E’ boom dei call center esteri Spendi poco? Ti risponde Tirana
ROMA – Chiami da Benevento, da Aosta, da Roma e ti risponde
Tirana o Bucarest. Le società di telefonia e in parte le tv italiane
hanno all’estero una fetta dei call center, dislocati tra Albania,
Romania e Tunisia.
Quanti operatori vi lavorano? “Noi stimiamo che siano 1500”, dice
Alessandro Genovesi della Cgil, “ma il numero raddoppierà e più tra
fine anno e il 2010. C’è la crisi e le nostre aziende creano posti dove
costano la metà. L’Argentina è la new entry”. Ora la Cgil lancia un
Sos. Chiede un rinvio di un anno. Vista la crisi che attanaglia
l’Italia, andrebbero generati qui da noi i posti previsti per l’anno
prossimo.
“Il problema – insiste sempre Genovesi – è anche un altro. Se a
chiamare è un cliente che spende tanto, il numero lo porta a un call
center di serie A, che è in Italia e ha solo dipendenti dell’operatore.
Personale più pronto. Quando a chiamare è un cliente che spende poco,
lo stesso numero lo instraderà verso un call center estero. Questi call
center in trasferta sono fatti di lavoratori volenterosi, capaci anche
di un buon italiano. Ma sono lontani e offrono un servizio ben
diverso”.
H3g – la società dei videofonini targati “3” – ha un sistema a
stellette, come gli alberghi. I clienti a 5 stelle parlano con un call
center italiano; i clienti ad una sola stella sono dirottati spesso
verso l’estero. “E’ legittimo”, spiega un portavoce dell’azienda,
“alcuni clienti fanno del telefonino della “3” la loro prima utenza. E’
normale offrire loro un servizio attento. Ci sono clienti, invece, che
usano il telefonino della “3” in modo occasionale. Non lo ricaricano.
Noi proviamo ad assisterli al meglio. Ma sono loro a non cercare un
rapporto stabile con noi”. H3g – conclude il portavoce – collocherà
all’estero nuovi centralinisti (“è vero, c’è una ipotesi Argentina”),
ma non saranno “più di 150”.
Wind precisa: “Qui in Italia, la maggioranza degli immigrati sceglie
noi. Se io ho un cliente rumeno in Italia, lo faccio parlare con un
call center che è in Romania. Ci sembra corretto”. Telecom fa sapere
che tutte le aziende al mondo, in tutti i settori, tracciano un profilo
dei loro clienti – un profilo di spesa – e si rapportano a loro con
modalità diverse. E questo non significa farne consumatori di serie A o
B. D’altra parte, Telecom affida a società esterne parte del servizio
di call center: “Se queste aprono i call center a Tunisi, peraltro una
minoranza, non possiamo impedirlo. A noi preme che questi lavoratori
siano bravi”.
Ma la Cgil tiene il punto: “Andremo dal Garante della Privacy. I miei
dati privati non possono finire a Bucarest o Buenos Aires”. Dal
Garante, uno dei membri, Mauro Paissan, ammette: “L’allarme è fondato.
Esistono norme italiane ed europee che regolano il trasferimento dei
dati italiani all’estero. Verificheremo che siano rispettate.
Riceviamo, poi, prime denunce. Alcune persone chiamano le nostre case,
dall’estero, per proporci l’acquisto di prodotti italiani. Chi ha
fornito a questi “venditori al telefono” i nostri numeri? E’ in atto
forse un commercio di dati su scala mondiale?”.