Energia atomica, il governo in affanno “Centrali solo in Regioni che dicono sì”
Sarebbe un errore congelare il piano per il nucleare in Italia dopo l’emergenza giapponese, ma le Regioni italiane stiano tranquille: le centrali non verranno costruite nel territorio di chi negherà il suo assenso. Così, nella seduta delle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera svoltasi ieri sera, il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia cerca di frenare l’allarmismo sul nucleare. E, pur di rassicurare le amministrazioni locali, va persino oltre quanto previsto dal piano. Poco più di un anno fa, la Cassazione ha infatti stabilito che, per la costruzione di un impianto nucleare, lo Stato ha l’obbligo di chiedere un parere alle Regioni interessate, parere però “non vincolante” rispetto alla decisione. E, a fine 2010, la Consulta aveva boccuato le leggi regionali con cui Puglia, Calabria e Campania avevano “vietato” il nucleare nel loro territorio, legiferando in una materia che è specifica competenza del governo centrale. Ebbene, per Saglia quel parere regionale ora diventa politicamente vincolante: “Non si potranno realizzare le centrali nucleari nelle Regioni che si esprimeranno negativamente sulla localizzazione degli impianti nel loro territorio e il programma energetico nucleare non potrà essere realizzato in assenza di una totale condivisione delle comunità territoriali coinvolte” ha volutamente sottolineato ieri sera il sottosegretario. Dal canto loro, le commissioni Ambiente e Lavori pubblici e attività produttive della Camera hanno espresso parere favorevole, con condizioni, sul decreto legislativo correttivo sulla localizzazione dei siti nucleari. Il dlgs si è reso necessario dopo che la Consulta aveva deciso che il parere delle regioni è obbligatorio anche se non vincolante. Il Pd è uscito al momento del voto, l’Idv ha votato contro. A favore, insieme alla maggioranza, anche Fli e Udc (ma Savino Pezzotta, Udc, si è astenuto). Il sottosegretario Saglia ha confermato che martedì dovrebbe arrivare il parere del Senato e mercoledì il Consiglio dei ministri approverà il decreto legislativo in via definitiva. Sulla questione nucleare è intervenuta il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, rispondendo nel corso del “Question Time” alla Camera a due interrogazioni di Idv e Pd: “Il Governo intende affrontare la questione della sicurezza nucleare in ambito europeo, uniformando le proprie scelte a quelle che verranno assunte in sede di Unione Europea”. “É stato deciso di svolgere degli stress test nelle centrali nucleari europee – ha spiegato la Prestigiacomo -. L’Italia seguirà con particolare attenzione gli esiti di questi test”. Per il ministro “è sbagliato e irresponsabile prendere decisioni sull’onda emotiva. Al governo stanno a cuore innanzitutto la salute e la sicurezza dei cittadini. Questa è sempre la priorità. Speriamo e ci auguriamo che al di là della propaganda si possa sviluppare un dibattito non ideologico. L’energia non è nè di destra nè di sinistra”. Nella sua controreplica, Antonio Di Pietro ha accusato la Prestigiacomo: “Lei, signor ministro, ha detto una bugia clamorosa – afferma il leader di Idv -. Perché il commissario europeo ieri ha affermato che ‘l’Unione europea deve valutare un’opzione zero sul nucleare dopo gli eventi giapponesi. L’esatto contrario di quello che lei oggi vuole far credere agli italiani. Per questo motivo, noi chiediamo a tutti i cittadini di andare a votare il nostro referendum contro il nucleare”. Per i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, “oggi è stata messa la pietra tombale sul ritorno del nucleare in Italia. Il sottosegretario Saglia ha testualmente dichiarato che il nucleare si potrà fare solo nelle Regioni che diranno di sì alla localizzazione nel proprio territorio. Il che vuol dire che nel nostro Paese l’energia atomica non ci sarà mai, perché nessuna Regione, comprese quelle amministrate dal centrodestra, intende dare l’assenso”. Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, ribadisce il suo favore al nucleare ma ammette che oggi “all’ordine del giorno c’è il problema sicurezza”. “Dobbiamo dare informazioni precise alla pubblica opinione, non possiamo nascondere nulla – dichiara ai cronisti in Transatlantico -. Le decisioni non devono essere prese dalla pancia o sull’onda delle emozioni ma sulla base di dati precisi”. “E’ da verificare se le centrali esistenti in Europa siano in grado di assicurare la sicurezza – chiarisce Romani -. Il problema non è italiano, è stato deciso di fare un coordinamento in Europa per eseguire gli stress test”. La seduta notturna era stata convocata dopo la sospensione di quella pomeridiana a causa dell’assenza di un esponente del governo. Saglia, benché malato, è partito da Brescia per essere presente a Roma a causa dell’indisponibilità di altri esponenti dell’esecutivo. Esecutivo a cui numerosi esponenti del Pd hanno chiesto la “sospensione” del piano alla luce dell’incidente alla centrale Fukushima e delle decisioni degli altri Paesi europei. Un fronte, quello dei contrari al nucleare, cui negli ultimi giorni si sono uniti anche diversi esponenti della maggioranza, a cominciare da vari governatori. Per tutta risposta, Saglia ha chiesto che “la tragedia immane in atto in Giappone non sia connessa con le scelte per il nucleare: si tratta di una catastrofe inimmaginabile, con conseguenze imprevedibili. Dei 55 reattori nucleari presenti in Giappone, 11 sono stati bloccati secondo le procedure di sicurezza; solo quattro reattori stanno attraversando una fase critica e, di questi quattro, solo un reattore ha registrato il mancato funzionamento dei sistemi di raffreddamento”. Per il sottosegretario, quindi, sarebbe “inopportuna una modifica da parte del governo delle decisioni già assunte sul piano energetico sull’onda emotiva degli eventi catastrofici del Giappone”. Quanto alle scelte degli altri Paesi europei, Saglia ha sottolineato “come la Germania si sia limitata a decidere una moratoria sul prolungamento delle centrali nucleari dello stesso modello di quello entrato in crisi in Giappone. Altra questione è invece la necessità di un maggior coordinamento delle autorità nazionali di sicurezza che, anche alla luce delle decisioni del Consiglio dell’Unione europea convocato per il prossimo lunedì 21 marzo, dovrà riguardare anche la fissazione di requisiti di sicurezza degli impianti europei”.