Esame d’avvocato: la valutazione mediante un punteggio vale come motivazione
Con la pronuncia in rassegna, i giudici di Palazzo Spada ribadiscono, iterum, che, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, i provvedimenti della commissione esaminatrice che rilevano l’inidoneità delle prove scritte e non ammettono all’esame orale il partecipante agli esami per l’abilitazione all’esercizio della professione forense, vanno di per sé considerati adeguatamente motivati, quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa – o, comunque, dalla competente Commissione istituita presso il Ministero della Giustizia – predeterminati senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22 giugno 2006, n. 3924; Sez. IV, 17 febbraio 2009, n. 855 e 3 marzo 2009, n. 1223).
Pertanto, non sussiste l’ onere per la commissione esaminatrice di ulteriori spiegazioni e chiarimenti né, tantomeno, appare ipotizzabile la necessità della predisposizione di una griglia volta a chiarire il significato del voto attribuito in rapporto ai predeterminati criteri di valutazione (Cons. St., IV, 28 settembre 2009, n. 5832 e 22 dicembre 2009, n. 8621).
La Sez. IV, inoltre, ricorda che la disciplina prevista dal d.lgs. n. 166 del 2006 [1], relativa all’esame di accesso alla professione di notaio, non fa altro che confermare il principio secondo cui la valutazione tradottasi nella attribuzione di un punteggio “vale motivazione” e che solo laddove la valutazione medesima non sfoci in una votazione, vi sarà necessariamente un giudizio diversamente “motivato” con idonee spiegazioni e chiarimenti, proprio perché in tal caso non si fa luogo all’ attribuzione di un punteggio (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, decisione 5 marzo 2008, n. 924).
In conclusione e sinteticamente, relativamente all’esame di abilitazione alla professione di avvocato, la valutazione tradottasi nella attribuzione di un punteggio vale motivazione.