Droga, dubbi di costituzionalità sulla Fini-Giovanardi: atti a Consulta
La legge Fini-Giovanardi che nel 2006 ha eliminato la differenziazione delle ‘droghe leggere’ da quelle cosiddette ‘pesanti’ passa al vaglio della Corte Costituzionale. Lo ha deciso la terza sezione penale della Cassazione che, con l’ordinanza 25554, ha accolto in parte il ricorso presentato da un 46enne originario di Palermo, condannato a 4 anni di reclusione e ad una multa di 20 mila euro per essersi rifornito di quasi 4 kg di hashish.
Il difensore ha sollevato in Cassazione la questione di legittimità costituzionale della norma sulla base del fatto che l’eliminazione della distinzione “e il rilevantissimo aumento delle pene edittali” per le condotte che riguardano le droghe leggere “non sarebbe conforme né al principio di proporzionalità rispetto al disvalore espresso dalla condotta incriminatrice, né all’esempio di proporzionalità predisposto a livello comunitario”. Piazza Cavour, ritenendo fondate le questioni sollevate, ha rinviato gli atti alla Corte Costituzionale.
Nell’ordinanza, la Cassazione punta il dito contro i troppi escamotage per fare approvare un’iniziativa legislativa del tutto nuova “di fatto inemendabile, eludendo le regole ordinarie del procedimento legislativo”. In particolare, gli ermellini denunciano come “il vulnus al sistema di ripartizione delle competenze normative costituzionalmente configurato potrebbe derivare anche dal cosiddetto abuso della prassi, da tempo invalsa, con cui il governo presenta, nella prima lettura parlamentare dell’articolo unico del disegno di legge di conversione, un maxi emendamento innovativo rispetto al contenuto originario del decreto legge, al fine di sostituirne parzialmente o interamente il testo e sul quale sara’ poi posta la questione di fiducia”.
In questo modo, avverte la Cassazione, “il contenuto della legge di conversione viene svincolato da quello del decreto legge, ed è possibile approvare con un solo voto, con una discussione ridotta al minimo e senza possibilità da parte dell’assemblea di votare emendamenti, una disciplina legislativa del tutto nuova e completamente sganciata dal contenuto originario del decreto”.
In questo modo, rileva ancora la Suprema Corte, “il procedimento di conversione previsto dall’art. 77 della Costituzione non serve più a convertire in legge il contenuto di quei provvedimenti provvisori adottati dal governo in casi straordinari di necessità e urgenza, ma viene utilizzato come escamotage per fare approvare un’iniziativa legislativa del tutto nuova, di fatto inemendabile, eludendo così le regole ordinarie del procedimento legislativo”. (Adnkronos/Ign)