EQUITALIA CONDANNATA A RISARCIRE IL CONTRIBUENTE PER INSISTENZE SU UN CREDITO ILLEGITTIMO E NON VERIFICATO
Se Equitalia insiste nella riscossione forzata di un credito non dovuto è tenuta a risarcire il contribuente, oltre al pagamento delle spese processuali. L’importante ordinanza della Cassazione (numero n. 25852 del 15 dicembre 2015) stabilisce infatti che il fisco non può – come aveva invece cercato di fare – scaricare la responsabilità della pretesa illegittima sull’ente
impositore, benché agisca in qualità di mandataria.
Per i giudici della Suprema Corte nel giudizio l’agente alla
riscossione compare in proprio e quindi spetta ad
Equitalia, non al mandante, la scelta se rinunciare o meno all’azione. In pratica, come qualsiasi soggetto dotato di legittimazione
processuale, in caso di colpa grave l’agente della riscossione deve essere condannato al
risarcimento del danno, oltre che alle spese processuali.
Si tratta, come si vede, di un provvedimento destinato a riportare la bilancia della Giustizia dalla parte dei contribuenti ingiustamente vessati. D’ora in poi potrebbe infatti accadere che Equitalia cominci a verificare i documenti sulla base dei quali esegue il procedimento di esecuzione forzata, per verificare se tali attività in danno del contribuente siano o meno legittime.
«Un principio di Giustizia ovvio e doveroso – commenta il presidente di NOI CONSUMATORI, avvocato Angelo Pisani – eppure si è dovuto attendere questa rilevante ordinanza della Cassazione perché venisse effettivamente applicato».
«(…) Va ribadito – scrivono i giudici della Cassazione, quarta Sezione Civile, Presidente Ragonesi, relatore Cristiano Fatto – che l‘agente alla riscossione agisce in giudizio in proprio, sia
pure in virtù del sottostante rapporto di mandato intercorrente con l’ente
impositore, cosicché spetta ad esso, e non al mandante, la scelta se rinunciare
o meno all’azione: ne consegue che, al pari di ogni altro soggetto dotato di
legittimazione, anche l’agente soggiace alla sanzione processuale derivante
dall’aver agito con colpa grave, per avere (come nel caso di specie) non solo
riproposto una domanda avente ad oggetto un credito già in precedenza
accertato, ma insistito per ottenerne l‘accoglimento persino dopo aver
usufruito, a sua richiesta, di un apposito termine per verificare i documenti
di cui è in possesso od assumere le necessarie informazioni presso il mandante».