Elezioni: al voto meno della metà degli europei, solo il 43% alle urne
L’ Europa sprofonda nella crisi più lunga
e difficile della sua storia. Il lungo tunnel iniziato proprio cinque
anni fa con le prime elezioni dell’ Europa allargata a est prosegue,
oggi, con la prova delle urne nell’ era della grande crisi economica. I
primi dati danno già alcuni elementi chiari e inequivocabili per una
prima analisi: forte disaffezione dei cittadini europei con il minimo
storico di affluenza alle urne (43,39 per cento), crescita degli
euroscettici e dei partiti xenofobi, diffusa tendenza a un voto di
protesta per una crisi economica che continua a mordere la classe media
e quelle più povere un po’ in tutta Europa. Inoltre, in questo momento,
appare sempre più forte la distanza tra i rappresentanti delle
istituzioni europee e la percezione che i cittadini dei 27 hanno dell’
Europa di Bruxelles.
Dal punto di vista strettamente politico, c’è da sottolineare la forte
tenuta del Ppe che si conferma il primo partito europeo (267-271
seggi). A questo fa da controaltare la crisi della sinistra con i
laburisti inglesi e i socialisti francesi in crollo verticale e la
prima vera sconfitta per il premier spagnolo Josè Luis Zapatero. C’è
una difficoltà diffusa per i partiti di sinistra a tenere le posizione
di cinque anni fa e il gruppo socialista si assesterebbe, secondo i
primi dati, a 157-161 seggi all’ Europarlamento con un
ridimensionamento significativo. Buona affermazione dei Verdi che si
aggiudicano 54 seggi. Il terzo gruppo, al momento, è quello degli altri
che nelle prime stime si attesta su 83-89 eurodeputati e che contiene
tutti i partiti che al momento non hanno scelto una collocazione nelle
formazioni attualmente esistenti all’Europarlamento. Il raffronto con
la precedente legislatura è reso difficile dal fatto che c’erano 783
eurodeputati rispetto ai 736 che andranno a sedersi nella nuova
assemblea di Strasburgo. Il parlamento uscente aveva 288 deputati del
Ppe, 215 del Pse, 100 liberaldemocratici, 44 dell’Uen, 43 dei Verdi, 41
della Gue, 22 degli Ind Dem e 30 non iscritti.
Ma il dato politico complessivo preoccupante è quello della conferma
del disinteresse dei cittadini europei verso le tematiche europee.
Nella gran parte dei Paesi dell’ Ue si è parlato pochissimo di Europa.
In alcuni casi i temi europei sono spariti nelle campagne elettorali e
se gli elettori hanno abbandonato l’Europa, altrettanto hanno fatto
buona parte dei candidati impegnati in prima persona. La crescita dei
partiti xenofobi e antieuropei è preoccupante, ma non è una novità.
A questa distanza così difficile da colmare, c’è da aggiungere la
pesante crisi economica che colpisce tantissimi cittadini europei, la
mancanza di prospettive e di speranze, i licenziamenti, la paura per il
futuro, la voglia di chiudersi in se stessi rinunciando ad una visione
allargata e alla solidarietà comunitaria. Questi elementi spiegano il
successo del partito della libertà olandese, xenofobo e anti-islamico,
che ha ottenuto il 17 per cento dei voti (il triplo delle politiche del
2006) in un Paese fondatore della Cee ma che ha anche affossato le
speranze europee per le grandi riforme con il no referendario del 2005
alla bozza di Costituzione dell’ Ue. E spiegano – un esempio per tutti
– la crescita del partito nazionalista, anti-immigrati e anti-europeo
dei Veri Finlandesi che ha ottenuto il 10 per dei voti, rispetto allo
0,5 delle precedenti elezioni europee del 2004. In Germania calano sia
il partito del premier Angela Merkel sia i socialisti e forse quello
del più grande Paese europeo è l’esempio più significativo del «voto
contro i governi», con le eccezioni – tra i grandi Paesi – dell’ Italia
di Silvio Berlusconi e della Francia di Nicolas Sarkozy. Eccezioni
dovute a contingenze nazionali. Ci vorrà qualche giorno ancora per
metabolizzare questi risultati. Ma l’Europa non può più permettersi di
proseguire su questa strada scivolosa che la vede frammentata al suo
interno, indecisa sul suo futuro, incapace di essere protagonista sugli
scenari internazionali.
Grecia, vittoria socialista. Netta vittoria in Grecia,
secondo i primi exit polls, del partito socialista di opposizione Pasok
che avrebbe tra il 37% e il 39% alle elezioni per il Parlamento
europeo. Il partito conservatore Nuova Democrazia (Nd) del premier
Costas Karamanlis avrebbe tra il 30,5% e il 33%. In base a questi exit
poll, il Pasok di Giorgio Papandreou avrebbe 9 seggi dei 22 in palio
per la Grecia contro i 7 di Nd. Alle elezioni europee del 2004, con 24
scanni in palio, Nd aveva ottenuto il 43% e 11 seggi contro il 34% e 8
seggi del Pasok. In mezzo a una crescente astensione, che
ufficiosamente viene data a oltre il 40%, secondo gli exit poll i
comunisti del Kke si confermano terzo partito con tra l’8 e il 10% dei
voti (nel 2004 erano al 9,4%), mentre cresce l’estrema destra di Laos,
che scavalcherebbe con il 5-6% l’estrema sinistra di Syryza (intorno al
5%) seguita dagli Ecologisti Verdi che si confermerebbero come l’altra
sorpresa di queste elezioni, passando dall’1% delle ultime politiche al
4-5%.
Svezia, ecco il Partito dei pirati. Il Partito dei pirati, che
vuole difendere le libertà e legalizzare lo scambio di file su
Internet, entra nel Parlamento europeo con il 7,1% dei voti, secondo i
risultati parziali delle elezioni europee in Svezia. I
socialdemocratici, all’opposizione, sarebbero invece in testa con il
27,9% dei voti (il 24,6 nel 2004). Con il 15,9% dei voti (contro il
18,3 del 2004) il principale partito della coalizione di centrodestra
al potere, il Partito moderato, realizza – secondo i dati basati sulla
metà dei voti scrutinati – un pessimo risultato a poco più di un anno
dalle elezioni legislative. I verdi avanzano, con il 9,6% dei voti
rispetto al 6 del 2004, a danno del Partito della sinistra, che
arretrerebbe al 6% contro il 12,8 delle precedenti europee. Fondato nel
2006, il partito dei pirati, rivelazione della campagna elettorale
svedese, ha visto triplicare i suoi iscritti in seguito alla condanna a
un anno di prigione di quattro responsabili del sito svedese di scambi
di file multimediali The Pirate Bay. Sono 18 i seggi dell’Assemblea di
Strasburgo destinati alla Svezia.
Bulgaria, vince il sindaco di Sofia. Nessuna sorpresa in
Bulgaria: secondo i primi exit poll, è confermata la vittoria
preannunciata del partito conservatore Gerb del sindaco di Sofia, Boyko
Borissov, con il 23,5% e cinque seggi dei 17 della quota bulgara al
Parlamento europeo. Seguono il partito socialista del premier Serghei
Stanishev al governo con il 18% e quattro seggi e il partito della
minoranza turca, Mdl, con il 17,2% e tre o quattro seggi. Il partito
nazionalista Ataka ottiene il 10,1% e due seggi e conferma così la
posizione che già aveva al Parlamento europeo. La Coalizione azzurra,
di destra, ottiene il 7,4% e entra così per la prima volta con un
seggio a Strasburgo, mentre il partito dell’ex re Simeone, Ndsv (centro
destra), ottiene il 7,1% e un seggio.
Malta, trionfo laburista. Il partito laburista ha trionfato
nelle elezioni europee a Malta, conquistando il 55% dei consensi,
secondo dati ufficiali ancora parziali, contro il 41% del partito
nazionalista, conservatore, al governo dell’isola. Dei 5 seggi
riservati a Malta nell’europarlamento, tre vanno ai laburisti, due ai
nazionalisti. I risultati del voto, a cui Malta è arrivata dopo una
campagna elettorale che ha visto per protagonisti i problemi
dell’immigrazione clandestina e della crisi, premiano il neo leader
labusrista Jospeh Muscat, 34 anni, ex parlamentare europeo. Muscat è
riuscito a togliere di dosso al suo partito l’etichetta di anteuropeo,
visto che si era battuto in passato contro l’adesione di Malta all’Ue.
« Il no del partito all’Ue è una storia ormai chiusa. Siamo convinti
europeisti» ha più volte ripetto in campagna elettorale.
Cipro cresce il centrodestra. Con il 35,65% delle preferenze
il partito Adunata Democratica (Disy, centro-destra) si è aggiudicato
la vittoria rinnovando il successo delle consultazioni del 2004 in cui
ottenne il 28.23%. Gli aventi diritto al voto erano 526.060 (di cui
circa 1.300 turco-ciprioti) e 6.458 cittadini europei da 23 Paesi.
Insolitamente molto bassa l’affluenza alle urne che è stata solo del
41.12% contro il 71.19% del 2004.
Romania: testa a testa Pdl-socialdemocratici. Il partito
democratico-liberale (Pdl-Ppe) secondo i primi exit poll in Romania ha
raggiunto il 30,4% ma sarebbe testa a testa con i socialdemocratici
(accreditati del 31%), assieme ai quali è al governo. È stato da record
negativo l’affluenza: alla chiusura delle urne ha votato solo il
27,21%. In questo quadro, l’estrema destra nazionalista Grande Romania
(Prm) è riuscita a conquistare, secondo gli exit poll, almeno due seggi
al Parlamento di Strasburgo. Dopo il fiasco alle europee del 2007 in
Romania e alle politiche lo scorso novembre, il Prm stavolta ce l’ha
fatta. Certamente eletto sarà il leader Corneliu Vadim Tudor, scrittore
e poeta, noto durante il comunismo per gli inni al dittatore Ceausescu.
Al Pe Tudor sarà accompagnato dal controverso imprenditore George
Becali, patron dello Steaua di Bucarest e numero 2 sulla lista del Prm,
indagato per aver sequestrato lo scorso gennaio dei criminali che gli
avevano rubato l’auto e 100.000 euro. A Strasburgo potrebbe approdare
anche la bella Elena Basescu, figlia del presidente Traian Basescu, che
stasera le era accanto all’annuncio degli exit poll che la danno al
3,4%. Secondo i commentatori, la Basescu junior ha tolto voti al
Pdl-Ppe, vicino al padre. Il leader socialdemocratico Mircea Geoana ha
definito stasera «imbarazzante» come Basescu «abbia fatto uso della
propria figlia» nella campagna, dicendosi convinto che il suo partito
vincerà le presidenziali in autunno.
Slovenia al centro-destra. I risultati ufficiali delle europee
in Slovenia, con il 95% di schede scrutinate, confermano la vittoria
della maggiore formazione di opposizione di centro-destra, il Partito
democratico sloveno (Sds) dell’ex premier Janez Jansa che ottiene il
26,9 per cento dei voti e due dei setti eurodeputati che aderiscono al
Ppe. L’affluenza è stata tra le più basse in Europa, appena 28 per
cento degli 1,7 milioni di aventi diritto al voto, quasi ugulae a
quella delle europee del 2005. Il partito socialdemocratico del primo
ministro Borut Pahor ha ottenuto il 18,45 %, mezzo punto in più di
cinque anni fa, ma molto meno rispetto al 30 per cento delle politiche
di settembre. A Strasburgo andranno due deputati, aderenti al Pse. I
due partiti liberal-democratici,(Lds-11,52 e Zares-9,83%) manderanno
ciascuno un deputato al gruppo Alde, mentre un altro aderirà al Ppe
eletto dalle file dei cristiano-democratici Nsi (Nuova Slovenia), al
16,31%, che solo dieci mesi fa non era riuscito a passare lo
sbarramento del 5 per cento rimanendo fuori dal parlamento nazionale di
Lubiana.
Danimarca: bene gli estremi. In Danimarca, paese con 13 seggi al
parlamento europeo, avanzano, secondo gli exit poll, due partiti agli
estremi degli schieramenti di destra e di sinistra: il partito del
Popolo Danese, nazionalista e xenofobo, e il Partito del Popolo
Socialista. Entrambi conquisterebbero un seggio in più ottenendone
rispettivamente 2, con il 15,1% dei voti il primo e il 15% il secondo.
I socialdemocratici sono in forte calo ma resterebbero il primo partito
del paese con il 22,3% e 4 seggi. La coalizione di governo
liberali-conservatori otterrebbero il primo il 20,8% e il secondo
l’11,6% mantenendo il primo tre seggi e il secondo uno. Il Movimento
del Popolo contro l’UE manterrebbe il suo unico seggio, con un 7% di
voti. Nessun seggio verrebbe assegnato, secondo gli exit poll, ai
radicali, al Movimento di Giugno e ad Alleanza liberale.
Repubblica ceka vincono i conservatori. In dirittura d’arrivo
del suo turbolento semestre di presidenza dell’Ue, ha vinto il partito
conservatore Ods (Civici democratici) dell’ex premier silurato Mirek
Topolanek col 28,82%. Al secondo i socialdemocraitci (Cssd) col 24,59%,
seguiti da comunisti (Kscm) col 15,5% e i popolari (Kdu-Csl) con l’8%.
I seggi sono 22, l’affluenza era 26,3%.
Slovacchia ai socialdemocratici. Vincitore è il partito
socialdemocratico Smer del premier Robert Fico con il 32,02% e cinque
seggi su 13 in tutto. Seguono lo Sdku (cristiano democratici) col
16,99% e due seggi, il Smk (minoranza magiara) col 11,34% e due seggi,
il Kdh (cristiano democratici) col 10,87% e due seggi, l’Hzds
(movimento per la Slovacchia democratica)con l’8,98% e un seggio e lo
Sms (nazionalisti) 5,55% e un seggio. L’affluenza era del 19.64%.
Polonia ai liberali. Nel maggiore dei nuovi membri Ue si
conferma una vittoria del partito liberale del premier Donald Tusk Po
con il 45,3%, seguito da quello conservatore all’opposizione Pis dei
gemelli Kaczynski al 29,5%, dall’Alleanza della sinistra democratica
con l’Unione del pavoro (Sld-Up) col 12% e il Partito dei contadini Psl
col 7,9%. Affluenza: 27,4%.
Irlanda, batosta al governo. La crisi economica e il
risentimento dei cittadini irlandesi verso il modo in cui il governo ha
deciso di affrontarla hanno assestato un colpo largamente pronosticato
al Fianna Fail, il partito conservatore al governo dal 1997, che
secondo i dati provvisori pubblicati sul sito dell’Europarlamento,
crolla dal 30 al 24% dei voti circa e scivola al secondo posto,
facendosi sorpassare dal centrista Fine Gael, che ha intorno al 29%.
Terzo partito, con il 13%, il Labour, che si conferma terzo partito.
Belgio, arretra la destra xenofoba. Dalle urne – si votava anche
per le regionali – i cristiano-democratici fiamminghi del premier Van
Rompuy ottengono il 15,2%, confermando i tre seggi che già avevavno a
Strasburgo. Sono seguiti dagli autonomisti dell’ Open VLD dell’ex
premier Guy Verhofstadt, che ottengono il 13,1%, e dal Vlaams Belang,
che con il 10,5% perde quasi quattro punti dalle europee del 2004. Ad
avvantaggiarsene è stata soprattutto una inedita Lista Dedecker,
formazione non razista ma dai toni populisti, guidata dall’ex
allenatore della squadra nazionale di judo. Grande successo dei verdi,
con i francofoni di Ecolo che balzano all’8% e i fiamminghi di Groen al
5,1%. In calo, tra i partiti francofoni, il Movimento riformatore (Mr)
dell’ex commissario Ue Louis Michel e il partito socialista (Ps).
Lussemburgo: Junker succede a se stesso. Qui si votava anche per
le politiche. Ma la crisi finanziaria ed economica, che colpsice anche
le banche e le famiglie del Granducato, sembra non scalfiggere la
popolarità del governo guidato da una colazione tra i cristiano-sociali
(Csv) e i socialisti (Lsap). I primi, guidati dal premier e ministro
delle finanze Juncker (che è anche presidente dell’Eurogruppo),
ottengono il 38,1%, due punti in più rispetto al ’94, i secondi calano
leggermente al 21,3%. Quanto basta per vedersi riconfermati alla guioda
del Paese. Seguono a distanza tutti gli altri partiti, dai liberali che
calano ai verdi che rimangono stabili. Arretra la destra populista, che
comunque ottiene l’8,1%.