Equitalia non paga, la ditta chiude «Lo Stato saldi i debiti con i Bot»
Una vicenda paradossale, che testimonia una volta di più quanto lo Stato sia lontano dalle esigenze della parte attiva del Paese, quella che produce, che contribuisce all’occupazione e alla stabilità». È il commento della Cna sul caso dell’azienda modenese costretta a mettere in cassa integrazione 60 operai a causa dell’insolvenza di Equitalia. Un caso «aberrante. Particolarmente grave è il fatto che siano le imprese più virtuose, quelle che producono in Italia e vendono all’estero, a pagare dazio a questa situazione insostenibile. Ma non finisce qui: è comico, nella sua tragicità, che a questo debito di 600mila euro si sommino ora anche i costi legati alla cassa integrazione. Un classico caso, insomma, dove lo Stato finisce per far male a sé stesso». Per la Cna bisognerebbe «permettere trimestralmente la certificazione di questi crediti. Ciò consentirebbe di scontarli le banche, operazione che avrebbe comunque un costo per le imprese, ma che consentirebbe almeno di sopperire ai problemi di liquidità. Oppure di emettere titoli di stato – Bot, Bpt – a fronte di questi crediti. Anche questa inedita modalità di rimborso consentirebbe di dare liquidità alle imprese, necessità resa ancor più pressante dagli accordi di Basilea3. Inoltre il credito certificato potrebbe essere utilizzato anche con i fornitori, che a fronte di questa garanzia “reale”, potrebbero anticipare materiali e servizi almeno per un 60/80% del valore certificato».
Attualmente, spiega l’associazione, alcune aziende in difficoltà per avere credito dai propri fornitori sono costrette ad emettere titoli (assegni o cambiali) a garanzia della fornitura con il rischio che, se alla scadenza non ci sono i fondi per onorare il debito, questi titoli possano diventare dei veri e propri missili che possono fare affondare l’impresa. «A farla breve, una “certificazione” di questi crediti potrebbe creare un polmone di liquidità, una garanzia reale da utilizzare per ottenere provvisoriamente fonti finanziarie dalle banche. Insomma, al di là delle difficoltà finanziarie dello Stato, ci sarebbe la possibilità di individuare soluzioni alternative. Di sicuro questo caso rappresenta l’ennesima testimonianza di come l’assenza di iniziativa per la crescita rischi di innescare una spirale perversa».
«Spesso si sente dire che siamo sull’orlo del baratro. Beh, se questa è la situazione, siamo già con un piede a mezz’aria – commenta Luigi Mai – Servono passi concreti a sostegno dell’Italia che produce».