Esonero dal servizio più ricco per chi fa volontariato
Le novità della riforma Brunetta
Con decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, nell’ambito delle misure intese alla stabilizzazione della finanza pubblica ed in relazione al disegno di riorganizzazione e di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni nonché di progressiva riduzione del numero dei dipendenti pubblici, è stato introdotto il nuovo istituto dell’esonero dal servizio, sono state previste importanti innovazioni in materia di trattenimento in servizio dei pubblici dipendenti ed è stata disciplinata la risoluzione del contratto di lavoro per i dipendenti che abbiano maturato 40 anni di anzianità contributiva.
Le norme rilevanti sono contenute nell’art. 72 del predetto decreto.
Le innovazioni contenute nella summenzionata norma possono essere distinte in tre parti:
1) i commi da 1 a 6 introducono una forma di prepensionamento che consiste nell’esonero volontario dal servizio nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione dell’anzianità massima contributiva di 40 anni. In tale periodo i dipendenti percepiranno il 50% della retribuzione che sarà elevato al 70% qualora il lavoratore svolga in via esclusiva e continuativa attività di volontariato opportunamente documentata e certificata;
2) i commi da 7 a 10 rendono discrezionale il trattenimento in servizio per due anni al compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento;
3) il comma 11 accorda all’amministrazione una facoltà di risoluzione del contratto di lavoro, nel rispetto del termine di preavviso di 6 mesi, dopo che il dipendente ha raggiunto l’anzianità contributiva di 40 anni. La norma riguarda il personale dipendente di tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del Dlgs n. 165 del 2001, sia dirigenziale che non dirigenziale. Tale previsione non si applica ai magistrati e ai professori universitari. La disposizione statuisce che rimane fermo “quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici.” Da ciò deduciamo che la risoluzione del contratto di lavoro non incide sulla prefissata decorrenza legale della pensione anticipandola, ma tale decorrenza rimane ferma, con la conseguenza che l’amministrazione, nel caso in cui abbia deciso di farlo, deve esercitare la facoltà tenendo conto della decorrenza evitando che, cessato il rapporto di lavoro per effetto della scelta datoriale, il dipendente possa trovarsi privo del trattamento retributivo e di quello previdenziale.
L’esonero dal servizio
Ambito di applicazione
L’ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni relative all’esonero dal servizio (co. da 1 a 6) inerisce il personale in servizio presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie fiscali, la presidenza del Consiglio dei ministri, gli enti pubblici non economici, le università, le istituzioni ed enti di ricerca nonché gli enti di cui all’art. 70, co. 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 2. Le amministrazioni che possono fare applicazione dell’istituto sono soltanto quelle specificamente indicate dalla legge. Inoltre, come risulta dall’ultimo periodo del co. 1 dell’art. 72, la disposizione non trova applicazione nei confronti del personale della scuola.
Natura dell’istituto
Quale è la configurazione giuridica della posizione di esonero?
Va precisato che la posizione di esonero non si configura come una cessazione dal servizio, bensì come una sospensione del rapporto di impiego o di lavoro di durata variabile, fino ad un massimo di cinque anni, in cui il soggetto interessato non è tenuto ad effettuare la prestazione lavorativa presso l’amministrazione, ma percepisce un trattamento economico temporaneo (pari al 50% di quello complessivamente goduto per competenze fisse e accessorie al momento del collocamento nella posizione di esonero) e matura i contributi in misura intera. L’esonero dal servizio non consente l’instaurazione di rapporti di lavoro dipendente con soggetti privati o pubblici. Conseguentemente viene esclusa la possibilità di cumulo di impieghi.
Durante tale periodo invece, ai sensi del co. 5, il dipendente può svolgere prestazioni di carattere autonomo con carattere di occasionalità, continuatività e professionalità purché non a favore di amministrazioni pubbliche o società e consorzi dalle stesse partecipati.
Volontariato
È consentito lo svolgimento di attività di volontariato. Difatti il co. 3 dell’art. 72 recita che “ove durante tale periodo il dipendente svolga in modo continuativo ed esclusivo attività di volontariato, opportunamente documentata e certificata, presso le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, associazioni di promozione sociale, organizzazioni non governative che operano nel campo della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo […], la misura del trattamento economico temporanea è elevata dal cinquanta al settanta per cento.”.
La disposizione in esame prevede, dunque, l’elevazione dal cinquanta al settanta per cento del trattamento economico temporaneo spettante nel periodo di esonero per il personale che presta, in modo continuativo ed esclusivo, un’attività di volontariato. Le organizzazioni presso cui prestare l’attività di volontariato sono elencate nella stessa norma.
Soggetti presso i cui quali “fare” volontariato
Per completezza espositiva è necessario puntualizzare che oltre alle organizzazioni previste sono stati individuati, con decreto del ministero dell’Economia e delle finanze del 5 novembre del 2008 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 dicembre 2008, n. 296), ulteriori soggetti presso cui prestare attività di volontariato:
1) fondazioni ed associazioni riconosciute, aventi per oggetto statutario la tutela, la promozione, la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
2) fondazioni e associazioni riconosciute, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 14, co. 1, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 marzo 2005, n. 80.
Il parere del Dipartimento della Funzione pubblica
Il co. 3 pone un problema di natura interpretativa dell’espressione “in modo continuativo”, poiché la tipologia di enti presso i quali può essere svolta l’attività è varia quanto a forma e settore di intervento, cosicché la collaborazione nell’ambito dell’associazione può atteggiarsi in maniera differenziata.
Il dipartimento della Funzione pubblica, con parere dell’11 dicembre 2009, rimette la valutazione e l’attestazione della continuità della prestazione dell’attività di volontariato alla specifica organizzazione interessata, chiarendo che non potrà considerarsi attività continuativa quella svolta in maniera saltuaria o sporadica, dovendo comunque ricorrere un’assiduità e una sistematicità della prestazione che rende la stessa meritevole di considerazione ai fini dell’elevazione del trattamento economico del dipendente a fronte di altre situazioni in cui tale elevazione non è presente, trattandosi di collaborazioni prive del carattere della continuità.
Un plauso all’amministrazione è doveroso in quanto, in mancanza di una precisa indicazione legale, ha ritenuto una scelta arbitraria la fissazione in via amministrativa di un monte ore minimo mostrando grande umiltà,
valore necessario per favorire la corretta interpretazione e applicazione delle norme.
per i dipend.