmente rigorosa, essendo posto a carico dell’esercente l’attività l’onere di dimostrare l’adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno: pertanto, non basta la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l’evento dannoso.
In ogni caso, la convenuta non ha provato di aver trattato in modo lecito e secondo correttezza i dati dell’istante e di aver adottato idonee e preventive misure onde eliminare o ridurre i rischi del trattamento con particolare riguardo alle interferenze nella sfera privata con comunicazioni di carattere commerciale, gestite mediante sistemi automatici di chiamata.
L’attrice ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.
In ordine al primo, vanno considerate le attività compiute, con dispendio di tempo e di energie, e le spese sostenute dall’istante, prima del giudizio, per opporsi al trattamento non consentito dei dati personali, ai sensi dell’articolo 13 legge 675/96, mediante richieste e reclami (cfr. raccomandata a/r in atti) al fine di ottenere la cessazione delle intrusioni nella sua vita privata mediante l’invio di messaggi sms invasivi.
Non è riconducibile, invece, al danno patrimoniale l’arresto delle attività dell’istante, non suscettibili di diretta valutazione economica, il quale può rilevare solo sotto il profilo del danno non patrimoniale in relazione ai patemi morali derivanti dalle indesiderate interferenze nella sfera privata e dalla sospensione delle proprie abitudini.
Riguardo al quantum debeatur, tenuto conto delle circostanze del caso e dei danni subiti dall’istante, sia patrimoniali che non patrimoniali, può liquidarsi, in favore dell’attrice, con valutazione equitativa, ai sensi dell’articolo 1226 Cc; sulla base dell’attuale valore della moneta, la somma di euro 1.000,00 (mille/00).
Sulla somma liquidata competono gli interessi legali dalla pubblicazionedella sentenza all’effettivo soddisfo.
La società convenuta è tenuta, inoltre, al blocco dei dati personali dell’istante, trattati in modo non consentito e per scopi diversi dal servizio di telefonia, alla cessazione di ogni attività lesiva dei diritti dell’attrice, nonché‚ al rilascio delle informazioni ed attestazioni richieste dall’istante ai sensi della legge 675/96 e successive modificazioni.
Non può essere accolta la domanda diretta alla pubblicazione, a spese della convenuta, del dispositivo della presente sentenza, atteso che la pena accessoria della pubblicazione della sentenza è prevista nel caso di condanna per uno dei delitti previsti dalla normativa in materia di privacy.Le spese seguono la soccombenza, ai sensi dell’articolo 91 Cpc, e vanno liquidate, come in dispositivo, in favore dell’avvocato Angelo Pisani per dichiarazione di fattone anticipo.La sentenza è provvisoriamente esecutiva per legge.
Copia della presente sentenza va trasmessa al Garante per la privacy.
PQM
Il Giudice di Pace di Napoli, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Lubrano Alessia come in narrativa, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
1) accoglie, per quanto di ragione, la domanda e, per l’effetto, condanna la Telecom Italia Mobile spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di Lubrano Alessia, della somma di euro 1.000,00, a titolo di risarcimento danni, oltre interessi legali dalla data dellapubblicazione della sentenza al soddisfo;
2) dispone il blocco dei dati personali dell’attrice trattati in modo non consentito ed in violazione della legge ovvero per finalità diverse dal servizio di telefonia, nonché‚ il rilascio delle informazioni e dell’attestazione richieste dall’attrice ai sensi dell’articolo 13 della legge 675/96, a cura e spese della società convenuta;
3) condanna la convenuta al pagamento delle spese e competenze di giudizio, in favore dell’attrice, che liquida in complessivi euro 760,00, di cui euro 80,00 per spese ed euro 680,00 per diritti ed onorario, oltre rimborso spese generali, nonché Iva e Cpa come per legge, con attribuzione all’avv. Angelo Pisani anticipatario;
4) Manda alla cancelleria per la trasmissione della presente sentenza all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.