Oltre all’allentamento delle ganasce sotto i 2mila euro, che nel fisco locale ha un impatto molto più ampio rispetto a quel che accade nei tributi erariali, la riscossione di Comuni, Province e realtà collegate riceve dal varo definitivo del decreto Sviluppo un pacchetto ampio di novità.
Il cuore della mini-riforma fiscale è l’addio repentino di Equitalia, che secondo la norma a partire da gennaio cesserà «di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali».
Salutato l’agente nazionale della riscossione, i 6.100 Comuni (cioè il 75% del totale) che se ne servono per la riscossione delle entrate dovrà attrezzarsi per fare da solo, oppure affidare il servizio a società «interamente pubbliche»: come terza alternativa, di fatto residuale, il legislatore offre la possibilità di servirsi delle società private iscritte all’Albo della riscossione (sono un’ottantina), che però con un balzo indietro di un secolo dovranno abbandonare la procedura «esattoriale» dell’ingiunzione, più rapida ed effettuata tramite l’ufficiale della riscossione, e tornare a quella classica disciplinata dal Regio decreto 639 del 1910, che impone il passaggio dall’ufficiale giudiziario. I problemi sollevati dalla mini-riforma sono molti, come testimoniano anche le mozioni parlamentari per cambiarla approvate contestualmente al suo stesso varo.
Entrate
Il primo nodo riguarda la tenuta effettiva delle entrate. Oggi, con tutti gli strumenti della coattiva in campo, le entrate che arrivano in cassa puntuali, nello stesso anno in cui sono accertate, non superano il 66% del totale.
Fra tributi e tariffe, i tempi lunghi interessano circa 8 miliardi all’anno, che spesso entrano nei meccanismi della riscossione coattiva. Abbandonata l’iscrizione a ruolo, prerogativa di Equitalia, e spesso senza le ganasce, perché a differenza dei crediti erariali quelli comunali sono spesso sotto i 2mila euro, una grossa fetta di queste somme andrà recuperata con il meccanismo soft degli «inviti», ed è probabile che il tasso di riscossione effettiva subisca un grosso taglio.
Organizzazione
Nello stesso senso vanno anche le difficoltà organizzative con il vuoto improvviso che si crea con l’addio immediato di Equitalia.
Agli enti, come accennato, la norma indica due vie principali e una terza residuale: le prime due sono la reinternalizzazione del servizio, che si scontra però con il blocco delle assunzioni e l’assenza di ufficiali della riscossione negli organici locali, o l’affidamento a società interamente pubbliche. Di fatto, questa seconda opzione presupporrebbe la costituzione di migliaia di società, anche perché i vincoli concorrenziali impongono alle società pubbliche di operare solo nel territorio del Comune proprietario.
I Comuni fino a 30mila abitanti, però, non possono costituire nuove società (lo vieta la manovra 2010), mentre l’associazione di più enti per superare questa soglia deve faticare non poco per garantire il requisito del «controllo analogo», che impone agli amministratori di esercitare sulle partecipate gli stessi poteri che hanno sui propri uffici.
Resta da chiarire, inoltre, il destino delle cartelle che Equitalia non riuscirà a incassare entro il prossimo Capodanno: secondo la norma, infatti, l’agente della riscossione «cessa le attività» con gli enti locali dal 1° gennaio, con una formulazione tranchant che non chiarisce le modalità del passaggio di consegne.
I privati
Prospettive difficili anche per le società private di riscossione: loro hanno negli organici gli ufficiali della riscossione (sono circa 600, secondo le stime), ma non li potranno più utilizzare perché non previsti dalla disciplina del 1910 in cui sono relegati dal Dl Sviluppo. Per paradosso, quindi, i Comuni potrebbero utilizzarli ma non assumerli, mentre le società che li hanno in forze non potrebbero impiegarli.
Quest’obbligo di gareggiare con armi spuntate, inoltre, si trasforma in un incentivo di fatto alla ricerca di vie alternative da parte dei Comuni, mettendo a rischio le prospettive di mercato.