Elezioni anticipate? Solo in autunno
Non è facile arrivare presto allo scioglimento
delle Camere ed è ormai quasi impossibile votare a giugno. I tempi
tecnici, infatti, sono troppo lunghi. Vediamoli.
Le consultazioni e lo scioglimento
Per
avviare la procedura di scioglimento anticipato delle Camere occorre
verificare se in Parlamento c’è una maggioranza favorevole al voto.
Naturalmente, per avviare la procedura si parte dalla crisi di governo.
E’ sufficiente che il Presidente del Consiglio vada dal Capo dello
Stato e si dimetta. Quest’ultimo, però, può rinviarlo alle Camere per
verificare – con un dibattito che può concludersi con o senza un voto –
se la maggioranza c’è ancora. Oppure può accogliere le dimissioni, poi
consultare i gruppi parlamentari, gli ex capi dello Stato e i
presidenti delle Camere, per capire se si può formare un nuovo governo
(con la stessa maggioranza o una diversa) e per sapere quanti sono i
favorevoli e i contrari allo scioglimento anticipato delle Camere. La
legislatura iniziata nel 2008 dovrebbe concludersi “normalmente” nel
2013 (articolo 60 della Costituzione) ma se non ci fossero le
condizioni si dovrebbe procedere all’interruzione anticipata: “Il
Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere
le Camere o anche una sola di esse” (articolo 88 Cost.). In altre
parole, esaurita la fase delle consultazioni (compresi eventuali
“mandati esplorativi” a personalità politiche per verificare le
condizioni per un nuovo governo ed eventuali incarichi per “governi
tecnici” o “del presidente” che non dovessero andare a buon fine, cioè
non raccogliessero il sostegno di una maggioranza parlamentare) il Capo
dello Stato Napolitano dovrebbe chiedere al Presidente della Camera
Fini e al Presidente del Senato Schifani un “consiglio” sullo
scioglimento delle Camere. Si tratta di pareri non vincolanti, ma
politicamente e istituzionalmente “pesanti”. Se, alla fine di tutto
questo percorso, il Quirinale decidesse che non c’è altra via, si
andrebbe alle elezioni. Di solito, tutta questa trafila (dalla crisi di
governo allo scioglimento) richiede almeno un paio di settimane, quindi
il decreto arriverebbe a maggio inoltrato.
Dal decreto al voto
Dal momento dello
scioglimento con decreto del Capo dello Stato (su deliberazione del
Consiglio dei ministri) che “indice le elezioni delle nuove Camere e ne
fissa la prima riunione”, secondo l’articolo 87 Cost., passano fra i 45
e i 70 giorni prima del voto. L’articolo 61 della Costituzione
stabilisce che “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro
settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo
non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”. Secondo la normativa
elettorale vigente, il decreto di scioglimento “è pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale non oltre il 45° giorno antecedente quello della
votazione”. In altre parole, non si può votare se non almeno 45 giorni
dopo lo scioglimento (secondo la legge) ed entro 70 (secondo la
Costituzione). Se si sciolgono le Camere – poniamo – il 12 maggio, si
può votare solo in una domenica e un lunedì compresi fra il 26 giugno e
il 21 luglio. La prima data utile è, in tal caso, il 27-28 giugno,
l’ultima il 18-19 luglio. Se lo scioglimento è effettuato il 15, si va
direttamente alla prima domenica di luglio.
Se si
decide di andare a votare in autunno (per la prima volta nella storia
repubblicana) si deve scegliere una data in ottobre, perchè a novembre
il clima potrebbe convincere – soprattutto nelle zone più fredde del
Paese – molti elettori a non andare alle urne. La prima domenica di
ottobre è il 3, l’ultima – per ragioni ovvie – non è il 31 (che
coincide col “ponte” del 1°-2 novembre, quando molte persone si
spostano per le ricorrenze di quei giorni) ma il 24. Per votare il 3-4
ottobre le Camere possono essere sciolte fra il 27 luglio e il 21
agosto; per votare il 24-25 ottobre il decreto presidenziale può
arrivare fra il 16 agosto e il 9 settembre. La prima riunione delle
nuove Camere avverrebbe non oltre il 23 ottobre (se si votasse il 3) o
entro il 13 novembre (voto il 24 ottobre). Resta il nodo politico
dell’approvazione della Finanziaria (o “Disegno di legge di stabilità”, che va in Parlamento in autunno) ma questo è un altro discorso.