È truffa mettersi in malattia e svolgere attività lavorative parallele
Non è una semplice infedeltà lavorativa, ma un vero e proprio reato di truffa aggravata e falso ideologico quello che pone il dipendente pubblico che si mette in malattia e poi svolge un’altra attività parallela.
Lo ha sancito, per l’ennesima volta, la Corte di Cassazione, con una recente sentenza, con cui ha confermato la condanna nei confronti di un’impiegata che si era messa in malattia e poi era stata sorpresa a lavorare, contemporaneamente, presso un’impresa privata.
Ricordiamo che, insieme all’obbligo di fedeltà, il lavoratore è soggetto anche all’obbligo di riservatezza o di segretezza. Esso vieta al lavoratore di divulgare o di utilizzare, a vantaggio proprio o altrui, informazioni attinenti l’impresa, in modo da poterle arrecare danno. A differenza del divieto di concorrenza, che cessa al momento dell’estinzione del rapporto di lavoro, l’obbligo di riservatezza permane intatto anche dopo la cessazione del rapporto, per tutto il tempo in cui resta l’interesse dell’imprenditore a tale segretezza, ossia fino a quando l’azienda svolgerà la sua attività, nello specifico settore imprenditoriale in cui opera attualmente.