Enti fuori patto a mobilità incerta
Le sanzioni in materia di assunzioni per chi non ha rispettato il patto
di stabilità nell’anno precedente sono ancora in cerca di certezze.
Diverse interpretazioni su mobilità e utilizzo del personale in
convenzione (si veda l’altro articolo in pagina) lasciano aperte molte
e delicate questioni; al punto che sullo stesso tema si possono avere
interpretazioni diverse da parte delle stesse istituzioni chiamate a
dirimere i nodi applicativi. Nel caso della mobilità, Corte dei conti e
ministero dell’Economia non suonano la stessa musica.
Non poter assumere personale a qualsiasi titolo è certamente un
limite che rischia di mettere in discussione i servizi erogati ai
cittadini, e quindi gli enti temono ogni errore quando si tratta di
scegliere le decisioni più opportune. Gli operatori rivendicano almeno
il diritto ad assumere tramite mobilità, o con qualche altro istituto
che pur non costituendo assunzione permetta di avvalersi dell’attività
lavorativa di altri soggetti.
La visione della Corte dei conti, però, sembra andare ben oltre a
un calcolo di “teste” sulle assunzioni. Il mancato rispetto del patto,
in questa lettura, non blocca solo le assunzioni, ma qualsiasi
incremento della spesa di personale. I giudici del Veneto hanno già
effettuato una ricognizione generale sull’argomento con la
deliberazione 6/2010 (si veda «Il Sole 24 Ore» dell’8 marzo scorso). A
questa si affianca ora la delibera 22/2010 della Corte dei conti del
Piemonte, che considera anche le eventuali assunzioni tramite mobilità.
Per inquadrare meglio la situazione, è opportuno partire dalla
deliberazione 21/2009 della sezione Autonomie, la quale ha affermato
che la mobilità non costituisce cessazione. La Funzione pubblica, dal
canto suo, ha ribadito in una comunicazione inviata il 19 marzo scorso
alla Croce rossa italiana che la mobilità non è neutrale, e va
considerata come un’assunzione quando l’amministrazione cedente non è
sottoposta ai vincoli assunzionali mentre lo è l’amministrazione
ricevente.
La particolarità risiede quindi nel fatto che mentre la mobilità
non è considerata cessazione, la stessa potrebbe essere considerata
assunzione a tutti gli effetti per l’amministrazione “ricevente”. Lo
stesso istituto ha quindi due facce diverse, il che crea ancora più
confusione negli operatori degli enti locali. Nel parere citato sopra,
la sezione regionale della Corte dei conti del Piemonte ha affermato
che il divieto di assunzione per chi non ha rispettato il patto di
stabilità ai sensi dell’articolo 76 del Dl 112/2008 si applica anche
all’istituto della mobilità considerandola di fatto come nuova
assunzione a tutti gli effetti.
Il quesito era addirittura relativo alla mobilità per interscambio.
Il comune richiedente, non avendo rispettato il patto, ipotizzava la
possibilità di procedere in tal senso, visto che non ci sarebbe stato
alcun incremento della spesa; ma la sezione regionale ha bloccato
questa possibilità specificando che appare coerente con il quadro
normativo la preclusione dei «trasferimenti per mobilità, a prescindere
da ogni valutazione in merito alle variazioni generate sulla spesa
complessiva, o in ordine all’essere gli stessi operazioni neutre per la
finanza pubblica».
Ma non finisce qui. Sull’argomento un altro ente locale ha
interpellato il ministero dell’Economia chiedendo lumi sulla
possibilità di sostituire un dipendente tramite mobilità a invarianza
della spesa. La sibillina, ma efficace, risposta tramite e-mail da
parte della ragioneria generale è stata la seguente: è possibile
usufruire della mobilità volontaria solo per compensazione, senza oneri
aggiuntivi, quindi con personale della medesima posizione economica.
Come si può vedere, serve urgentemente un chiarimento ufficiale.