Eni: minaccia Ue su rete gasdotti
Minaccia Ue per i gasdotti Eni: un’inchiesta antitrust della
Commissione europea potrebbe costringere il gruppo italiano a cambiare
il suo business e spezzare il redditizio network del gas naturale. E’
quanto scrive il Wall Street Journal, riferendosi
all’indagine in cui l’Eni è accusata di abuso di posizione dominante
nel mercato europeo del gas naturale. L’Eni ha chiesto un’audizione,
che si terrà il 27 novembre. Una decisione è attesa il prossimo anno.
«Il
gigante italiano dell’energia Eni», si legge sul Wsj, «ha di fronte una
minaccia per il suo lucrativo business del gas naturale, considerato a
lungo un contrappeso rispetto alla volatilità dei prezzi del petrolio».
Le autorità di concorrenza Ue, infatti, «stanno pensando di spezzare il
suo network» del gas.
All’audizione del 27 novembre – secondo la portavoce del
commissario antitrust Ue, Neelie Kroes – l’Eni intende rispondere
all’accusa di Bruxelles di avere ristretto ai concorrenti l’accesso
alla sua estesa rete di gasdotti. L’audizione sarà l’ultimo passaggio
prima della decisione Ue.
L’Eni gestisce una rete di gasdotti che
porta «nel cuore dell’Europa» il gas naturale dai grandi Paesi
fornitori, Russia, Algeria, Norvegia. Il business, continua il Wsj
«genera più di un terzo dei ricavi di Eni». Il gruppo quindi «rischia
di perdere il controllo di gasdotti vitali, che per decenni sono stati
le principali arterie del suo business del gas».
Bruxelles accusa l’Eni di essersi rifiutata di vendere capacità nei
suoi gasdotti ai concorrenti che cercavano una via per consegnare gas
russo e olandese ai Paesi europei. L’Ue ha anche accusato l’Eni di un
«sotto-investimento strategico» che ha ristretto la quantità di gas
naturale trasportato nei gasdotti.
In caso di condanna, l’Eni rischia una multa di miliardi di euro,
fino al 10% del suo giro d’affari, che nel 2008 ammontava a 108
miliardi di euro. Bruxelles potrebbe anche costringere l’Eni a vendere
una parte della sua rete di gasdotti.
Secondo gli analisti
interpellati dal Wsj, «la finestra dell’Eni per negoziare un
compromesso si sta assottigliando» e la Commissione europea potrebbe
essere orientata ad adottare una decisione negativa.
L’indagine Ue, scrive il Wsj, «è solo uno dei fattori che pesano
sul business del gas naturale dell’Eni». Il calo della domanda ha fatto
scendere i prezzi europei e minato i progetti di nuovi gasdotti. Eni
sta cercando un altro partner per il progetto insieme a Gazprom di
costruire il gasdotto South Stream. Nel frattempo Knight Vinke, un
fondo d’investimento attivista che detiene l’1% di Eni, vuole che il
business delle forniture di gas sia separato dal resto.
Il Wall
Street Journal definisce l’Eni come «uno degli attori più audaci» nel
settore petrolifero, avendo fatto «accordi con regimi controversi» e
trivellato nelle aree più remote e difficoltose. «L’alto rischio della
ricerca Eni di nuovi approvvigionamenti di greggio è stato compensato
dalla relativa stabilità del business del gas naturale». A differenza
di altre “majors” del petrolio, infatti, Eni possiede alcuni dei più
grandi gasdotti europei e controlla una vasta rete di distribuzione.
Ambientalisti contro progetto Eni in Africa
In un altro articolo, il Wall Street Journal punta l’attenzione
sulle critiche degli ambientalisti al progetto dell’Eni per ottenere
petrolio dalle sabbie catramose della Repubblica del Congo. Gli
attivisti denunciano che il progetto potrebbe mettere in pericolo una
delle più grandi foreste pluviali tropicali.
L’Eni afferma che il
greggio sarebbe prodotto in un’area di savana e non nuocerebbe
all’ambiente. Ma uno studio della fondazione Heinrich Böll, un
think-tank dei Verdi tedeschi, cita rapporti interni dell’Eni secondo i
quali più della metà della zona di esplorazione sabbiosa è formata da
«foreste primarie e altre aree con alta bio-diversità». L’Eni lo nega.