Emergenza rifiuti in Campania, l’UE condanna l’Italia
L’emergenza rifiuti ha messo a rischio la salute dei cittadini campani.
Lo sostiene la quarta sezione della Corte europea di giustizia che ha
condannato l’Italia, congelando 500 milioni di fondi Ue. Una sentenza
di venticinque pagine che contiene durissime censure all’operato del
governo. La premessa della sanzione è nella diffida allo stesso governo
italiano, inviata nel giugno del 2007 dalla commissione a causa
dell’accumularsi dei rifiuti in Campania. Un mese dopo, l’arrivo a
Napoli di una delegazione per un sopralluogo; dopo una serie di
incontri e riunioni con i rappresentanti italiani, il primo febbraio
del 2008 la commissione spedisce un «parere motivato», invitando
l’Italia a conformarsi entro un mese alle direttive europee. Il 4 marzo
arriva la replica, giudicata insufficiente, e parte il ricorso. Ieri la
sentenza della Corte europea e la condanna. L’Europa ha contestato il
basso tasso di differenziata, l’insufficienza delle discariche e degli
impianti di lavorazione dei rifiuti e di termovalorizzazione. La
Repubblica Italiana ha sottolineato l’impegno per risolvere la
situazione e ha poi informato la commissione dell’apertura delle
discariche di Savignano e di Sant’Arcangelo e del varo del decreto del
maggio 2008 che prevedeva l’apertura di nuovi siti, la realizzazione di
cinque termovalorizzatori e un nuovo impegno per la differenziata.
Troppo tardi, per l’Europa: i provvedimenti sono arrivati, infatti,
dopo la scadenza dei termini previsti. Ma non è finita. L’Italia ha
sostenuto che l’emergenza non ha provocato danni alla salute dei
cittadini campani, tesi supportata da uno studio dell’organizzazione
mondiale della sanità. Ma i risultati del rapporto, ha sostenuto la
Commissione, «corroborano la nozione di un’anomalia nello stato di
salute della popolazione residente nei comuni dell’area nord-est della
provincia di Napoli e sud-ovest della provincia di Caserta». E ancora:
«Lo studio in questione avrebbe anche confermato l’ipotesi che eccessi
di mortalità e malformazioni tendano a concentrarsi nelle zone dove è
più intensa la presenza di siti conosciuti di smaltimento dei rifiuti».
La Corte europea scrive nella sentenza: «Un accumulo nelle strade e
nelle aree di stoccaggio temporanee di quantitativi così ingenti di
rifiuti ha indubbiamente creato un rischio per l’acqua, l’aria, il
suolo e per la fauna e per la flora». Di fronte a questi dati l’Europa
non ammette scuse. Gli avvocati italiani avevano sostenuto che le
disfunzioni campane erano giustificate dalla presenza della malavita
organizzata, dalle inadempienze contrattuali della Impregilo e dalle
manifestazioni popolari. Giustificazioni respinte al mittente. Con
danni. È scritto, infatti, nella sentenza: «In merito alla presenza di
organizzazioni criminali o di persone connotate come ”operanti ai
limiti della legalità” che sarebbero attive nel settore della gestione
dei rifiuti, è sufficiente rilevare che tale circostanza, anche
supponendola provata, non può giustificare la violazione da parte dello
stato membro degli obblighi ad esso incombenti». Si passa poi alla
vicenda Impregilo. E qui la Corte è anche più dura: «Un’amministrazione
diligente – è scritto nella sentenza – avrebbe dovuto adottare le
misure necessarie a tutelarsi contro gli inadempimenti contrattuali
come quelli avvenuti in Campania o a garantire che, nonostante tali
mancanze, fosse assicurata la realizzazione effettiva e nei tempi
previsti delle infrastrutture necessarie allo smaltimento dei rifiuti
della Regione». E le manifestazioni popolari? La commissione sostiene
che sono la conseguenza e non la causa dell’emergenza e la Corte ancora
una volta le dà ragione e sottolinea che le situazioni interne non
possono giustificare inadempienze rispetto alle norme europee.