EQUITALIA CI AVEVA PROVATO A NON REVOCARE IL FERMO AMMINISTRATIVO NONOSTANTE LA RATEIZZAZIONE
Storie ordinarie di diritti violati da parte del fisco. Stavolta Equitalia ci aveva provato con un contribuente pugliese che si era ritrovato con un fermo amministrativo dell’auto per cartelle non pagate. L’uomo chiede ed ottiene copia delle cartelle e la rateizzazione del debito. Paga la prima rata ma, trascorse alcune settimane, il fermo dell’auto che usa per lavorare non viene rimosso.
«Mi reco allo sportello per protestare – racconta il cittadino – e l’impiegato mi spiega che il fermo non sarà rimosso perché esisteva un’altra vecchia cartella non compresa nella rateizzazione e della quale non avevo ricevuto notizia».
Eppure, il pagamento rateale era stato concesso proprio sulla base del ruolo emesso dalla stessa Equitalia!
«A questo punto – continua il contribuente – mi faccio rilasciare un altro estratto di ruolo relativo a quella misteriosa cartella e scopro che era stata notificata nel lontano 2001». Una cartella ormai prescritta perchè nei 15 anni trascorsi non era intervenuto alcun atto interruttivo. Presenta istanza di autotutela in questi termini ma Equitalia la respinge, perché, si legge nel documento, «l’art.1 della L.24/12/12 n.228 comma 538 prevede che l’istanza di autotutela
sia presentata, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla notifica
dell’atto».
Peccato che – come poi è stato spiegato al malcapitato contribuente dal suo avvocato di Lecce – «il comma 538
dell’art.1 della L.228/12 non prevede un termine di sessanta giorni, ma di
novanta, non lo prevede a pena di decadenza e soprattutto contiene una lettera
f), assente nel testo di legge riportato nella nota di Equitalia, che
prevede, tra i casi di annullamento in autotutela, qualsiasi altra causa
di non esigibilità del credito sotteso, quindi anche la prescrizione della
cartella e non del tributo».
Risultato: dopo la lunga via crucis, grazie alla diffida presentata dall’avvocato, il fermo è stato revocato.
«Ancora una volta, insomma – commenta il presidente di NOI CONSUMATORI, avvocato Angelo Pisani – il fisco ci aveva provato. Ed è una cosa gravissima perché il fenomeno colpisce generalmente anziani, persone indigenti e senza un sufficiente grado di preparazione. Tutte situazioni in cui il contribuente cala la testa e paga quanto non è dovuto, con una violazione palese dei suoi diritti da parte dello Stato».